«Nei giorni scorsi Papa Francesco ci ha invitato tutti a reagire contro la Terza guerra mondiale in corso e sabato 13 settembre, a cento anni dalla prima guerra mondiale, ha ricordato le vittime di tutte i conflitti. Con questo stesso spirito ci siamo riuniti ad Assisi per riflettere sulla gravità della situazione internazionale e rinnovare il nostro impegno concreto per la pace».
Sono le parole di Flavio Lotti, coordinatore del comitato promotore della PerugiAssisi, per spiegare il significato del seminario “Costruttori di pace” (12 e 13 settembre), al quale hanno partecipato giovani, scuole, gruppi, associazioni ed enti locali.
Il momento più intenso è stato la partecipazione alla fiaccolata in memoria delle vittime di tutte le guerre che si è svolta per le strade di Assisi, la sera del 12 settembre. La fiaccolata è stata promossa dalla Diocesi di Assisi, dalle famiglie francescane e dal Comune di Assisi con l’adesione della Tavola della pace, del Coordinamento Nazionale degli Enti locali per la pace e i diritti umani e del Comitato promotore della Marcia PerugiAssisi.
«Al centro dell’incontro», aggiunge Lotti, «ci sono le ragioni, le proposte, gli obiettivi, lo svolgimento della Marcia del 19 ottobre prossimo. Ma si è cominciato discutendo su cosa sta succedendo nel mondo e si è provato a scrivere l’agenda politica della pace. Il seminario si è concluso con la definizione del programma di attività per unire la marcia di un giorno alla marcia di tutti i giorni».
La sera della fiaccolata, Flavio Lotti ha chiuso l’evento con un intervento. Eccolo:
“Cento anni fa scoppiava la prima guerra mondiale, lasciando sul campo più di 20 milioni di morti e 21 milioni di feriti, mutilati, invalidi. Le centinaia di guerre che sono venute dopo hanno causato più di duecento milioni di morti, senza contare i cosiddetti “danni collaterali” (altri milioni e milioni di donne, uomini e bambini uccisi o dilaniati dalla fame e dalle malattie conseguenza delle stesse guerre) e l’immensa quantità di beni e risorse che sono stati distrutti e sottratti allo sviluppo dell’intera umanità.
Sono numeri spaventosi e totalmente imprecisi. Nessuno sa quante sono le vittime delle guerre. Né di ieri né di oggi. Nessuno le ha contate o le ha potute contare. La guerra è un mostro spaventoso che continua a divorare vite umane anche quando le armi hanno smesso di sparare.
I morti non sono tutti uguali. Quasi sempre noi contiamo i soldati (occidentali) ma non contiamo le altre vittime, e in particolare, ieri come oggi, non i contiamo i civili che nel frattempo sono diventati il 90% di morti di guerra.
Ma le vittime della guerra non sono numeri. Sono persone, bambini, giovani, donne e uomini di tutte le età. Ecco, la prima cosa che possiamo fare noi questa sera è cercare di dare un volto umano a ciascuna di queste persone: ai 100.000 che sono stati sepolti a Redipuglia, ai 20 milioni della prima guerra mondiale, ai 50 della seconda, ai 6 milioni della guerra in Ruanda e in Congo di 20 anni fa,ai 2200 uccisi nell’ultima guerra di Gaza.
A quelli che ci dicono che la guerra è brutta ma inevitabile, necessaria, noi rispondiamo che la guerra è un omicidio in grande e come tale va trattato. Quando pensiamo alla guerra dobbiamo pensare a questa drammatica realtà. Quando pensiamo a una delle tante spaventose guerre in corso e non capiamo da che parte stare o ci viene detto di schierarci con gli uni contro gli altri, c’è una prima cosa importante che possiamo fare: stare dalla parte delle vittime, sederci al loro fianco, metterci nei loro panni. Ovunque esse siano.
La commemorazione delle vittime di questa immensa tragedia ci deve aiutare a riscoprire il valore autentico di un bene superiore come la pace e a guardare alla realtà del mondo in cui viviamo con occhi nuovi e un nuovo atteggiamento di responsabilità. “La pace è un dono troppo prezioso che deve essere promosso e tutelato”, ha ripetuto molte volte Papa Francesco. “C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!”.
Cento anni fa, due soli colpi di pistola bastarono a dare inizio al secolo più violento della storia. Gli storici ci dicono che a quel tempo i governanti erano ciechi e la gente inconsapevole. Oggi la pace è nuovamente in grande pericolo anche da noi che, per 70 anni, abbiamo avuto la fortuna di non essere toccati direttamente dalla guerra. È la Terza Guerra Mondiale, ha detto nei giorni scorsi Papa Francesco. Ma noi preferiamo non vedere e rinunciamo a fare i conti con le nostre responsabilità. Questi 100 anni di guerre sono stati anche 100 anni di occasioni sprecate per dare alla pace un volto concreto.
La pace affidata a generici appelli, a un interesse occasionale, a qualche intenzione di preghiera senza assumere un fattivo impegno è vuota e inconcludente, ha sottolineato il vescovo di Gorizia preparando la sua comunità ad accogliere il Papa a Redipuglia. La pace è diritto e un bene comune che richiede di essere riconosciuto, promosso, applicato e tutelato da tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità e responsabilità, dalle nostre città fino all’Onu.
Non è facile scrollarci di dosso l’indifferenza, l’egoismo, l’individualismo, la rassegnazione che ci hanno trascinato in questa situazione. Per questo ci dobbiamo aiutare l’un l’altro. La pace è un cammino e noi dobbiamo tornare a camminare insieme all’insegna della fraternità. Come faremo il prossimo 19 ottobre con la ventesima Marcia PerugiAssisi e un obiettivo ambizioso: chiudere l’era della Grande Guerra e dare inizio all’era della Grande Pace”.