Un momento della tavola rotonda di Milano tenutasi il 20 marzo scorso
98 partecipanti formati, 53 business plan realizzati, 14 imprese avviate sono i risultati ottenuti dal progetto "Re-lab Start up your business", finanziato dal Fondo europeo per i rifugiati e che si concluderà, dopo due anni, il prossimo giugno. A Milano, lo scorso 20 marzo, si è tenuta una tavola rotonda tra i diversi soggetti e attori legati al progetto, che si propone di stimolare l'iniziativa imprenditoriale di persone titolari di protezione internazionale e migranti.
Siedevano al tavolo i partner del progetto – Associazione Microfinanza e Sviluppo, CIR - Consiglio italiano per i rifugiati, International Training Centre of the ILO – e rappresentanti del mondo del No Profit e del mondo del lavoro, del credito e della formazione: Camera del lavoro metropolitana di Milano, Formaper, CNA World Milano, Extra Banca, Consorzio Sistema imprese sociali, Consorzio Mestieri, SoleTerre Onlus, Immiafrica Onlus, Associazione italo-egiziana e Associazione ugandese.
Al centro dell'incontro il punto di vista e le esperienze degli attori del territorio e degli stessi beneficiari, ma anche le problematiche emerse in due anni di percorso e le possibili soluzioni, per rendere più agevole ed efficace la promozione dell'auto imprenditoria straniera in generale e per i titolari di protezione internazionale nel caso specifico.
Stimolare la fiducia
Naturalmente il microcredito, quale fondamentale strumento di integrazione socio-economica, è stato uno degli argomenti affrontati, ma non solo.
La crisi economica e la conseguente difficoltà di accesso al credito, infatti, ha catalizzato l'attenzione di molti, facendo sorgere la domanda se sia più utile promuovere in primis la formazione e l'acquisizione di competenza tecniche, oppure prevedere un fondo di capitalizzazione della microimpresa. A fronte del rischio di venire formati e poi non riuscire ad accedere al credito, è emerso un orientamento condiviso a favore della formazione prima di tutto.
D'altra parte, è pur vero che un impegno economico, anche se modesto, da parte dell'imprenditore per finanziare l'iniziativa economica nascente, è interpretato come segnale di effettiva volontà di realizzazione del progetto. Ma disporre di simili risorse economiche è caso più unico che raro per i titolari di protezione internazionale: per stimolare la fiducia degli enti creditizi, quindi, si è pensato alla soluzione di una cogestione imprenditoriale, ossia affiancare al titolare straniero una figura "bancabile".
Parola d'ordine: fare sistema
Particolarmente dibattuto, inoltre, è stato il rischio di una possibile "ghettizzazione" e di marginalità socio-economica, nell'eventualità di prevedere percorsi dedicati anche in seguito alla conclusione del progetto. Un rischio presente in ogni esperienza di autoimprenditoria e di microimpresa, che viene aggirato attraverso il radicamento sul territorio.
E proprio il territorio, nei suoi attori principali, ha evidenziato che non è necessario prevedere servizi specifici, diversi da quelli per i cosiddetti migranti economici, per l'avviamento di impresa di persone titolari di protezione internazionale. In entrambi i casi, è invece fondamentale lavorare sui diversi codici socio-culturali attraverso i quali è ideata e avviata la nuova attività economica.
Le attività di monitoraggio e di assistenza si rivelano altrettanto importanti, in particolar modo per superare gli ostacoli di natura burocratica e linguistica. Fare sistema è quindi la parola chiave: creare una rete di servizi unica e integrata è la soluzione più indicata per superare la frammentarietà dei servizi e delle informazioni, con cui i neoimprenditori Tpi e i migranti devono avere a che fare.
Dopo la tavola rotonda di Milano, sono previsti altri incontri di raccordo sul territorio con gli attori del settore asilo e delle start up d'impresa: il prossimo 10 aprile a Trento, il 29 aprile a Torino e in maggio a Catania.
Per maggiori informazioni consultare il sito: www.ideatua.it