Silvio Berlusconi (Reuters).
Il duello, la sfida a due, il derby, agli italiani piace da matti. Anzi, ci è sempre piaciuto: Romolo e Remo, Cesare e Bruto, Augusto e Antonio, Guelfi e Ghibellini, Montecchi e Capuleti, Coppi e Bartali, Dc e Pci... Ci siamo arrampicati lungo i secoli come spettatori di coppie rivali e litigiose, parteggiando per questo o per quello, esultando e lamentandoci a turno, qualche volta passando dall'uno all'altro campo o, addirittura, giocando per entrambi: i catto-comunisti, gli atei devoti...
Negli ultimi tempi, da questo punto di vista, la politica non ci aveva dato grandi soddisfazioni. Duelli entusiasmanti, pochi. Berlusconi-Fini, forse, ma troppo impari. Veltroni-D'Alema, magari, ma troppo interno al Pd. Renzi-Bersani? No, troppo composto, e troppo figlio della disciplina di partito Bersani per vederlo abbandonarsi a una vera singolar tenzone. Ci rimaneva il calcio: Fiorentina-Juventus come rimando alle scintille tra Della Valle e gli eredi Agnelli, Inter-Milan (ma non Moratti-Berlusconi)...
E quindi, diciamoci la verità: questo derby tra Renzi e Grillo arriva come il cacio sui maccheroni per il nostro gusto per lo spettacolo. E' facile immaginare le battute pungenti, i frizzi, le provocazioni, gli ammiccamenti, le entrate a gamba tesa (e comunque, si sa, l'arbitro è sempre disonesto), le sceneggiate. E se davvero Berlusconi dovrà accontentarsi della panchina (ma ne siamo davvero convinti?), è altrettanto facile immaginare il suo rosicamento interiore. Perché tutto si può dire del Cavaliere tranne che non sia un uomo da derby elettorale.