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venerdì 08 novembre 2024
 
 

Da un barcone che affonda a un’accoglienza che fa acqua

08/05/2015  Ecco i nodi critici e le vere e proprie emergenze nel “sistema italiano” dell’accoglienza nei confronti dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

All’interno della più grande e grave emergenza che riguarda tutti gli immigrati che arrivano in Italia, c’è quella che riguarda i cosiddetti “richiedenti asilo” (ossia coloro che chiedono protezione nel nostro Paese o perché perseguitati politici, o perché provenienti da Paesi in conflitto, o ancora perché fuggono da situazioni di fame e povertà estreme).

Per tutti questi immigrati non c’è in ballo la questione della legittimità o meno della loro presenza in Italia. C’è solo il problema di come il nostro Paese li accoglie, come e in che tempi valuta la domanda d’asilo, come li integra se e dopo aver accolto la richiesta.

E il quadro, sotto tutti questi profili, è grigio scuro, tendente al nero. I nodi critici sono tanti. Eccoli per punti.

Un'immagine dell'enorme Cara di Mineo, in Sicilia. In copertina: l'ingresso del Centro.
Un'immagine dell'enorme Cara di Mineo, in Sicilia. In copertina: l'ingresso del Centro.

1. I Centri d’accoglienza per richiedenti asilo (Cara)

La situazione è di generale sovraffollamento. Uno in particolare: il Cara di Mineo, in Sicilia, con oltre 3 mila ospiti, che lo stesso prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, ha definito «un’ombra che si sta cercando di superare, perché è difficile assicurare percorsi di integrazione in quella situazione», nella sua audizione del febbraio 2015 davanti alla Commissione per i diritti umani del Senato.

Una situazione, quella dei Cara, già stigmatizzata dall’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr): «L’esperienza degli ultimi anni», scrive nell’ultimo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, del novembre scorso, «ha dimostrato la necessità del superamento dei Cara come centri d’accoglienza. Le dimensioni di tali centri e la loro gestione hanno manifestato una serie di problemi, che hanno portato ad una preoccupante riduzione negli standard d’accoglienza. Pensati per accogliere i richiedenti asilo per un massimo di 25/30 giorni, a causa della carenza di posti a livello nazionale e del rallentamento delle procedure d’asilo, sono divenuti luoghi dove i richiedenti rimangono per periodi molto più lunghi (anche un anno), con elevati costi per lo Stato, in relazione alla bassa qualità dei servizi erogati e ai possibili abusi ed inefficienze, e soprattutto senza la possibilità di ricevere quei servizi che potrebbero sostenerli nell’eventuale successivo processo d’integrazione».

2. Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)

Anche su questo versante non va molto meglio: la diminuzione del turn-over e l’arrivo massiccio di richiedenti protezione sulle coste italiane stanno, infatti, determinando la necessità di ulteriori posti in accoglienza che il sistema Sprar non è in grado di garantire.

3. Primissima accoglienza in porti e aeroporti

Sempre il prefetto Morcone, nell’audizione alla Commissione diritti umani, spiegava che è in corso il monitoraggio di tutte le strutture, con «l’obiettivo finale è di dar vita a una infrastruttura diffusa sul territorio che preveda una primissima accoglienza nei porti, nonché dei centri hub in tutte le regioni nei quali verificare i requisiti per la richiesta d’asilo». Luoghi di prima accoglienza che oggi non ci sono, e dove ci sono, funzionano con modalità organizzative diverse fra loro.

4. I tempi di risposta alle domande d’asilo

Sono molto lunghi, tanto da superare i limiti che la stessa normativa imporrebbe (insomma, non rispettiamo le stesse regole che ci siamo dati). Da questo punto di vista la situazione dovrebbe migliorare con la decisione, già presa, di raddoppiare il numero delle commissioni territoriali che devono valutare in merito alle richieste d’asilo.

Un problema ben più grave si pone riguardo ai ricorsi
: in caso di rigetto della domanda d’asilo, il richiedente ha diritto a fare ricorso. Ma i tempi di risposta, in questi casi, spesso superano i due anni. Si tratta di un numero imponente di immigrati, dato che il “no” al diritto d’asilo viene decretato quasi nel 50% delle domande. Ai ricorrenti andrebbe, naturalmente, assicurata l’accoglienza. Cosa che spesso non avviene.

5. Minori stranieri non accompagnati

Gravissima è, invece, la situazione relativa ai minori stranieri non accompagnati. I minori stranieri che arrivano da soli nel nostro Paese hanno in ogni caso il diritto ad a essere accolti e protetti in modo dignitoso. Ma il sistema italiano d’accoglienza è al collasso da molto tempo, sia per la mancanza di una legge che per carenza di fondi.

Un disegno di legge giace alla da mesi alla Camera dei deputati, ma pare che il suo esame non faccia alcun passo avanti.

6. L’integrazione

Secondo l’Unhcr i processi di integrazione rappresentano «l’aspetto di maggiore criticità del sistema di asilo italiano», nonostante il numero di rifugiati residenti in Italia sia di 46 mila persone, «sensibilmente più basso», specifica l’Alto Commissariato, «rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea quali per esempio la Germania (590 mila) e la Francia (218 mila). Sono diverse migliaia, infatti, i rifugiati che vivono in situazione di forte marginalità ed in condizioni di grave disagio in Italia».

7. Immigrati che hanno già diritto all'asilo

Infine, la categoria dei “titolari di protezione” (ossia coloro che hanno già avuto il riconoscimento di una delle forme previste di diritto d’asilo) al momento del loro rientro in Italia da altri Paesi dell’UE. Per costoro, secondo l’Associazione stugi giuridici sull’immigrazione (Asgi), al ritorno in territorio italiano «si apre un vero e proprio vuoto di accoglienza».

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