«Sui migranti occorre cambiare
prospettiva e assumere atteggiamenti e comportamenti più consoni al
Vangelo». È l'appello dei Vescovi del Triveneto in occasione della
100ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra
domenica 19 gennaio.
I Vescovi, riuniti a inizio gennaio, nella Casa
Maria Assunta di Cavallino (Venezia) per una “due giorni” di
aggiornamento pastorale, hanno riflettuto in particolare sulla
prospettiva multiculturale della società, poiché la Conferenza
Episcopale Italiana ha scelto il Veneto - regione che ha alle spalle
una lunga storia di emigrazione - come luogo della celebrazione
ufficiale della Giornata del migrante.
«È stato papa Pio X, nel 1914, a
istituire tale giornata - ha detto mons. Francesco Moraglia,
patriarca di Venezia e presidente della Conferenza Episcopale
Triveneta -. Una sensibilità che il pontefice, di origini
trevigiane, aveva già dimostrato nel suo impegno pastorale come
parroco a Tombolo, nel Padovano, come vescovo di Mantova e come
patriarca di Venezia, e che ha ulteriormente sviluppato come
successore di Pietro. Per la Chiesa del Triveneto e del Veneto in
particolare, la solidarietà è una storia che continua».
Ed è proprio il patriarca, domenica
19 gennaio, alle 11, nella chiesa del S. Cuore, in via Aleardi, a
Mestre, che ha celebrato con altri confratelli vescovi, la liturgia
eucaristica (trasmessa in diretta su Raiuno), alla quale sono stati
invitati, in particolare, gli immigrati.
Ricordando la visita dello scorso
luglio di papa Francesco a Lampedusa, mons. Moraglia ha aggiunto:
«Occorre dare concretezza al salto di qualità che il Papa ci chiede
quando ci invita ad abbandonare la cultura dello scarto». Poi, un
monito al governo italiano. «Il mare nostrum non può essere solo un
mare presidiato, dev'essere anche un mare accogliente, e
l'accoglienza non può che significare integrazione. Occorre, perciò,
che la politica compia scelte precise in questa direzione e investa
adeguate risorse».
Ma qual è la situazione nel
Triveneto, a cinque anni dall’inizio della crisi, che ha colpito la
società mondiale e, in particolare, le economie occidentali? La
risposta, nell’analisi di don Bruno Baratto di Migrantes Treviso:
«Innanzitutto - dice -, questo ha determinato il quasi totale
annullamento delle quote di ingresso per lavoro subordinato e, di
conseguenza, i flussi si sono ridimensionati, concentrandosi, invece,
sull’altra motivazione di immigrazione, cioè i ricongiungimenti
familiari».
In Italia i cittadini stranieri sono
5.011.000 (Dossier Caritas-Migrantes del 2012). Nel Triveneto, sono
680.645, con un ridimensionamento pari a -8,4% tra il 2010 e il 2011.
Si è passati dal 34,4% di ingressi per motivi familiari del 2007, al
48,4% del 2012, con un valore assoluto di oltre 23 mila permessi di
soggiorno per motivi familiari, rispetto ai circa 17 mila per lavoro;
questi ultimi sono calati del 39% rispetto al 2007.
Il 72% dei
cittadini stranieri, pari a 487.030 persone, è residente in Veneto.
Le province con il più alto numero di residenti stranieri sono
Verona (100.891 persone), Treviso (98.958) e Vicenza (94.582). La
perdita di posti di lavoro tra gli stranieri, nel periodo giugno
2008-giugno 2013, è stata di oltre 12 mila unità (9,3% del totale),
circa 6.000 unità in meno nella sola annualità a cavallo tra il
2012 e il 2013. Questo genera una condizione di instabilità, anche
emotiva, e molti - sia stranieri che autoctoni - scelgono di
andarsene altrove (nel 2012, ci sono state oltre 50 mila
cancellazioni dalle anagrafi italiane per trasferimenti all’estero).
Per quanto attiene alla scuola (dall’infanzia alla secondaria di
secondo grado), nel Triveneto, per l’anno scolastico 2012-2013, gli
alunni con cittadinanza non italiana erano 127.729 (92 mila in
Veneto). A fine 2012, i minori erano il 25% della popolazione
straniera. Le acquisizioni di cittadinanza sono andate
significativamente aumentando nel corso degli anni, fino ad arrivare
a 12.700 nel 2012 in tutto il Triveneto.
Nel Veneto, le concessioni
di cittadinanza nel 2012 hanno registrato una crescita del 7%
rispetto al 2011, ma una diminuzione del 14% rispetto al 2010.
«Uno dei punti di forza dell’Italia
e del Triveneto, ovvero di essere stato nei secoli un territorio di
scambi commerciali, culturali e demografici con il mondo mediterraneo
ed europeo, rischia di venir meno e di lasciarci ai margini di
qualsiasi ripresa, non solo economica, ma anche culturale e sociale -
spiega don Bruno -.
L’azione pastorale non potrà non tener conto
di queste dinamiche. La stessa pastorale per i gruppi cattolici di
nazionalità straniera dovrà confrontarsi ancor più con la tensione
ad essa insita tra custodia delle specificità culturali e delle
tradizioni religiose di origine, ed inserimento sempre più attivo di
questi cattolici nel tessuto delle Chiese del Triveneto. Costoro
potrebbero essere infatti cruciali nel risvegliare una società - e
una Chiesa - che sta invecchiando nell’età anagrafica dei suoi
membri, ma anche nelle sue prospettive di futuro e di speranza, e che
ha profondamente bisogno di chi genera vita, come i migranti».