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giovedì 07 novembre 2024
 
l'intervista
 

Cristiani martiri, migranti e schiavi del lavoro: la Via Crucis del Papa al Colosseo

23/03/2016  Il cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti spiega i temi che ha scelto per scrivere le meditazioni delle quattordici stazioni del Rito che papa Francesco presiede la sera del Venerdì Santo al Colosseo

Il cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti
Il cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti

Il Papa lo ha scelto per scrivere le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo.
Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, ne parla con Famiglia Cristiana.
«Ho cercato di svolgere delle meditazioni che potessero parlare concretamente agli uomini e alle donne di oggi. Non ho fatto un trattato teologico. Ho voluto parlare all’anima delle persone con semplicità. Soprattutto perché a me sembra che il cuore dell’uomo di oggi è un cuore indurito da un cinismo individualista che troppo spesso diventa indifferenza verso gli altri, e da un materialismo consumista che mira solo a riempire la pancia. Ma l’uomo nonostante cerchi di conquistare il mondo continua a non essere felice. Gesù sulla croce si prende i nostri peccati e indica un’altra strada per la salvezza e la felicità. Quella della conversione».

Quali sono i temi della “sua” Via Crucis?
«La miseria umana e le sofferenze del tempo presente: dal dramma dei rifugiati a quello dei martiri cristiani dei nostri giorni, dai nuovi schiavi del lavoro ai bambini abusati».

Quali sono le stazioni che l’hanno impegnata di più e perché?
«In ogni stazione c’è la mia esperienza personale di pastore e sono tutte legate da un Žfilo comune. Gli esempi concreti a cui faccio riferimento nella Via Crucis ri“flettono la vita vissuta: quella che ho visto con i miei occhi e quella che ho provato sulla mia pelle. Le stazioni però che più mi hanno impegnato sono la prima, la quarta e l’undicesima. Nella prima c’è Pilato e la folla che sceglie tra Gesù e Barabba: è un esempio concreto del nostro diffiŽcile rapporto con il potere e la verità. Nella quarta c’è l’incontro tra Gesù e la madre. Tutti hanno bisogno di una madre, anche Dio. Tema struggente e attualissimo. E nell’undicesima c’è la crocifissione. Ci sono le parole importantissime dei due malfattori che indicano due strade opposte: una che volge verso il basso, verso la terra; e una che volge lo sguardo verso il cielo. Anche qui c’è il grande bivio nell’esistenza di ogni persona umana».

La Via Crucis è una pratica religiosa da riprendere e diffondere maggiormente?
«La Via Crucis è un rito di grande importanza purché se ne colga la serietà e la profondità. E non la si scambi per una sceneggiata teatrale di dubbio gusto. Il cristiano non ha bisogno di scaldare il cuore con atti religiosi dal forte impatto emotivo. Il cristiano ha bisogno invece di memoriali che ricordino e alimentino la fede».

Quella del Colosseo è molto evocativa perché ricorda le persecuzioni dei cristiani che oggi sono tornate di attualità.
«Le persecuzioni dei cristiani, oggi, non sono soltanto tornate di attualità ma sono una delle più dolorose piaghe della modernità. Il Colosseo, insieme al Circo Massimo, è stato indubbiamente uno dei luoghi di Roma che ricordano maggiormente le persecuzioni cristiane nell’antica Roma. C’è però forse una scarsa consapevolezza delle persecuzioni anticristiane degli ultimi secoli. Basti pensare, però, che fu la Rivoluzione francese a inventare il termine “scristianizzazione” e Giovanni Paolo II ha parlato del Novecento come del secolo in cui sono tornati i martiri. Oggi, quasi in ogni parte del mondo, assistiamo con grande dolore al manifestarsi di un odio accecante contro i cristiani. Questi fratelli che muoiono come testimoni della fede di Cristo sono indubbiamente i nuovi apostoli».

Potrebbe essere una delle pratiche religiose da sviluppare anche dal punto di vista ecumenico, visto che il Papa da tempo insiste sull’ecumenismo del sangue?

«Sì, la Via Crucis potrebbe anche svolgere un ruolo nel dialogo ecumenico. Nelle mie meditazioni, nell’ultima stazione, ho fatto un riferimento alla Chiesa orientale. Certamente, però, l’ecumenismo del sangue è un fatto, non un rito, a cui dobbiamo guardare con discernimento, preghiera e sapienza. E a cui bisogna rispondere con altri fatti. L’incontro tra Francesco e il metropolita Kirill è un grandissimo evento storico. Abbiamo bisogno di altri fatti come questo per poter sviluppare un autentico e proficuo dialogo».

 
 
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