Roby padre ligio e Francesco figlio ribelle? Nulla di più sbagliato nell’immagine che ci si aspetta dei due Facchinetti che occupano insieme il posto lasciato libero da Raffaella Carrà nella terza edizione di The Voice of Italy al via il 25 febbraio su Rai 2. Il cantante dei Pooh si presenta per primo all’appuntamento nel ristorante milanese. È vestito tutto in pelle come un vero rocker e cammina sorretto da una stampella perché durante le prove è caduto in una botola e si è rotto una gamba.
Ci raggiunge Francesco: «Io al suo posto sarei rimasto un mese immobile in ospedale. Lui invece è qui tutto pimpante». Il cameriere porta del vino. Francesco ringrazia e dice che è astemio. Roby invece sorseggia. «Ma papà, hai appena preso l’antidolorifico. Ti fa malissimo...». «E dai, solo un goccetto...».
Insomma, ne vedremo delle belle nel talent show vinto l’anno scorso da suor Cristina e che vede i due Facchinetti accanto ai coach confermati Piero Pelù, J-Ax e Noemi. Dato che le poltrone rosse da cui assistono alle esibizioni sono due, ma c’è solo un pulsante per decidere se un concorrente merita di andare avanti, chiediamo come si regolano nella scelta. «Di solito ci confrontiamo e alla fine prendiamo una decisione insieme. Però mio padre è già stato soprannominato lo “schiacciatore maledetto” perché a lui piace così tanto il pulsante che vorrebbe schiacciarlo sempre». Roby: «In compenso, ci è capitato un concorrente che secondo me era da prendere, mentre Franci non era convinto. Sono sicuro che abbiamo fatto male alla fine a non schiacciare».
Francesco: «Quest’esperienza è anche una buona occasione per vederci un po’ di più. Io sono sempre in giro tra Londra, Roma e Milano, mentre lui è praticamente sempre in tour con i Pooh dal 1966». Roby: «Aveva appena 40 giorni quando l’ho portato per la prima volta in tour. Per cui non sono rimasto sorpreso quando, dopo il diploma, mi ha detto che gli sarebbe piaciuto lavorare nel mondo della musica». Francesco: «La mia infanzia l’ho trascorsa insieme agli altri “figli dei Pooh”. I loro concerti erano il nostro asilo, la nostra scuola, il nostro oratorio. Ma anche il nostro gioco preferito, nel senso che, man mano che crescevamo, ci divertivamo a fare scherzi sempre più pesanti. Abbiamo iniziato rubando i plettri delle chitarre o le bacchette della batteria. Poi prendevamo i libri e i dischi che i fan inviavano per farseli autografare e invece delle loro firme scrivevamo Stevie Wonder, Vasco Rossi o Zucchero».
«Ma il massimo lo abbiamo raggiunto», continua Francesco, «in un concerto in cui eravamo davvero stufi di sentire per l’ennesima volta Piccola Katy: sul più bello abbiamo staccato tutti i generatori dell’energia elettrica, lasciandoli al buio e senza poter più né suonare né cantare».
Solo una cosa divide davvero i due Facchinetti, la fede calcistica: il figlio è interista, il padre è atalantino. Francesco: «L’ultima volta che siamo andati a vedere un’Atalanta-Inter è finita 3 a 0 per loro ed era l’Inter imbattibile di Mourinho. In più, ho dovuto sopportare lui che continuava a sbraitare “mio figlio è interista ed è qui”, con tutta la curva dell’Atalanta che ovviamente mi insulta. Gli ho giurato che sarebbe stata l’ultima partita che avremmo visto insieme». Roby sorride quando gli ricordiamo che ha ricevuto un voto alle ultime elezioni per il presidente della Repubblica. «Mi piacerebbe conoscere chi l’ha fatto. Però mi fa piacere, perché resterà registrato nella storia della Repubblica». Francesco: «Secondo me voleva dare un significato metaforico al suo voto. Tu sei caduto, ma ti sei rialzato: proprio come speriamo accada con l’Italia».
Il pranzo è finito. Padre e figlio si avvicinano all’uscita, ma sono fermati dalla voce del cameriere: «Signor Facchinetti, ha dimenticato la sua stampella!». Roby ringrazia e poi, rivolto a noi, bisbiglia: «Con gli altri Pooh ci stiamo preparando per celebrare l’anno prossimo i cinquant’anni della band. Vi assicuro, ne combineremo di tutti i colori...».