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giovedì 12 settembre 2024
 
liturgia
 

Dal Gloria al Padre Nostro, ecco come (e perché) cambia la Messa

25/11/2020  La nuova edizione del Messale romano sarà obbligatoria dalla prossima Pasqua. Ma molte diocesi hanno deciso di adottarla dalla prima domenica d’Avvento, il 29 novembre. Ne parliamo con fratel Goffredo Boselli della comunità ecumenica di Bose che ha fatto parte della Commissione della Cei che ha lavorato alle traduzioni

Il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, consegna a papa Francesco la prima copia del nuovo Messale (Ansa). In alto: il nuovo Messale (foto dell'agenzia Imago Mundi/Romano Siciliani).
Il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, consegna a papa Francesco la prima copia del nuovo Messale (Ansa). In alto: il nuovo Messale (foto dell'agenzia Imago Mundi/Romano Siciliani).

Diciotto anni di lavoro. Oltre trenta esperti tra liturgisti, teologi ed esperti di musica sacra riuniti in una commissione ad hoc istituita nel 2002. Due assemblee generali della Conferenza episcopale italiana per discutere il lavoro svolto vagliato da tutti i vescovi fino all’assemblea straordinaria del novembre 2018 che ha approvato definitivamente il testo. Dopo il “via libera” di papa Francesco, il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, ha promulgato il libro l’8 settembre 2019. E lo scorso 29 agosto la prima copia è stata donata al Pontefice.

Sono i numeri e le tappe della nuova edizione del Messale romano che diventerà obbligatorio per tutta la Chiesa italiana a partire dalla prossima Pasqua, ossia dal 4 aprile 2021, quando verrà abbandonata la precedente edizione che ha scandito la liturgia per quasi quarant’anni, dal 1983. Sono molte, però, le diocesi che hanno deciso di adottare la nuova traduzione già dalla prima domenica d’Avvento, il 29 novembre, inizio del nuovo anno liturgico.

Con i suoi 53 anni, fratel Goffredo Boselli, liturgista e monaco della comunità ecumenica di Bose, è stato uno dei più giovani esperti a far parte della commissione: «Il Messale», spiega subito, «è promulgato dal Papa in latino e le conferenze episcopali dei vari Paesi fanno traduzioni o adattamenti. Il valore di questo Messale è quello di essere rimasto fedele a quello di Paolo VI. Non ci sono cambiamenti sostanziali, è assolutamente in linea con i precedenti e ha fatto un passo avanti per la qualità delle traduzioni».

Le altre due edizioni risalgono al 1973 (la prima dopo il Concilio) e la seconda, in uso adesso, al 1983: «Quest’ultima è considerata la più avanzata al mondo con molte novità significative alle quali hanno guardato con interesse tante conferenze episcopali europee». Boselli insieme a don Alessandro Amapani ha curato la nuova edizione del Messale pubblicata dalle Edizioni San Paolo.

«Siamo intervenuti dove abbiamo ravvisato una necessità e non per il gusto di cambiare a tutti i costi», sottolinea Boselli, «i criteri sono stati questi: maggiore fedeltà al testo latino, alla ricchezza del contenuto, alla qualità letteraria, alla comprensione, alla celebrabilità e cantabilità della liturgia».

Scandagliando il rito della Messa, le novità più significative sono all’inizio. Vediamole una per una.

RITI D’INTRODUZIONE

Nei riti di’introduzione la formula “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi” diventa “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. Il verbo passa dal singolare al plurale.

Le invocazioni in uso finora “Signore, pietà” e “Cristo, pietà” sono sostituite dalle espressioni in greco: “Kyrie, eléison” e “Christe, eléison” (come accade già nel Rito Ambrosiano e in quelli orientali): «Tradurre “Signore, pietà” era riduttivo», spiega Boselli, «il “Kyrie” è molto di più di un’invocazione e richiesta di perdono. È la confessione del nome di Dio che è Signore di misericordia».

L’ATTO PENITENZIALE E IL CONFESSO

  

È stato rivisto anche l’atto penitenziale con un’aggiunta “inclusiva”: accanto al vocabolo “fratelli” ci sarà “sorelle”. Diremo: “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle...”. «L’aggiunta di sorelle è un principio di realtà», sottolinea Boselli, «l’assemblea liturgica cristiana è composta da uomini e donne ed è giusto che questo aspetto venga riconosciuto. Non si tratta di un atto di traduzione e basta ma d’inculturazione. Nella cultura contemporanea il ruolo e la presenza della donna sono molto valorizzati e quindi anche la liturgia deve tenerne conto anche nell’ottica della promozione del ruolo della donna all’interno della Chiesa».

IL GLORIA

Il Gloria avrà la nuova formulazione “pace in terra agli uomini, amati dal Signore”. Una revisione che sostituisce gli “uomini di buona volontà” e che vuole essere più fedele all’originale greco del Vangelo: «Il testo originale, tratto dal capitolo 2 del Vangelo di Luca, si traduce letteralmente così: “pace in terra agli uomini che Egli ama”. Noi abbiamo scelto “amati da Signore”. I vescovi italiani hanno voluto una maggiore fedeltà al testo greco del Vangelo rispetto al latino del vecchio Messale “pax hominibus bonae voluntatis”».

La copertina della nuova edizione del Messale pubblicato dalle Edizioni San Paolo
La copertina della nuova edizione del Messale pubblicato dalle Edizioni San Paolo

LITURGIA EUCARISTICA

  

La liturgia eucaristica vede fin dall’inizio alcuni ritocchi. Dopo l’orazione sulle offerte, il sacerdote, mentre si lava le mani, non dirà più sottovoce “Lavami, Signore, da ogni colpa, purificami da ogni peccato” ma “Lavami, o Signore, dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro”. Poi inviterà a pregare dicendo (anche in questo caso con piccole revisioni): “Pregate, fratelli e sorelle, perché questa nostra famiglia, radunata dallo Spirito Santo nel nome di Cristo, possa offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente”.

Dopo il Santo, il sacerdote dirà allargando le braccia: “Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità”. E proseguirà: “Ti preghiamo: santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito”. Questo sostituisce la precedente formulazione: “Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito”. «Il significato dell’invocazione è sempre lo stesso», spiega Boselli, «ma al posto di “effusione” abbiamo scelto “rugiada” che è un termine più poetico, quasi aulico».

L’inizio del racconto sull’istituzione dell'Eucaristia si trasforma da «Offrendosi liberamente alla sua passione» a «Consegnandosi volontariamente alla passione». E nell’intercessione per la Chiesa l’unione con «tutto l’ordine sacerdotale» diventa con «i presbiteri e i diaconi».

Varia anche la Preghiera eucaristica della Riconciliazione I dove si leggeva «Prese il calice del vino e di nuovo rese grazie» e ora troviamo «Prese il calice colmo del frutto della vite».

IL PADRE NOSTRO

La modifica più dibattuta e anche quella più conosciuta è certamente quella del Padre Nostro, che apre i riti di comunione. Nella preghiera insegnata direttamente da Gesù Cristo è previsto l’inserimento di un “anche” (“Come anche noi li rimettiamo”). Quindi il cambiamento caro a papa Francesco: non ci sarà più “E non ci indurre in tentazione” ma “Non abbandonarci alla tentazione”. «Su questo», informa fratel Boselli, «nella commissione e tra i vescovi c’è stato un lungo e serrato dibattito. Alla fine siamo giunti alla conclusione di utilizzare la stessa traduzione della Bibbia Cei del 2008. Il Pontefice per due volte aveva affermato che Dio che ci induce in tentazione non è un’immagine evangelica perché un Padre non induce i tentazione i propri figli. Piuttosto dire “non abbandonarci alla tentazione” restituisce la realtà di un Padre che sta accanto e ci sostiene nella tentazione. Il significato è “non lasciarci in balia della tentazione”. Non è una traduzione letterale ed esegetica ma pastorale. La traduzione esatta dal testo greco corrisponde a: “non ci indurre in tentazione”. I vescovi francesi hanno scelto “Non lasciarci entrare in tentazione”. Quelli spagnoli “Non lasciarci cadere in tentazione”».

IL SEGNO DELLA PACE E L'AGNUS DEI

  

Il rito della pace conterrà la nuova enunciazione “Scambiatevi il dono della pace” che subentra a “Scambiatevi un segno di pace” perché, spiega Boselli, «non ci si scambia il segno della pace ma la pace stessa che è dono di Dio».

Quando il sacerdote mostrerà il pane e il vino consacrati per l’invito alla comunione, dirà: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello” (anziché “del Signore”). «Questa nuova traduzione è fedele al testo latino ed è una citazione esplicita di Apocalisse 19,9 che dà alla Messa una dimensione escatologica perché sottolinea che l’Eucarestia, alla quale partecipiamo, è profezia del banchetto escatologico del cielo nella vita futura».

IL CONGEDO FINALE

Per la conclusione della Messa è prevista la nuova formula: “Andate e annunciate il Vangelo del Signore”: «Restano in vigore le vecchie formule ma con questa innovazione si intende esplicitare che l’annuncio del Vangelo è la missione alla quale invia l’Eucarestia alla quale si è partecipato. È un’interpretazione del congedo latino “Ite Missa est”».

IL RITO AMBROSIANO

  

Anche nel Rito ambrosiano, in vigore nell’arcidiocesi di Milano, entrano alcune delle novità presenti nel Messale Romano. Sono il Gloria e il Padre Nostro. Poi la riformulazione “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. E anche le variazioni delle Preghiere eucaristiche, come ad esempio “Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità. Ti preghiamo: santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito”.

«Queste parti che cambiano nel Messale promosso dalla Cei verranno recepite anche nelle celebrazioni dell’arcidiocesi di Milano«, spiega monsignor Fausto Gilardi, responsabile del Servizio per la pastorale liturgica, «mentre i prefazi e le orazioni proprie del Rito ambrosiano resteranno tali e quali. L’arcivescovo Mario Delpini ha stabilito che cominceremo a usare le nuove formule con la terza domenica dell’Avvento ambrosiano, ossia dal 29 novembre, che coincide con la prima domenica d’Avvento nel Rito romano».

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