La casa protagonista della creatività italiana. Il XXII Compasso d’oro Adi (Associazione per il disegno industriale, presidente Luisa Bocchietto) è stato assegnato per la prima volta a Roma anziché a Milano in occasione degli eventi per i 150 anni dell’Unità d’Italia in una sede d’eccezione: il Museo comunale d’arte contemporanea, nei locali della Pelanda, appena restituita a spazio espositivo.
Il riconoscimento mondiale più autorevole nel campo del design, che ha contribuito a mettere in luce i prodotti industriali italiani e ad attribuire loro un’impronta caratteristica, fu concepito nel 1954 da Gio Ponti, eclettico architetto milanese protagonista nel dopoguerra di un periodo segnato da un forte fermento culturale. Quest’anno sono stati scelti i migliori prodotti del triennio 2008-2010. La giuria internazionale, presidente Arturo dell’Acqua Bellavitis, aveva a disposizione da dieci a venti premi: ne ha assegnati diciannove, mentre le menzioni d’onore sono appena settantasette (il minimo è settantacinque, il massimo centocinquanta).
Complessivamente tutti i premi si ispirano non solo a forma e funzione ma anche a nuovi valori, come sostenibilità e attenzione alla qualità della vita. Domina la casa, con tredici oggetti, da Smith di Jonathan Olivares per Danese (contenitore, libreria, piano d’appoggio, seduta) al Lab 3 di Ludovica+Roberto Palomba per Kos (lavabo con portasciugamani integrato, ricco di contrasti, curve e raccordi, pieni e vuoti).
Nella lista dei vincitori risalta Domo, XIX Biennale dell’artigianato sardo, con la motivazione «per la reinterpretazione critica del ruolo dell’artigianato in uno specifico contesto». Spicca la doppia vittoria di Alessi: Pasta Pot, progetto di Patrick Jouin per lo chef Alen Ducasse, una casseruola che riprende un antico metodo di cottura, quasi senza acqua, con cui gli amidi vengono assorbiti dalla pasta insieme agli altri ingredienti.
E Tonale, servizio da tavola di David Chipperfield che si richiama alle ceramiche popolari asiatiche. Ben tre sedie hanno avuto l’ambito riconoscimento: Steelwood Chair di Ronan&Erwan Bourroullec per Magis, in acciaio e legno; Frida di Odoardo Fioravanti per Pedrali, premiata per «la semplice bellezza scultorea» e Myto, a sbalzo, di Konstantin Grcic per Plank Collezioni. E due tavoli: Teak Table di Alberto Meda per Alias si distingue «per la leggerezza della struttura pieghevole e l’attenzione all’uso anche all’esterno» e Nuur di Simon Pengelly by Arper «per il segno minimalista e l’attenzione al dettaglio».
Poi ci sono due luci che hanno già trionfato in altre manifestazioni: la lampada da tavolo Elica di Martinelli, progetto di Brian Sironi, che s’accende e si spegne con la semplice rotazione del braccio e il lampadario Hope di Paz e Rizzatto per Luceplan, «perché crea una luce di grande delicatezza». La Cinquecento, che ha vinto un Compasso d’oro dopo quello ottenuto nel 1959 dalla prima versione firmata dall’ingegner Dante Giacosa, simboleggia un valore diverso. La giuria ha voluto «premiare un prodotto che ha dato continuità a quel passato, rinnovandolo profondamente».
Tra i premi alla carriera gli architetti Enzo Mari, Cini Boeri, Ingo Maurer, aziende come Unifor (mobili per uffici) e istituzioni come il Politecnico di Milano. Mentre Slow Food ha ottenuto un riconoscimento speciale per il design dei servizi. Gli oggetti che hanno vinto, esposti fino al 25 settembre alla Pelanda di Roma insieme con i 400 progetti selezionati nell’ultimo triennio, testimoniano un’era nuova che il Compasso d’oro anche questa volta ha saputo raccontare.