Operare più che parlare. Papa Francesco incontra, a Roma, la Comunità di Sant'Egidio. Per dare ancora più forza all'azione concreta che l'associazione compie fin dalla sua fondazione in favore degli ultimi. L'attesa è palpabile a Trastevere già da molti giorni. Nel cuore della Roma antica il Papa incontrerà poveri, immigrati, senza fissa dimora, portatori di handicap, il popolo cui la comunità dedica le proprie energie.
Appena ieri, papa Francesco, incontrando in udienza le Misericordie e lodando il loro impegno per gli altri, aveva ricordato che occorre fare più che parlare: «Troppe parole, troppe parole, troppe parole», aveva detto, «ma non si fa niente! Questo è un rischio! Non è il vostro, voi lavorate, lavorate bene, bene! Ma c’è il rischio... Quando io sento alcune conversazioni tra persone che conoscono le statistiche: "Che barbarie, Padre! Che barbarie, che barbarie!". "Ma cosa fai tu per questa barbarie?" "Niente! Parlo!". E questo non rimedia niente! Di parole ne abbiamo sentite tante! Quello che serve è l’operare, l’operato vostro, la testimonianza cristiana, andare dai sofferenti, avvicinarsi come Gesù ha fatto».
Il Papa in prima persona ne dà testimonianza, con le tante opere silenziose che compie attraverso il suo elemosiniere, ma anche incoraggiando, con la sua presenza, quelle realtà che si adoperano effettivamente per gli altri. Lo aveva fatto con il Centro Astalli, che si occupa dei rifugiati, lo fa ora con la comunità guidata da Andrea Riccardi. E intanto continua anche l'assistenza alle famiglie, circa 150 persone, che si erano rifugiate a Santa Maria Maggiore dopo essere state sfrattate a inizio giugno.
Non è la prima volta che quella che è stata soprannominato "la chiesa del Papa", diventa rifugio per i senza casa. Era già accaduto nel 2009 e nel 2011. Anche allora la diocesi di Roma, con il cardinale Agostino Vallini, era intervenuta in soccorso dei tanti, tra cui anche qualche immigrato, che si erano trovati senza dimora.