Un gruppo di ragazze masai partecipano al "rito di passaggio alternativo". In copertina: Nice Nailantei Leng’ete (le foto sono di Alessandro Rocca).
«Continuerò a lottare affinché le ragazze crescano, diventino donne senza essere mutilate. Tutte le ragazze del Kenya devono diventare donne e poter sognare. Sono sicura che tutto ciò sia possibile». Nice Nailantei Leng’ete è una donna masai di 25 anni, cresciuta in un villaggio rurale su un pendio del monte Kilimanjaro, in Kenya.
Nata in una tribù di pastori, Nice si sta battendo per l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili e insieme ad Amref si è fatta promotrice dell’adozione di “riti di passaggio” alternativi per le ragazze masai. Riti di passaggio che, oggi, non prevedono più la mutilazione genitale.
Quella di Nice è una lunga storia di lotta e determinazione perché alle ragazze masai sia concesso di vivere da donne e sognare, studiare e avere un lavoro, non essere dominate dagli uomini. Ma lei ha dovuto rompere gli schemi, ribellarsi agli uomini e alle donne. Fuggire. Essere picchiata perché ha detto no al “taglio”. Era il 1998.
«All’età di otto anni», racconta Nice, «il mio mondo è stato sconvolto, quando i miei genitori sono stati strappati da me. La mia vita è cambiata per sempre».
Alla morte dei genitori Nice, è stata mandata a vivere dalla zia. Qui inizia il dramma, ma anche la salvezza. «Mia zia», dice, «ha provato a organizzare il rito per me, mi ha anche malmenato per costringermi ad essere tagliata. Io ho detto no, ho resistito. Sono scappata. Ho dato ascolto a quella scintilla di determinazione che ha iniziato a bruciare nel mio cuore».
La sua, tuttavia, era l’unica voce fuori dal coro in una tribù dominata da uomini. Come fare a che la sua “ribellione” contro le mutilazioni genitali venisse accettata dalla comunità, così da permettere a centinaia di ragazze di poter decidere del proprio corpo, della propria sessualità e della propria vita?
La svolta arriva nel 2008 quando i capi villaggio scelgono proprio lei per farla diventare educatrice di comunità, lei che dopo la ribellione ha continuato a studiare, il suo sogno, attraverso il corso di formazione del progetto Amref su “salute riproduttiva delle giovani donne nomadi”.
Gli anziani sono stati cruciali. I Moran hanno ascoltato Nice: «Hanno accettato di incontrarmi, anche da sola. È stato molto duro, ma quando il loro capo mi ha dato l’Esiere – il bastone nero che simboleggia la leadership – ho capito: sono stata accettata. È stato allora che ho chiesto ai Moran (i giovani guerrieri masai, ndr) di supportare i nuovi riti di passaggio che stavo introducendo per le giovani donne».
«Il mio viaggio attraverso il mondo maschile masai», conclude Nice, «è stato impegnativo. La forza che mi ha guidato sempre è stata la determinazione nel ribadire che le donne devono essere rispettate prima di tutto come esseri umani, e poi come donne. Che siamo in grado di arricchirci grazie alle nostre differenze culturali, senza nulla togliere agli uomini. Che le ragazze possono diventare donne anche senza essere tagliate».
Oggi, come educatrice di Amref, Nice è una delle animatrici del progetto della Ong che mira a eliminare l’uso della mutilazione e a sostituirlo con il “Rito di passaggio alternativo”. Fino ad oggi, il lavoro suo e delle altre operatrici ha consentito di salvare 10.500 bambine dalla circoncisione.
Una ragazza di strada di Nairobi.
Per tutto questo Nice è un simbolo. E, per tutto ciò che rappresenta, sette giornalisti italiani le hanno dedicato una campagna di comunicazione e di sensibilizzazione, “Dalla parte di Nice” (#dallapartediNice), iniziata con una campagna di crowdfunding (che proseguirà fino al 10 dicembre), cioè raccolta fondi “dal basso” che consenta di mettere insieme le risorse per realizzare un documentario in sette puntate che racconti altrettante storie di bambine e ragazze africane.
Storie che non riguardano solo il problema delle mutilazioni genitali: in Africa ci sono anche le Nice che lottano contro la povertà, finite a vivere come ragazze di strada, spinte a matrimoni forzati, stuprate, accusate di stregoneria, vittime della tratta di esseri umani che le costringe alla prostituzione.
I sette giornalisti (riuniti nell’associazione Hic Sunt Leones – l’antica espressione con cui i romani definivano l’Africa dal Sahara in giù – formata da Luciano Scalettari, Angelo Ferrari, Raffaele Masto, Roberto Cavalieri, Alessandro Rocca, Davide Demichelis, Roberto Cavalieri) hanno fatto della più bella delle affermazioni di Nice lo slogan della campagna: «Continuerò a lottare affinché le ragazze crescano, diventino donne senza che vengano violati i loro diritti. Tutte le ragazze africane devono diventare donne e poter sognare. Sono sicura che tutto ciò sia possibile».
L’hanno fatta propria perché è il cuore dell’iniziativa che hanno lanciato per la produzione del film documentario ma anche di tutte le altre produzioni che fanno parte integrante del progetto: #dallapartediNice diventerà anche un libro, una mostra fotografica, un lavoro teatrale, diventerà incontri pubblici e nelle scuole di sensibilizzazione.
I sette giornalisti che hanno fondato l'associazione "Hic Sunt Leones", promotrice del progetto #dallapartediNice: da sinistra, Alessandro Rocca, Luciano Scalettari, Francesco Cavalli, Davide Demichelis, Raffaele Masto, Roberto Cavalieri, Angelo Ferrari.
Lo scopo della campagna #dallapartediNice è proprio questo: dare voce a Grace, Wangare, Janine e tante altre che la pensano allo stesso modo e che possono dimostrare che questo è possibile. Non solo in Kenya: le storie che verranno raccontate dai sette giornalisti arriveranno anche dalla Nigeria, dal Sud Sudan, dal Burundi, dalla Somalia, dalla Repubblica Democratica del Congo.
«Essere dalla parte di Nice», dice Angelo Ferrari, presidente di Hic Sunt Leones, «significa essere dalla parte di tutte quelle bambine, adolescenti e donne che lottano quotidianamente contro il potere maschile, contro i matrimoni precoci, le violenze della strada, della guerra, della povertà. Noi vogliamo con queste sette puntate raccontare un volto, quello femminile, del continente africano. Per una volta non verrà mostrata l’Africa che soccombe a un destino ineluttabile, ma verrà raccontata finalmente la forza delle donne africane che riescono nell’impresa straordinaria di difendere e promuovere I propri diritti».
Il progetto, sostenuto dalla Fondazione Zanetti, ha già ottenuto l’adesione di molte Ong, partner dell’iniziativa: Amani, Amref, Banca Etica, CCM, Coopi, Imperfect, LVIA, Oxfam Italia, MLFM.
Chi vuole essere “dalla parte di Nice” può farlo andando su www.dallapartedinice.org, oppure su www.produzionidalbasso.com/project/dallapartedinice.