Bartolo Longo (1841-1926) a 22 anni. Da Wikipedia. In alto e in copertina: Beata Vergine del Santo Rosario di Pomepi. Foto tratta da Wikipedia..
Il 12 settembre di ogni anno la Chiesa universale celebra il Santissimo nome di Maria. E il 5 ottobre ricorre la festa liturgica del beato Bartolo Longo. Nella celebre supplica alla Regina del Santo Rosario di Pompei, che proprio il beato, fondatore del santuario di Pompei, compose nel 1883, e che si recita ogni anno l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, leggiamo anche questi versi: «L’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o rifugio dei peccatori, o sovrana consolatrice dei mesti». Quel nome santo è invocato nei frangenti più difficili dell’esistenza personale o della vita di una comunità intera. Momenti difficili com’è quello della crisi sanitaria, che stiamo ancora vivendo, che per molti versi ricorda il dramma della terribile febbre spagnola, che provocò, nel mondo, migliaia di vittime nella prima metà del Novecento.
«Era l’ottobre dello scorso anno 1918. Da molto tempo a Ribera influiva la grave epidemia dell’influenza estiva, detta febbre spagnuola, molte erano state le vittime, sulla leggiadra cittadina incombeva un’ombra plumbea di desolazione e di lutto». Lo racconta lo stesso Bartolo Longo sul numero de Il Rosario e la Nuova Pompei del 13 dicembre 1919 descrivendo il caso di un giovane militare, tornato nel suo paese e ammalatosi della terribile influenza il giorno dopo l’arrivo. La descrizione del fondatore del santuario è minuziosa e narra la storia della guarigione di quel ragazzo che si riprende, pur curato con i poveri mezzi del tempo, dopo essersi aggravato così tanto da arrivare a quarantadue gradi di temperatura corporea. È una storia di speranza quanto mai necessaria anche oggi, nel secondo anno di una pandemia non ancora superata, anche se grazie ai vaccini s’intravvede, sempre più forte, la luce della speranza in fondo al tunnel.
«Al passaggio di Dio – scrive Longo – docili si piegano le leggi della natura, come un giorno sotto i passi di Gesù si piegavano docili le onde del mare; al passaggio di Dio si piega docile la libertà umana. (…). Questi miracoli sulla natura e sui cuori sono ottenuti da una forza sovrana: la preghiera. La preghiera costante, la preghiera fervida, la preghiera animata da una fede che non si scoraggia, da una fede che non si stanca; la preghiera che presso l’Altissimo mette per intercessione la Madonna, la Madre di Dio e la Madre dell’umanità, la Regina di tutte le grazie e la confortatrice di tutte le lacrime». In questa prospettiva, nel Santuario di Pompei, cui tanti hanno guardato e guardano nei momenti più complessi della storia, si continua a pregare, in modo speciale con il Santo Rosario, recitato ogni giorno in tutti i suoi misteri. La fede sostiene la scienza. La preghiera ha sostenuto e sostiene il lavoro eroico dei medici e degli operatori sanitari. A proposito della forza del Rosario, scrive ancora Bartolo Longo: «La più popolare, la più perfetta, la più efficace delle orazioni, commuove il cuore di Dio e lo apre in un’onda di grazie e talvolta di prodigi. Beati quelli che recitano bene il Rosario, che lo recitano tutti i giorni di quindici poste, che nei tempii, nelle famiglie, presso gli amici, presso i parenti, ne promovono le glorie; nell’ora delle tenebre, nella tempesta della desolazione e dell’affanno, sarà su di loro la mano della potenza e della misericordia di Dio!».
Bartolo Longo nacque a Latiano, in provincia di Brindisi, il 10 febbraio 1841. Ebbe un’eccellente educazione in casa e presso il collegio dei Padri Scolopi di Francavilla Fontana. Continuò gli studi prima a Lecce e poi a Napoli, dove si laureò in Giurisprudenza. Nell’Università fu travolto dalle dottrine laiciste e atee. Dopo qualche anno ritornò alla fede grazie all’opera dell’amico professor Vincenzo Pepe e del domenicano padre Alberto Radente.
A Valle di Pompei Longo s’impegnò nell’educazione alla fede dei contadini locali, utilizzando il catechismo e la recita del Rosario, alla cui diffusione si sentì chiamato nell’ottobre 1872 con queste parole: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario: è promessa di Maria». L’arrivo del quadro della Vergine del Rosario, il 13 novembre 1875, nella cadente Parrocchia della Valle, segnò l’inizio di una nuova storia.
Insieme con la contessa Marianna Farnararo vedova De Fusco, che poi sposerà, fondò il santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e sentì impellente il desiderio di edificare, per innumerevoli bambini bisognosi, anche “il santuario della carità”. Quella corona di opere che ancora oggi circonda la basilica, accogliendo centinaia di persone in difficoltà, per la maggior parte bambini e ragazzi. Terziario Domenicano, a lui si deve pure l’istituzione della Congregazione delle “Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei”. Morì il 5 ottobre 1926.
«Si può veramente definire “l’uomo della Madonna”: per amore di Maria divenne scrittore, apostolo del Vangelo, propagatore del Rosario» come ricordò san Giovanni Paolo II proclamandolo Beato il 26 ottobre 1980.