Una situazione realmente preoccupante, soprattutto per i giovani, è quella dipinta nel Rapporto Cnel sul Mercato del lavoro 2010-2011. L'uscita dalla crisi è ancora lenta e il tasso di disoccupazione potrebbe salire ulteriormente. Nel testo presentato recentemente si legge: «il rischio disoccupazione riguarda soprattutto i
giovani. Si aggrava infatti il fenomeno dei neet (not in education or training
nor in employment), cioè coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro e
che non sono impegnati in un processo di formazione».
I dati mostrano che «se prima della crisi il tasso
di neet si aggirava attorno al 16% tra i più giovani (16-24 anni) e al 24% tra
i giovani adulti (25-30 anni), tali percentuali sono rapidamente aumentate,
salendo rispettivamente al 18,6% e al 28,8% nel terzo trimestre del 2010». Il
Cnel spiega che «la crisi aggrava le probabilità dei giovani di restare nella
condizione di neet, così come aumenta in modo preoccupante lo scoraggiamentò
di chi addirittura rinuncia a cercare lavoro».
La recessione ha inoltre inciso
sul passaggio dai contratti a termine a quelli a tempo indeterminato: «prima
della crisi - secondo lo studio - quasi il 31% dei giovani con contratto
temporaneo passavano l'anno successivo ad un lavoro permanente, contro poco più
del 22% attuale». Riguardo alla formazione si osserva che sebbene i laureati
siano più facilitati se il titolo coincide con la domanda di lavoro, resta
ampio e crescente il fenomeno dell'overeducation, dato anche che le minori
opportunità professionali aumentano la disponibilità dei laureati ad accettare
lavori che richiedono livelli d'istruzione più bassi.
Per chi ha concluso gli studi e ha ottenuto un diploma o una laurea, oggi non è certamente automatico entrare nel mondo del lavoro. Un terzo dei giovani tra i 18 e i 34 anni, neo-diplomati e neo-laureati, oppure già occupati, è comunque alla ricerca di un punto di raccordo tra formazione scolastica e occupazione, come mezzo per trovare un posto di lavoro qualificante. Per questo, i ragazzi si rivolgono sempre più spesso a chi è in grado di garantire ulteriori offerte formative in grado di offrire una specializzazione e una professionalità che faciliti le possibilità di occupazione.
Una indagine ISPO commissionata da Fondazione Fiera Milano, ha messo in risalto quali comportamenti e quali scelte vengono compiute dai ragazzi che, terminato il rapporto con gli studi (con il diploma o la laurea), si avvicinano al mondo del lavoro.
I giovani milanesi coinvolti nella ricerca hanno mostrato capacità di informarsi in rete, idee chiare, attenzione alle professionalità a cui i corsi intendono formare vedondo nei corsi post-diploma e post-laurea una strategia efficace per sfuggire alla difficile situazione occupazionale degli ultimi anni o aumentare e referenziare il proprio profilo professionale, se già occupati. Infatti, il 59% dei diplomati e del 65% dei neo-laureati interessati ai corsi post-diploama e laurea guardano a queste attività formative come a uno sbocco o a un miglioramento professionale.
Da questo punto di vista, i giovani diventano giudici attenti delle attività proposte, e la loro ricerca di informazioni, soprattutto in rete (utilizzata dal 46% dei diplomati e dal 62% dei laureati) appare particolarmente attenta e carica di aspettative. In particolare, la possibilità di trovare informazioni sul corso che si intende frequentare non si esauriscono ai canali ufficiali (il sito internet della scuola, dell’azienda o dell’ente organizzatore del corso) ma inseguono attraverso canali non ufficiali (uno su tutti: facebook) quanto ex-alievi o altri soggetti dicono del corso. Insomma, intorno ai corsi si forma oggi una “brand reputation” di cui i giovani sono attenti valutatori e che assume particolare importanza nelle scelta dei ragazzi.
Da parte dei laureati, sottolinea la ricerca ISPO, l’attenzione è particolarmente focalizzata sulle attività formative, sul corpo docente, sulle possibilità di potenziare le proprie competenze, sul corpo docente, mentre i diplomati sono più attenti al prezzo del corso e alle possibilità di trovare in breve tempo un lavoro.
L’indagine ha coinvolto sia giovani interessati ai corsi, sia i giovani che, a Milano, già li frequentano o li hanno frequentati in passato. E’ emerso che, tra i giovani interessati ai corsi, la componente maschile si avvicina a quella femminile e nel caso del corso Post-Laurea la supera. Tra chi sta pensando a un corso Post-Diploma ci sono molti giovani-adulti (il 45% ha più di 26 anni) e molti che già lavorano (49%), alcuni anche a tempo indeterminato (26%). Invece, la maggioranza di chi sta pensando a un corso Post-Laurea lavora con partita IVA. o a progetto (il 67%) e il 30% è in cerca di occupazione.
Approfondendo l’analisi dei giovani che già frequentano uno di questi corsi, emerge che i frequentanti, attuali o ex, dei corsi Post-Diploma arrivano per un terzo da Milano (35%) e per due terzi (65%) da fuori Milano; sono più probabilmente femmine (63% contro il 37% dei maschi). Questo dato è in controtendenza rispetto all’interesse dichiarato per i corsi (che vedeva più interessati i maschi) segno probabile della maggior costanza delle ragazze. La maggioranza relativa arriva dall’area dell’economia e del marketing (41%) o da quella di lettere, giurisprudenza (30%). Per quanto riguarda alcune caratteristiche, come l’età e il titolo di studio, circa uno su cinque è arrivato alla laurea, il 39% adesso lavora ma c’è una buona parte (24%) che è in cerca di occupazione.
Anche tra i frequentanti, o ex, dei corsi Post-Laurea ci sono più donne (64% contro il 36% di uomini) e non manca chi è in cerca di occupazione (29%). Tuttavia la maggioranza (64%) adesso sta lavorando. Il 40% in aziende fino a 14 dipendenti e il 60% in aziende più grandi; il 40% con contratto a tempo indeterminato e il 60% con contratti meno regolari.
L'indagine ISPO ha preso in considerazione i giovani milanesi in un momento particolarmente interessato e in attesa dalle opportunità che si profileranno con l’arrivo dell’Esposizione Internazionale del 2015. Expo 2015 sta riportando in auge le professioni legate alle fiere, o meglio, all’evoluto sistema fieristico per cui Milano è una delle capitali europee più importanti per manifestazioni e congressi internazionali.
Il 77% dei giovani laureati in cerca di corsi post-laurea, intervistati dai ricercatori ISPO, considera che per prepararsi in vista dell’Expo sia importante il contributo di corsi organizzati da una realtà fieristica come quella di Milano.
All’interno dell’organizzazione fieristica esistono, infatti, professionalità di ogni ordine e grado: alla progettazione di una manifestazione e della sua struttura collaborano infatti esperti di marketing strategico, di economia della marca, progettisti, oltre a tutti gli addetti all’accoglienza, sempre più specializzati per valorizzare al massimo i servizi su la manifestazione ha investito per i suoi visitatori. Tutto in una manifestazione fieristica è gestito da personale qualificato. Perfino quella del “visitatore in fiera” è una professione: si chiama “buyer”, un profilo specializzato nel proprio mercato di riferimento, in grado di valutare le tendenze e le novità del settore ed eventualmente acquisire per conto della propria azienda le nuove proposte del mercato.
Fondazione Fiera Milano, attiva con la sua Accademia, organizza già da tempo corsi destinati a formare profili adeguati alle realtà fieristiche, con un ottimi risultati: a un anno dal corso, infatti, il 90% di quanti l’hanno frequentato risulta occupato.
Oggi è già possibile per i giovani partecipare ai corsi organizzati da Fondazione Fiera Milano, che promuove numerose proposte formative per creare profili professionali adeguati al mondo delle manifestazioni fieristiche: Master Progea, Master Professione Buyer, Corsi IFTS, Corsi per Hostess, e tante altre iniziative sono a disposizione dei giovani che desiderano informarsi e formarsi sul mondo delle professioni intorno alle fiere (www.accademiafieramilano.it).
E non occorrerà aspettare l’Expo 2015 per trovare lavoro: le professionalità che ruotano intorno alle manifestazioni fieristiche, infatti, sono versatili e gli stessi corsi di Fondazione Fiera Milano offrono chances in più per entrare nel mondo del commercio, del marketing, della progettazione del punto vendita.
C'è un esercito di quattro milioni
gli italiani che hanno varcato la frontiera, per scelta o per forza, e sono andati all'estero per
poter lavorare. Lo rileva il rapporto della Fondazione Migrantes
sull'immigrazione che evidenzia un incremento di quasi 90 mila unità rispetto
all'anno precedente.
Gli italiani sono presenti praticamente in tutti i Paesi
del mondo, ma risultano concentrati in larga misura in Europa (2 milioni e 263
mila) e in America (1 milione e 629 mila). Fra loro, la presenza femminile si
attesta al 47,8%, mentre si registra un calo fra le persone più anziane: solo
il 18,6% nel 2011 ha più di 65 anni. Di contro, aumentano i minorenni e i giovani in generale (53,5%).
Il numero più alto lo si trova in meridione con quasi 1,5 milioni di emigrati.
Complessivamente all'inizio del 2011 il 53,9% degli iscritti all'Aire,
l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, sono originari del Mezzogiorno
d'Italia, il 15% del Centro Italia e il 31,1% del Nord. Nello specifico, la
Sicilia si conferma prima regione di emigrazione (16,2%) con 666.605 cittadini,
seguita dalla Campania con 426.488 (10,4%), dal Lazio con 365.862 (8,9%), dalla
Calabria con 356.135 (8,7%), dalla Lombardia con 318.414 (7,7%) e dalla Puglia
con 315.735 (7,7%).
Una conferma di questo fenomeno arriva dall'analisi
provinciale dei dati, che riportano ai primi posti Roma, Cosenza, Agrigento,
Salerno, Napoli, Catania, Palermo, Avellino, Lecce e Potenza, mentre subito
dopo troviamo Treviso e Milano. Torino è in 16esima posizione e Udine in
18esima.
Ma l'elemento più significativo del Rapporto è che i giovani
bocciano il Belpaese: per il 40% dei 25-34enni è praticamente una sfortuna
esserci nati e la maggior parte degli intervistati si trasferirebbe volentieri
altrove. Il male sovrano, per i giovani italiani, è la precarietà: ad indicarlo
è il 43,5% dei 18-24enni e il 33,6% dei 25-34enni. Seguono, nell'ordine, la
mancanza di senso civico (20,6%), l'eccessivo livello di corruzione (19,1%), la
classe politica (15,2%), la condizione economica (8,6%), il tasso di
criminalità (3,9%) e lo stato del welfare (1,3%).
Alla domanda «si
trasferirebbe all'estero?», il 62,9% degli abitanti di Sicilia e Sardegna
risponde che non lo farebbe mai (nonostante le preoccupazioni per il lavoro e
tutti i gravi problemi di quelle aree geografiche, a partire dall'economia),
contro il 49,1% degli abitanti del Nord-Ovest. Gli intervistati più disposti a
trasferirsi vivono nel Centro (49,4%).
Nel complesso, il 40% ha dichiarato che
non cambierebbe mai Paese ma se si guarda alle fasce di età, i più predisposti
ad andarsene hanno tra i 25 e i 34 anni (50,9%). Le mete preferite dagli
aspiranti emigranti sono la Francia (16,5%), gli Stati Uniti (16,1%), la Spagna
(14,3%), l'Inghilterra (11,9%) e la Germania (10,1%). Seguono Svizzera,
Austria, Svezia, Canada, Olanda, Brasile, Danimarca e Norvegia.