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Damiano Tommasi: "Il calcio non è fuori dal mondo".

22/06/2013  Il presidente dell'Associazione italiana calciatori commenta il caso Blatter-Indignados: "Un evento sportivo può portare lavoro e accendere i riflettori su problemi importanti".

Damiano Tommasi non è il tipo di sportivo che si trattiene dal metterci la faccia se c’è da criticare. Non è uno che si tira indietro quando si tratta di dire al calcio, che ha vissuto da giocatore e oggi vive da presidente dell’Associazione italiana calciatori, che a volte bisogna prendersi meno sul serio.  Gli abbiamo chiesto se è vero che il calcio deve chiamarsi, sintetizzando Blatter, fuori dal mondo?

«Il solo fatto che si protesti in occasione delle partite di calcio è la prova che fuori dal mondo non è, anzi. Il calcio è una grande cassa di risonanza che, nel bene o nel male, può essere utilizzata per accendere un riflettore su una situazione sociale che diversamente rimarrebbe nell’ombra: lo dimostra il fatto che ne stiamo parlando».

Vuol dire che il problema non è fare o non fare ma il come lo si fa, a monte?
«Non conosco bene i termini della protesta in Brasile, ma so che anche le proteste si possono utilizzare in modi diversi: si può manifestare per dire che i Mondiali non si dovevano fare o per mostrare al mondo il problema che c’è».

Lo sport chiede, per esigenze di sicurezza, di tenere le proteste, ma anche tutte le manifestazioni di pensiero religiose, politiche, sociali, fuori dagli stadi. È una precauzione necessaria?
«La tregua olimpica degli antichi esisteva in questo spirito. Lo sport in tante occasioni, oltreché una vetrina di comunicazione, è stato uno strumento diplomatico, un’occasione di disgelo in situazioni di tensione politica tra Paesi e comunità. Non c’è un'unica lettura: a seconda dell’utilizzo e dei punti di vista, lo sport è strumento positivo e propositivo oppure come gioco futile da contrastare e lasciare in secondo piano. Ma è certamente vero che quando in un Paese si riesce a sviluppare una buona cultura sportiva, spesso significa che anche il resto funziona e che altri grandi problemi sono già stati positivamente risolti. Poi certo l’organizzazione di un Mondiale di calcio o di un’Olimpiade anche all’interno del mondo dello sport viene vissuta con l’ombra del dubbio che all’evento si attribuiscano significati che vanno al di là di quello che in realtà è: accade quando si assegna un Mondiale al Sudafrica o un’Olimpiade a Pechino. Di certo, però, anche in questi casi l’evento è stato un’occasione per fare conoscere al mondo problemi e tensioni che attendono ancora soluzioni positive. Ne avremmo parlato altrettanto senza Olimpiade e Mondiali?».

Blatter ha detto che il calcio è più importante dei problemi che ci sono fuori, condivide?«Ma io non ne farei una questione di gerarchie di importanza, credo che il problema sia diverso, più pratico: lo sport, nei grandi eventi,  ha la necessità di ritagliarsi una forma di indipendenza, per evitare il rischio, molto concreto, che lo stadio venga sfruttato per trasmettere messaggi estremamente negativi o molto rischiosi».

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