Uno zoo o una città? Viene da porci questa domanda quando scorriamo le pagine di La città degli animali (Cairo), l’ultimo libro del celebre etologo Danilo Mainardi, che apre il sipario sulla vita che brulica tra cemento e grattacieli. Se siamo abituati a vedere cani e piccioni, forse ci sorprenderemo scoprendo che nei centri abitati si avventurano anche le volpi e i cinghiali. E ancora, rettili, afibi, pesci, volatili di ogni genere, che insieme alla flora costituiscono una biodiversità ricca di specie. Ma prima di avventurarci nel nostro safari urbano vorremmo conoscere un po’ meglio Danilo Mainardi.
Una vita tra gli animali iniziata quando?
«Già dall’infanzia a Milano. Mi fu permesso di avere un cane, di far nascere pulcini lasciando schiudere le uova sui termosifoni… Poi, con la guerra, siamo stati sfollati nella campagna cremonese e ho imparato molto dai ragazzini locali. Passavo giornate a osservare gli uccelli, a raccogliere nidiacei caduti dal nido e allevarli. Poi, sempre ragazzino, frequentavo i colombofili, imparando da loro tutti i segreti. Iniziai presto ad allevare anch’io i colombi, fino a partecipare a gare di lancio di colombi viaggiatori».
Ha avuto tanti animali da compagnia? Che rapporto ha avuto con essi?
«A parte l’esperienza con un gatto e pure con un furetto, la mia vita è stata accompagnata sempre da cani, di razze diverse, ognuno amatissimo. Ora sono senza, ma a breve vorrei avere un cucciolo che mi gira per casa».
Come vive il mondo della natura?
«Cerco di fruirne ovunque. Viaggio meno, data l’età, ma anche semplicemente dalle finestre della mia casa a Venezia posso godere di spettacoli di voli di uccelli di varie specie o passeggiando in montagna, nella mia amatissima Val d’Ayas».
Perché le persone sono così interessate al mondo animale?
«È una naturale attrazione che è spontanea nei bambini. Loro si accostano con naturalezza a ogni animale, fiore o albero. È quella che il biologo statunitense Edward O. Wilson definisce “biofilia”. Si modifica con la crescita, con le interferenze culturali e con l’educazione».
Nel suo ultimo libro si parla degli animali presenti nelle nostre città. Bisogna essere acuti osservatori o sono sotto gli occhi di tutti?
«A parte gli animali domestici, molte specie come colombi, gabbiani, storni sono forzatamente sotto i nostri occhi data la loro abbondanza. Per altre specie basta applicarsi un po’ di più: sempre tra gli uccelli penso alle taccole, giocosi piccoli corvidi dai voli acrobatici. E poi rapaci appollaiati sulle postazioni più elevate. Ma anche scoiattoli nei parchi, ricci nel giardino, germani intorno a specchi d’acqua, fino, con un po’ più di fortuna, alla volpe».
I cani sono sempre più diffusi. Da che cosa nasce questo stretto legame con il “miglior amico dell’uomo”?
«È un legame antico, una stretta collaborazione che l’uomo ha ottenuto selezionando le attitudini presenti nel lupo e creando così le diverse razze canine: da caccia, da guardia ai beni e al bestiame, da compagnia. Oggi il “mestiere” è principalmente di animale da compagnia, spesso un indispensabile sostituto di umanità e affettività».
Non sempre salutiamo felicemente la presenza di animali: abbiamo orrore di nutrie e ratti, e dell’abbondanza di piccioni. Sono pericolosi per la nostra salute?
«È indispensabile contenere le popolazioni di certe specie urbane divenute invasive, ma dipende da noi. La presenza di nutrie, colombi, gabbiani e ratti è nostra responsabilità. Dobbiamo avere cura delle città a partire dai rifiuti, risorsa fiorente per molte specie animali che velocemente apprendono come sfruttarli».
Davvero il lupo si sta avvicinando alle nostre case? È un elemento positivo o dobbiamo averne paura?
«La paura non ha ragione di essere. Il lupo è un predatore ricuperato a fatica in Italia dopo anni di abbattimenti che l’avevano portato all’estinzione. Oggi esiste una popolazione con numeri appena sufficienti per la sua sopravvivenza, che si sta espandendo lungo la dorsale appenninica a partire dall’Italia centrale. Ha necessità di grandi spazi su cui muoversi ed è inevitabile che sfiori abitati, faccia razzie. È importante però la consapevolezza che è una specie fondamentale per l’equilibrio delle comunità naturali».