Per capire la portata dell’affetto e dell’ammirazione che i ragazzi provano per Fabrizio De André basta fare un giro l’11 gennaio di ogni anno dalla sua morte, e assistere alla cosiddetta Cantata anarchica (nell'immagine un raduno a Milano)ì di qualche anno fa)… Nulla di facinoroso. Solo tanti, ma proprio tanti, ragazzi che si trovano nelle piazze principali della loro città e armati di chitarre, percussioni, flauti e la forza delle loro voci, riuniti a piccoli gruppi, intonano le canzoni del grande artista, scomparso ormai 25 anni fa.
Artista che piaceva non solo ai loro genitori ma anche ai loro nonni… Eppure, a quanto pare, capace come pochi, di continuare a parlare ai giovanissimi. Come Valentino, 19 anni che lo ascolta «perché è legato alla sua infanzia: «Me l’hanno fatto conoscere mio padre e mia madre e poi ho ritrovato le sue canzoni nel mondo scout. Mi piace perché è un tipo di musica semplice, ma evocativa, nel senso che crea immagini. La mia canzone preferita? La Ballata dell’amore cieco…».
Anche Edo, 22 anni, come gran parte dei ragazzi intervistati ha avuto i genitori come principali mediatori: «Lo ascoltavo con loro da bambino. Amo la sua lucidità e raffinatezza nell’analizzare le vicende umane. Credo piaccia ancora perché i tempi cambiano, ma le grandi questioni restano le medesime. Penso che la sua canzone più significativa, per diversi motivi, sia La canzone di Marinella. Prima di tutto mi affascina la sua delicatezza nell’unire due temi come l’amore e la morte. Inoltre, è presente il tema degli ultimi, poiché la scrisse per dare dignità alla morte di una giovane prostituta violentemente uccisa».
«Mi sono fatto una playlist di artisti italiani del passato», racconta Angelo, 22 anni «ma di fatto l' unico che ascolto è De André. Nei suoi testi ogni parola e' pesata, pura poesia, e ogni volta che li ascolti cogli sempre nuovi dettagli. Alcune delle sue canzoni sono senza tempo, e parlano ai giovani di oggi, come La guerra di Piero, che mostra come basti mettere due divise diverse a due uomini, perché si trasformino in nemici impossibilitati a sottrarsi alla logica delle armi. E poi hanno un loro storytelling, raccontano cioè storie, semplici ma mai banali».
Per Natalìa Anna, 25 anni, la preferita è Il testamento di Tito: «è un “contro decalogo”, in maniera molto semplice e diretta analizza credenze millenarie da punti di vista diversi. Credo che faccia riflettere sul significato dei Dieci comandamenti con ragionamenti mai vecchia o datati». Inoltre, lei che ascolta molta musica e di vario genere, nota che «De André canta temi purtroppo sempre attuali ed è la sua ricchezza perché oggi, a mio parere, pochi autori sanno parlare come faceva lui di guerra, situazione politica o ingiustizie».
La più amata da Matilde, 22 anni, è Il gorilla «perchè secono me è un esempio straordinario della sensibilità e dell'ironia con cui riesce a scrivere di ingiustizie e di altre forme di dolore che l’uomo è solito provare. Ascolto De Andre perché amo come riesce sempre a utilizzare una narrativa che permette di immedesimarsi negli emarginati dalla società (che lo erano ai suoi tempi ma lo sono ancora oggi, motivo per cui i temi trattati risultano estremamente attuali).
Particolarmente dettagliata è la riflessione di Valentina: «Se ho conosciuto De André parte del merito è dei miei genitori, che ascoltavano e facevano ascoltare a me e mia sorella fin da piccole i cantautori italiani. Non era il loro preferito, ma qualcosa di lui mi aveva catturato. Non so bene spiegarmi perché, visto che non ero ancora in grado di capire i testi. Il ricordo che ho di una delle prime volte che ho cantato una sua canzone era in seconda elementare, nella pausa pranzo, in mensa. Io e la mia migliore amica di allora, a cui direi che può andare l’altra parte di merito, cantavamo Via del Campo e La Guerra di Piero. Penso siano state le prima canzoni che ho imparato a memoria». Colpita, sin da bambina, soprattutto dalla voce: «Non avevo mai sentito nessuno così. Recitare, cantare e parlare assieme. Poi crescendo e capendo i testi ho iniziato a emozionarmi. Ha una capacità di raccontare storie davvero unica. Amo le canzoni che ti fanno entrare in una vicenda. E De André questo lo fa meglio di tutti. Parlando di mondi e persone che spesso vengono lasciati in disparte. In momenti difficili mi ha fatto sentire parte di qualcosa e le sue canzoni mi hanno accompagnato tutta la vita». E se le chiediamo perché piace ai giovani… «Le parole che ha scritto raccontano il presente. E poi ha sempre la capacità di unire. De André lo si canta, lo si suona e lo si balla tutto insieme». Difficile per lei scegliere la canzone preferita: «Ne dico tre… Fiume Sand Creek, Andrea e Prinçesa. Va beh, ne aggiungo solo un’ultima che ascolto particolarmente in questi ultimi tempi, Canzone del maggio».
Infine, ecco il giovanissimo Fabrizio, 14 anni,che si chiama così proprio in onore di De André: «Quando era piccolo ho imparato a conoscerlo perché,soprattutto il papà che è un musicista, mi cantava spesso le sue canzoni più famose come Bocca di rosa, Il pescatore, La canzone di Marinella. Anche io ho ereditato la sua passione, ho suonato il pianoforte e ora studio clarinetto, e delle canzoni presto più attenzione alla musica rispetto ai testi. E musicalmente De André mi sembra un po’ monotono, e quindi preferisco altri grandi cantautori italiani, come per esempio Pino Daniele. Le canzoni di De André che prediligo musicalmente sono a Fiume Saint Crick, Una storia sbagliata e Creuza de ma, perché cantata in dialetto genovese e ha delle sonorità interessanti. Se invece penso ai testi, la mia preferita è La guerra di Piero».