Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 18 settembre 2024
 
 

Decalogo e grande schermo

01/10/2012  I Dieci Comandamenti, forse tra i temi di fede più affascinanti e maggiormente rappresentati nel mondo dell’arte e della letteratura contemporanea.

I Dieci Comandamenti, forse tra i temi di fede più affascinanti e maggiormente rappresentati nel mondo dell’arte e della letteratura contemporanea, interrogano registi, scrittori e cantanti stimolandoli a realizzare opere di qualità e di notevole valore riflessivo. È il caso dell’esperienza cinematografica, qui attraversata da uno spaccato storico rappresentativo.

I Dieci Comandamenti sono un argomento di grande fascino rappresentativo, soprattutto per il cinema. Ci sono film che hanno affrontato l’intero decalogo in una volta sola e pellicole che hanno tratto spunto dall’uno o dall’altro comandamento per proporre trattazioni monotematiche o per ricavarne pretesti narrativi per racconti di segno diverso. Uno spazio di interesse è stato trovato anche nella musica. Molti citano Il testamento di Tito, canzone di Fabrizio De Andrè, che ripercorre i comandamenti dal punto di vista di uno dei due ladroni crocifissi con Gesù. Meno noto ma più articolato è ilmusical di produzione francese intitolato I dieci comandamenti e anche il mondo letterario non ha mancato qualche incursione – più o meno fedele – sull’argomento. In questa sede restringiamo il campo al mondo del cinema; innanzitutto perché proprio il grande schermo ha riservato al Decalogo le attenzioni maggiori; in seconda istanza, per non cadere in una ricognizione di raggio troppo vasto, che rischierebbe di essere superficiale e di scarsa utilità.

Il cinema si è occupato del Decalogo già dalla metà degli anni Quaranta. Si intitola I dieci comandamenti un film in bianco e nero del 1944 di Giorgio Walter Chili (soggetto: padre V. Callisto Vanzin; sceneggiatura: G.W.Chili, Diego Fabbri, Pietro Germi, Enrico Ribulsi, padre V. Callisto Vanzin). I dieci episodi riprendono il dettato delle dieci regole sacre, affidando le rispettive interpretazioni agli attori più in voga del momento: “Non desiderare la roba d’altri” (Marina Berti, Carlo Campanini, Delia Branci); “Non desiderare la donna d’altri” (Amedeo Nazzari, Fermana Paolieri); “Non dire falsa testimonianza” (Elisa Cegani, Claudio Gora); “Non rubare” (Assia Noris, Otello Toso, Carlo Romano); “Non commettere atti impuri” (Rossano Brazzi, Loretta Lisi); “Non ammazzare” (Roldano Lupi, Delia Ornan, Nino Pavese, Aldo Silvani); “Onora il padre e la madre” (Vera Carmi, Ada Dondini, Ugo Sasso, Cesco Baseggio, Luigi Pavese, Bella Starace Sainati); “Ricorda ti di santificare le feste” (Massimo Girotti, Mariella Lotti); “Non nominare il nome di Dio Invano” (Valentina Cortese, Andrea Checchi, Adele Garavaglia); “Io sono il Signore Dio tuo” (Carlo Ninchi, Bianca Manenti). Al termine di ogni episodio segue un insegnamento moralistico sul comandamento narrato.

Girato a Roma in modo molto fortunoso durante l’occupazione dei tedeschi, il film fu messo in programmazione con evidente ritardo. Come per altre pellicole, l’idea di questa realizzazione venne anche – ma forse soprattutto – per evitare di dover obbedire all’ordine di aggregarsi alla Repubblica di Salò. Un altro motivo era legato al fatto che i tedeschi non esercitavano controlli pressanti sulle troupe che realizzavano film dal contenuto religioso. Il film, iniziato nella primavera del 1944, terminò nel 1945 e venne affidato a una distribuzione regionale. La critica del tempo ne parlò in questi termini: «Film a episodi carico di moralismo drammatico […]. Il regista piglia molto sul serio il contenuto dei vari motivi […]. Inquadrature leziose, piene di buone intenzioni, sproporzionate al livello della cronaca degli atti unici» (Fabrizio Sarazani, Il Tempo, agosto 1945). Così si espresse Ennio Flaiano: «Il clero ha trovato una via di mezzo tra il mondo e il cielo; esso parla del cielo con una moderazione odiosa. Ma il cielo è al di là di ogni misura; è tutto ciò che è forsennato, è violenza; ed è detto che cederà alla violenza degli uomini. Il clero cerca di accomodarlo al gusto del “mondo”, così ha scritto Julien Green nel suo libello contro i cattolici francesi, e non vediamo altro giudizio più favorevole per il film su I dieci comandamenti che il giovane regista C.W. Chili ha diretto. Tutto, in questo film, è accomodato al gusto del mondo, anzi al gusto e alle pretese di una determinata società, l’italiana, la quale esce alla fine benissimo rappresentata».

Nonostante siano passati diversi lustri dalla sua distribuzione nelle sale, resta nella storia del cinema e nella memoria collettiva I dieci comandamenti di Cecil B. De Mille (Usa). Il quale ne propose ben due versioni, la prima nel 1923 e la seconda nel 1956.

La pellicola muta del 1923 si divide in due parti: la prima (prologo biblico) racconta la liberazione del popolo giudeo, la salita di Mosè al Sinai per ricevere le Tavole della Legge, l’adorazione del vitello d’oro, la discesa di Mosè. La seconda parte (episodio moderno) si segnala per la grandiosità spettacolare, per la forza narrativa e per le insolite invenzioni tecnico-registiche come, per esempio, le immagini subacquee degli egiziani che annegano nel Mar Rosso.

Il rifacimento del 1956 a opera del medesimo regista narra la storia di Mosè, il bambino ebreo salvato dalla madre a seguito di un massacro voluto dal faraone, che, adottato dalla figlia di quest’ultimo, diventa principe d’Egitto e, dopo aver scoperto le sue vere origini, decide di abbandonare la sua vita di lussi e agi. In seguito, dopo aver affrontato il faraone Ramesse II, suo acerrimo nemico sin dalla gioventù, libera il suo popolo dalla schiavitù. La trama della pellicola è desunta, oltre che dal libro dell’Esodo, anche dal Midrash, dal Corano e dai testi di Giuseppe Flavio.

Non dissimile è la trama dell’omonimo film di Charles Davis (Usa, 1982), che racconta il periglioso e doloroso cammino percorso da Mosè e dal suo popolo per giungere alla Terra Promessa. Dopo la fuga dagli egiziani e il passaggio del Mar Rosso, la lunga carovana si accampa sulle pendici del Sinai. Mosè si separa dalla sua gente per scalare la montagna e aspettare la parola di Dio, che gli consegnerà le Tavole della Legge. Quando fa ritorno, il patriarca scopre che gli ebrei si sono dati al peccato.

Ci sono i Dieci Comandamenti e molto altro nel noto Decalogo di Krzysztof Kieslowski, un ciclo di mediometraggi di circa 55 minuti ciascuno, girati fra il 1987 e il 1989. Ogni capitolo racconta una storia di vita quotidiana indipendente da quelle degli altri episodi e ispirata, più o meno esplicitamente, a uno dei dieci comandamenti biblici. La sceneggiatura è curata dallo stesso Kieslowski insieme a Krzysztof Piesiewicz.

Decalogo 1. Krzysztof è un professore universitario separato, che cresce da solo suo figlio Pawel e, da appassionato di informatica, crede che tutta la vita si possa descrivere matematicamente. Ritiene che Dio non esista e rifiuta qualunque dimensione trascendente della realtà. Un giorno il bambino desidera andare a pattinare sul lago ghiacciato vicino a casa e il padre esegue una serie di calcoli al computer secondo i quali il ghiaccio reggerà il suo peso, ma il ghiaccio si rompe e il tragico epilogo è inevitabile.

Decalogo 2. Dorota, il cui marito Andrej è in ospedale in pericolo di vita, è al terzo mese di gravidanza. Il padre del bambino è il suo amante, lei fa dipendere dal futuro del marito la sua decisione: se Andrej è destinato a morire terrà il bambino, altrimenti abortirà e interromperà la storia d’amore con l’amante. La responsabilità di questa scelta viene dirottata sul primario, ma la vicenda terminerà con un lieto fine inaspettato.

Decalogo 3. Per riuscire nel suo intento di strappare l’ex fidanzato Janusz alla sua famiglia durante la notte di Natale, Ewa sceglie la strada della menzogna e inventa che suo marito è improvvisamente scomparso (in realtà vive sola da circa tre anni). Janusz giustifica la sua frettolosa uscita da casa la sera della vigilia raccontando alla moglie che qualcuno ha rubato il suo taxi, alla cui guida si è messa invece Ewa. La vicenda si dipana in un vano girovagare tra ospedali, guardie mediche e stazioni, finché l’uomo torna a casa sua.

Decalogo 4. La giovane Anka e il maturo Michail sono i protagonisti: lui l’ha cresciuta come un vero padre dopo la morte della madre ma fra i due si è insidiato il fantasma di un amore diverso, in seguito al ritrovamento da parte della ragazza di una lettera indirizzata a lei, in cui la madre le rivelava che l’uomo non è il suo genitore. Anka non la apre ma ne inventa – o ne intuisce – il contenuto, comunicandolo all’uomo. I silenzi, gli indugi, gli inganni di una vita vengono alla ribalta e fra i personaggi scatta un dialogoconfessione di intensa portata emotiva.

Decalogo 5. Jacek è un poco di buono, privo di senso morale; Piotr è un avvocato dai sani principi, che crede nella giustizia ma non nella pena capitale. Jacek uccide un taxista, viene arrestato e tocca proprio a Piotr difenderlo in tribunale. Jacek viene condannato a morte e prima dell’esecuzione chiede all’avvocato di parlare con la madre e di farsi seppellire nella tomba di famiglia. Le parole sono pugnalate nel cuore di Piotr, convinto che la pena capitale sia una barbarie; sembra non esserci alcuna differenza fra l’omicidio commesso da Jacek e quello commesso dallo Stato.

Decalogo 6. Tomek è un impiegato delle poste che s’invaghisce di Magda, una donna matura che abita nel condominio di fronte. Inizia a spiarla ogni sera con il suo telescopio e un giorno decide di confessarsi con lei, che inizialmente reagisce male ma alla lunga non sembra troppo disturbata e una sera invita a cena il giovane. Per convincerlo che l’amore non esiste, lo seduce e lui, giunto a casa, si taglia le vene. Da lì si ribaltano i ruoli: lui è disilluso ma lei, innamorata, cerca a tutti i costi di rivederlo. Dopo qualche tempo si incontrano e scoprono di essere due persone molto diverse da prima.

Decalogo 7. Majka è una giovane ragazza maltrattata dalla madre e con un padre assente, ma ha un buon rapporto con la sorellina Ania. Un giorno la rapisce da una recita scolastica e, una volta al sicuro, le rivela di essere la sua madre naturale. Le due si nascondono nella casa dell’ex amante di Majka, padre della bambina. Ma le cose non vanno come crede Majka, che scappa ancora portando con sé sua figlia. Ewa le trova in una stazione proprio nel momento in cui arriva il treno, riprende Ania e Majka se ne va da sola.

Decalogo 8. Durante una lezione universitaria, la professoressa Zofia accetta che partecipi Elzbieta, una giornalista che racconta un fatto avvenuto a Varsavia nel 1943: due giovani cattolici, marito e moglie, si offrono di far da padrini di Battesimo a una bambina ebrea di sei anni, ma all’ultimo momento si rifiutano, dicendo di non poter mentire di fronte a Dio. Elzbieta era la bambina a cui anni prima la professoressa aveva negato aiuto. Zofia rivela a Elzbieta che la storia della “falsa testimonianza” era solo una scusa per eludere la Gestapo, ma Elzbieta non le porta rancore.

Decalogo 9. Roman è un cardiochirurgo che si scopre impotente. La notizia lo sconvolge, ma la moglie Hanka lo rassicura che questo non cambierà nulla nel loro rapporto. Lui, però, scopre che lei ha un amante. Quando Hanka si rende conto che la situazione è insostenibile, tronca la relazione clandestina ma si accorge che il marito li stava spiando. L’esperienza riunisce i due, decisi a ricostruire il loro rapporto. Roman insiste perché lei vada a sciare, ma l’ex amante non demorde e raggiunge la donna sulla neve a sua insaputa. Quando Roman lo scopre, tenta il suicidio prima che Hanka riesca a mettersi in contatto con lui per fargli sapere che era all’oscuro di tutto.

Decalogo 10. I fratelli Artur e Jerzy sono molto diversi: il primo è serio, posato e padre di famiglia, il secondo è ribelle e scapestrato. Al funerale del padre, i due scoprono nella sua casa una collezione di francobolli che vale centinaia di milioni e cominciano ad appassionarsi alla filatelia. Alla collezione manca solo un francobollo rarissimo, in possesso di un losco filatelico che propone ai fratelli uno scambio: il francobollo in cambio di un rene di Jerzy, da donare alla figlia. Jerzy accetta, ma durante l’operazione i ladri entrano in casa e rubano tutti i francobolli del padre. I due fratelli incontrano i veri esecutori del crimine – il filatelico e un complice – ma non hanno le prove della loro colpevolezza. Intanto si riconciliano e condividono la passione filatelica paterna.
 
Kieslowski propone un confronto fra la Parola di Dio e quella dell’uomo contemporaneo, attraverso il caso – unico nella storia del cinema – di un film in dieci episodi o capitoli, che si misura con il peccato per verificare se il venir meno dell’uomo al patto con Dio abbia ancora senso dopo Auschwitz e Hiroshima. La struttura dei dieci capitoli è basata sul serrato raffronto fra la tesi, il comandamento in questione, e l’antitesi, il mancato rispetto del comandamento; allo spettatore è lasciato il compito di trarre le sue conclusioni affidandole al giudizio della ragione e della coscienza.

Ciascun episodio ricorda la fragilità umana e restituisce il valore delle “Dieci parole sapienti”, osservando le quali la persona può inoltrarsi nel mondo senza correre pericoli. Senza questo codice di vita, sembra dire il regista polacco, si cade inesorabilmente nel relativismo, nel nichilismo e nell’idolatria dei molti vitelli d’oro che assediano l’esistenza.

Multimedia
Benigni fa boom con i Dieci Comandamenti: più di 9 milioni davanti alla Tv
Correlati
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo