C’è un film bellissimo, Il diritto di contare, ambientato negli anni ’50-60, dedicato a Katherine Johnson, genio della matematica e unica donna nel team della Nasa impegnato nel programma delle missioni spaziali. Katherine diventò il simbolo dell’emancipazione femminile – oltre a essere donna, era anche afroamericana – in un ambito da cui le donne erano per lo più escluse.
Oggi le donne, secondo i dati dell’Unesco, a livello mondiale sono il 30% del totale delle persone che lavorano nella ricerca scientifica. In Italia le donne laureate in discipline scientifiche hanno superato gli uomini. Ma non è così nei laboratori.
Le tre donne, che in questi giorni hanno ricevuto il Nobel, Andrea Ghez per la fisica, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna per la chimica, testimoniano quanta strada ha compiuto, ma anche quanta può ancora compierne, la presenza femminile nella scienza.
La statunitense Andrea Ghez, quarta donna a ricevere un Nobel per la fisica, è stata premiata per avere contribuito a spiegare la “danza delle stelle” attorno al gigantesco “buco nero” che occupa il centro della Via Lattea: «Spero di ispirare altre giovani donne a dedicarsi a questo campo del sapere. La fisica è uno studio che può regalare enormi soddisfazioni, e se si è appassionati di scienza c’è veramente molto da fare».
Emmanuelle Charpentier, francese, e Jennifer Doudna, statunitense, per avere scoperto una precisissima tecnica di correzione del Dna, mettendo a punto le “forbici molecolari” che permettono di modificare in modo puntuale il codice genetico. È come se in un libro di tre miliardi di lettere, ora potessimo correggerne una sola, quella sbagliata.
Anche la Charpentier ha detto: «Mi auguro che questa notizia mandi un messaggio positivo alle ragazze che vogliono intraprendere il cammino della scienza e dimostri che anche le donne con la loro ricerca possono avere un grande impatto».
Piero Bianucci, uno dei divulgatori scientifici più efficaci, rileva: «Le donne per loro natura hanno una capacità di mediazione nei rapporti personali molto utile nella ricerca scientifica. Dal punto di vista cognitivo la mente femminile ha più elasticità, e quindi più creatività di quella maschile.»