Sydney Sibilia ha raccontato che la molla che l'ha spinto a girare il seguito del fortunatissimo Smetto quando voglio, da oggi nelle sale, gli è arrivata dalle proiezioni del primo film nei festival in giro per il mondo: «Erano tutte sold out perché invase da ricercatori italiani tra i quali si era sparsa la voce di un film che li riguardava. Per questi ricercatori in esilio la società ha trovato un nome drammaticamente poetico: cervelli in fuga. Questa categoria era stata completamente ignorata nel primo film e il secondo capitolo della saga volevo parlasse anche di loro».
Ecco allora, proprio in concomitanza con la diffusione dei dati dell'Istat sulla disoccupazione giovanile che ha sfondato il muro del 40%, tornare in azione l'"associazione a delinquere con il più alto tasso di cultura di sempre": la banda di brillanti ricercatori capitanata dal neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo) che nel primo film, stufi di ricevere sempre porta in faccia o di fare lavori che nulla hanno a che fare con i loro studi, decide di usare le proprie competenze per produrre droghe legali, finendo ovviamente per mettersi nei guai.
Ritroviamo infatti Zinni in carcere dove però una poliziotta (Greta Scarano) gli fa una proposta: passare dall'altra parte della barricata e aiutare le forze dell'ordine a sgominare i produttori di smart drugs. In cambio, avranno la fedina penale pulita. Parte da qui un nuovo capitolo di esilaranti avventure, tra inseguimenti degni dei migliori film d'azione e battute sempre sul filo del paradosso. Dietro le risate, però, affiora un sottotesto serissimo: l'inadeguatezza di questi ragazzi che hanno studiato per tanti anni e che ora non riescono a concretizzare i loro sogni. Come nelle scene in cui Zinni cerca di tranquillizzare la sua fidanzata Giulia sul fatto che sì, ora è un periodo difficile, ma ci sarà un bel futuro per loro e per il bambino che lei porta in grembo. O come quando la banda, dopo aver portato a termine una missione, riflette sul fatto che per la prima volta nella loro vita hanno usato le loro competenze per qualcosa di utile alla società.
Alla presentazione del film, Mario Marcellini, preside della Facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma (che riceverà 23 mila euro dalla produzione del film a favore della ricerca) ha detto a proposito dei cervelli in fuga: «Questo film apre gli occhi su questo fenomeno più di molto giornalismo».