Tristezza, senso di abbandono, demoralizzazione: sono sentimenti che tutti, prima o dopo, abbiamo provato nella vita. Così, quando si parla di “depressione” si pensa subito a uno stato di disagio esistenziale che accomuna tutti gli esseri umani, a qualcosa di noto ai più. Tuttavia, anche se esiste senz’altro una continuità fra normale tristezza e depressione, c’è una soglia oltre la quale la condizione diventa patologica. Oltre questa soglia aspettare che passi non basta più: la persona ha bisogno di aiuto.
NON SOLO EMOZIONI
«La depressione è una vera e propria malattia sistemica, che riguarda l’organismo nella sua interezza», afferma il professor Claudio Mencacci, presidente della Società italiana psichiatria. Oltre alle emozioni negative, con forti ripercussioni sulla vita quotidiana, questa patologia porta anche sintomi somatici e cognitivi. «Nei soggetti con depressione maggiore aumentano la cronicità e la mortalità delle patologie, specie di quelle respiratorie e cardio-cerebrovascolari», continua l’esperto. Inoltre, sono sempre più studiate le alterazioni delle funzioni cognitive, rilevate, in forma più o meno marcata, nel 94 per cento dei pazienti con depressione maggiore. Perdita della memoria, difficoltà di concentrazione, diminuzione dell’attenzione e della vigilanza: problemi che non di rado permangono anche dopo la risoluzione dell’episodio depressivo.
Questo disturbo psichiatrico non è mai causato da un evento isolato, ma da un insieme di fattori che sono biologici e ambientali insieme, e, in generale, ha un andamento ricorrente: «Dopo un primo episodio, la probabilità di andare incontro a una recidiva è di circa il 50 per cento», spiega Mencacci, «e dopo due episodi sale al 90 per cento». A ogni nuova crisi i sintomi sono più frequenti e severi, e ciò «rende estremamente importante un trattamento utile a guarire la fase acuta, ma anche a prevenire l’insorgenza delle recidive».
OCCHIO AI SINTOMI INIZIALI
La malattia si manifesta solitamente fra i 20 e i 30 anni, e raggiunge il picco fra i 30 e i 40. «I primi segnali d’allarme, più che sintomi sono comportamenti che provocano lievi difficoltà nello svolgimento delle normali funzioni di vita quotidiana», spiega il professor Salvatore Varia, direttore del Modulo 5 Dsm dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo. Si tratta, per esempio, di variazioni del ritmo sonno-veglia, alterazioni del rendimento quotidiano (ridotta efficienza nel lavoro, della cura di sé, variazione dello stile alimentare), tendenza all’isolamento e progressivo abbandono delle attività socializzanti, riduzione delle capacità di concentrazione o apprendimento, ma anche sintomi fisici come stanchezza immotivata, cefalea o disturbi gastroenterici. «Talvolta, la malattia si presenta a ogni nuovo episodio con gli stessi sintomi e con la stessa sequenza: una volta riconosciuti, è necessario che il soggetto adotti tempestivamente le corrette strategie, al fine di evitare l’evoluzione patologica conclamata».
Qual è dunque la strategia preventiva da mettere in atto? E quale il modo migliore di affrontare i sintomi iniziali? Innanzi tutto, attenzione allo stile di vita. Diversi studi hanno dimostrato l’importanza di questo fattore nella prevenzione e anche nel trattamento dei disturbi depressivi. Alimentazione varia ed equilibrata, quindi, associata a regolare attività fisica e un buon riposo notturno, che deve essere sufficiente in termini qualitativi e quantitativi.
«È poi necessario identificare i propri obiettivi e valori essenziali», continua il professor Varia, «perché un comportamento contradditorio tra i valori nei quali si crede e ciò che si realizza causa una deflessione nel tono dell’umore che può evolvere in depressione. Bisogna poi tentare di inserire nella propria esistenza momenti piacevoli e rilassanti e, inoltre, non avere un solo scopo nella vita: il soggetto che si identifica con un ruolo sociale, lavorativo o familiare può diventare vulnerabile alla depressione quando l’obiettivo finisce o fallisce».
I legami interpersonali giocano poi un ruolo decisivo: occorre creare relazioni di supporto solide e profonde. «La possibilità di ricorrere nei momenti di avversità all’aiuto del coniuge, di un familiare o di un amico è senz’altro la più importante forma di protezione da questa patologia».
Infine, è necessario riconoscere tempestivamente i primi segnali, in modo da interrompere il circolo vizioso discendente di pensieri e sentimenti negativi. Per questo «le tecniche di prevenzione vanno acquisite durante le fasi di benessere, al fine di applicarle nei momenti di comparsa dei segni prodromici della malattia», conclude Varia.
TANTE TERAPIE
I trattamenti per curare la depressione sono molti, e di varia natura, ma rivestono un ruolo di spicco la farmacoterapia e la psicoterapia. «In tutti i casi», spiega il professor Bernardo Carpiniello dell’Università di Cagliari, «gli obiettivi della cura della depressione sono essenzialmente due: trattare la fase acuta eliminando i sintomi, e prevenire possibili recidive o cronicizzazione».
I farmaci, che a oggi sono la cura più comune e che sono accessibili gratuitamente tramite il Servizio sanitario nazionale, si basano su differenti meccanismi d’azione. «I più innovativi sono attualmente considerati i farmaci antidepressivi Multimodali, come la vortioxetina, che agiscono ad ampio spettro su meccanismi diversi. Tuttavia non esiste un farmaco migliore degli altri», precisa Carpinello, «la scelta viene effettuata in rapporto al singolo caso».
Per quanto riguarda la psicoterapia, «le forme che fino a oggi hanno ottenuto le maggiori conferme di validità sono quelle cognitivo-comportamentali e la psicoterapia interpersonale». Entrambe sono di durata relativamente breve e si sono rivelate particolarmente efficaci nel superamento delle fasi depressive acute.
Terapia farmacologica e psicoterapia possono essere combinate con buoni risultati: «La farmacoterapia usata nella fase acuta e la psicoterapia nella fase di mantenimento sembrano avere una dimostrata efficacia».
A prescindere dal tipo di terapia privilegiato, «la cura della depressione non può prescindere dalla creazione di una significativa relazione terapeutica col paziente e dall’assunzione da parte del curante di un atteggiamento supportivo, con un sostegno psicologico in tutte le fasi della cura», conclude l’esperto.
GLOSSARIO
DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE. Caratterizzato da uno o più episodi depressivi, con andamento ricorrente. Ogni crisi è peggiore della precedente.
DISTIMIA. È una forma depressiva di tipo cronico, non episodico, ritenuta meno grave della depressione maggiore.
DISTURBO BIPOLARE. Caratterizzato da un andamento ciclico che alterna fasi depressive e maniacali.
SAD (DISTURBI AFFETTIVI STAGIONALI). Le differenze stagionali (e le variazioni nell’esposizione alla luce solare) provocano significative modifiche nell’umore e nell’energia vitale, con picco di episodi depressivi in primavera e maniacali in estate.