"Giustizia, giustizia, giustizia", un grido che squarcia il silenzio di dolore e lutto. Dolore che non appartiene solo a una comunità. Dolore che riguarda tutti. Accade durante i funerali di Antonio Morione, il pescivendolo ucciso a Boscoreale in provincia di Napoli, la notte della Vigilia di Natale. Ucciso per aver reagito a una rapina. Ammazzato a colpi di pistola per aver cercato di difendere la giovane figlia a cui i banditi avevano puntato contro l’arma.
In centinaia hanno partecipato ai funerali che sono stati celebrati mercoledì dall’Arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia. Urla, pianti e abbracci. Fu così anche per Maurizio Cerrato, il sessantunenne massacrato e ucciso, proprio a Torre Annunziata lo scorso luglio, per aver difeso la figlia aggredita per un parcheggio. Tra la folla assiepata davanti al sagrato della chiesa dello Spirito Santo di Torre Annunziata, città d'origine della vittima, la richiesta di trovare e processare gli autori della rapina è invocata da un migliaio di persone.
A Boscoreale è giorno di lutto cittadino, davanti al negozio di Antonio Morione in via Della Rocca una lenta processione di passanti lascia fiori e biglietti di ricorso. Un'intera città ha aspettato il passaggio del feretro di Antonio. Commozione e applausi nel momento in cui il carro funebre si è fermato dinanzi alla saracinesca abbassata del negozio. In molti hanno chiesto giustizia.
Le persone si sono avvicinate con rispetto alla bara per un saluto e una preghiera. Alle 14.30 nel cielo sono stati liberati palloncini bianchi mentre risuonava Sta passando novembre, una canzone di Eros Ramazzotti. Nell'auto dietro al carro la moglie e le figlie. Lunga e accorata omelia dell'arcivescovo Battaglia che, più volte, ha ricordato di essere stato già un'altra volta nella chiesa dello Spirito Santo a Torre Annunziata per un episodio simile: l'uccisione lo scorso aprile di Maurizio Cerrato.
«Quello di Antonio Morione è stato un delitto atroce e assurdo», ha detto don Mimmo, «il pianto aiuti questa comunità a mettere da parte diffidenza e rassegnazione. È arrivato il momento che la parte buona si faccia sentire. Ancora troppi silenzi - ha continuato il vescovo - di fronte a questa morte, a mesi da quella di Maurizio. E’ necessario che la città si svegli. A chi ha commesso questo dolore non possiamo offrire la nostra resa».
Poi, l'arcivescovo si è rivolto ai killer: «Il vero coraggio non è la fuga ma la consegna alla giustizia» ed ha aggiunto «affinché la morte di Antonio non cada nell'oblio dobbiamo impegnarci tutti. Antonio, aiutaci a trovare coraggio affinché - ha concluso don Mimmo - possiamo stare sempre in piedi, in piedi».
E’ stata poi la volta della commozione, del ricordo. Dal pulpito sono stati letti due pensieri: “Sei stato onesto lavoratore, hai dedicato la tua vita alla famiglia e ai lavoratori” ha detto il suocero di Antonio. “Mi hai accolto come una figlia, mi hai vista crescere. Adesso non ci sei più” così con la voce graffiata dal dolore e dal pianto ha letto il suo messaggio la nuora di Morione.