Sono molti gli esordi degni di nota
che hanno caratterizzato i primi
mesi dell’anno. Di Mariapia Veladiano
abbiamo dato conto nello scorso
numero, di Donatella di Pietrantonio
parleremo presto, come pure di Alessandro
Mari e di altri ancora. Fra questi
merita considerazione il debutto
nel romanzo della giovane pescarese
Barbara Di Gregorio, con il suo intrigante
Le giostre sono per gli scemi (Rizzoli).
La trama si costruisce attorno alle vicende
di Chicco e Leonardo, fratelli anche
se di padre diverso. Chicco, più
piccolo, ha il mito di Leo, dal quale cerca
affetto e attenzione, a volte ottenendoli,
altre no. Il fatto è che Leo non vede
l’ora di andarsene di casa, non sopportando
Pietro, il nuovo compagno
della madre e padre di Chicco, e vivendo
nel ricordo del suo di padre, svanito
nel nulla. Proveniente da una di
quelle famiglie di zingari che un giorno
si sono – non si sa bene come e perché
– fermate a Pescara e dintorni,
spariva tutte le estati per montare e lavorare
con il suo ottovolante, finché
l’attrazione per quella giostra era venuta
meno, insieme ai guadagni. Ora
quell’ottovolante se ne sta chiuso nel
garage di casa, misteriosa e affascinante
memoria del passato e, chissà, pegno
di un vago futuro.
Fin qui la storia si snoda in un linguaggio
realistico, che la Di Gregorio
sa rendere efficace grazie soprattutto
ai dialoghi fra i personaggi. Il rapporto
contrastato e ambivalente fra i due
fratelli, come pure le situazioni di
squallore e disgregazione familiare, si
definiscono con precisione. Poi, in maniera
brusca e imprevedibile, l’autrice
imprime alla narrazione una svolta
fantastica, magica, che non riveleremo
per non guastare la sorpresa al lettore.
A nostro avviso, questo sorprendente
innesto non stride con il contesto
realistico fin lì adottato,ma lo arricchisce
e approfondisce: lo spaesamento
del lettore diventa presto emozione.
C’è soltanto, nel passaggio, un momento
in cui il racconto si dilunga e
perde di intensità, per poi riprendersi
nella parte finale.
Anche in virtù di questo espediente,
si delinea il contrasto fra quegli uomini
che se ne stanno con i piedi ben
piantati per terra, ma privi di slanci,
risucchiati dal grigiore dell’esistenza,
e quegli altri che sono eternamente
trascinati dal desiderio di salire su
una giostra e volare, metafora di un
sogno di libertà che mal si concilia
con le durezze della vita. Emerge netto
anche il contrasto fra questi due
mondi e l’incapacità dei “terrestri” di
accettare il diverso, che viene fatto oggetto
di gesti di quotidiana crudeltà.