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mercoledì 16 luglio 2025
 
 

Diabete, essere medici di sè stessi

15/02/2012  Una ricerca mostra i miglioramenti che provoca un automonitoraggio della malattia da parte del paziente.

Essere "medici" di se stessi può rappresentare una nuova terapia per il diabete di tipo 2. Questo l’obiettivo raggiunto dello studio PRISMA, condotto da un team di diabetologi italiani con il contributo dall’azienda di diagnostici Roche. Basato su nuovo approccio nella gestione della terapia da parte del paziente, ha permesso ai medici di focalizzarsi sulle caratteristiche individuali dei valori glicemici migliorando l'intervento terapeutico sulla malattia e minimizzando il rischio di complicanze. A conclusione del progetto, significativi sono infatti stati i miglioramenti dei livelli di emoglobina glicata (HbA1c) nei pazienti testati.

Per 12 mesi, 1.024 persone diabetiche di tipo 2 non trattate con insulina sono state controllate in 39 centri diabetologici italiani, sia universitari che ospedalieri. Dividendole in due gruppi,  il primo è stato seguito con automonitoraggio strutturato della glicemia, e l’altro con automonitoraggio discrezionale e non costante. Il primo gruppo ha ottenuto una riduzione dell'emoglobina glicata dello 0,39 % rispetto al secondo gruppo. “Questa differenza di 0,12 su base puramente aritmetrica - ha commentato Emanuele Bosi, curatore del progetto e direttore del dipartimento di Medicina interna all'ospedale San Raffaele di Milano - si può tradurre in una riduzione di complicanze cardiovascolari dal 2,2 al 3,8%, malattie coronariche dall'1,6 al 2,7%, malattie coronariche fatali dall'1,9 al 3,4%, infarto del miocardio dall'1,9 al 3,4%, malattie vascolari periferiche dal 3,3 al 5,9%. L’altra riduzione inaspettata è stata quella dell'Indice di massa corporea".

Il diabete di tipo 2 è la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, il pancreas continua a produrre insulina ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi sono i fattori di rischio legati alla sua insorgenza, come la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico e il sovrappeso. Di solito, l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado severo al punto da dare i classici sintomi del diabete. Da un punto di vista clinico, centrale rimane l’autocontrollo glicemico per effettuare un’attenta valutazione della patologia e, in generale, l’autogestione della stessa da parte del paziente. È proprio in questo contesto che si è sviluppato lo studio PRISMA, al fine di valutare il valore aggiunto di un programma strutturato di gestione dell’autocontrollo glicemico intensivo sul diabete di tipo 2. Pazienti e sperimentatori hanno potuto utilizzare contemporaneamente i risultati per apportare rispettivamente cambiamenti allo stile di vita (dieta ed attività fisica) ed alla prescrizione terapeutica.

Il progetto, appena presentato a Barcellona nell'ambito della quinta Conferenza internazionale sulle tecnologie avanzate e sui trattamenti per il diabete, è fortemente italiano. "L'importanza dello studio - ha affermato Raffaele Marino, Medical Manager Roche Diabetes Care - è innanzitutto la sua italianità ed il primo al mondo di questo tipo. Ora il prossimo passo sarà dimostrare l'utilità della terapia nell'abbattimento dei costi del diabete sulla spesa sanitaria, oggi pari a circa 10 miliardi di euro". C’è chi ha parlato del diabete di tipo 2 come la pandemia del terzo millennio. Secondo l'Oms, mentre nel 2000 il numero dei diabetici nel mondo si attestava sui 150 milioni, la proiezione per il 2030 supera i 300 milioni. Sotto, dunque, con la prevenzione della cattiva alimentazione, la sedentarietà, l’obesità, per invertire questa drammatica tendenza.  

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