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venerdì 15 novembre 2024
 
Il libro
 

Dialoghi con Dio da dietro le sbarre

29/06/2015  “Preghiere dal Carcere”, curato da Silvata Ceruti, raccoglie in un piccolo volume i testi scritti da un gruppo di detenuti di Opera (Milano). Richiesta di aiuto, di perdono, ringraziamento e lode: «Nelle preghiere che provengono dal carcere di Opera», scrive nella prefazione Vito Mancuso, «è sorprendente ritrovare quasi tutte queste tipologie».

Pino, uno degli autori delle preghiere contenute nel libro, insieme a Silvana Ceruti, curatrice della pubblicazione.
Pino, uno degli autori delle preghiere contenute nel libro, insieme a Silvana Ceruti, curatrice della pubblicazione.

«Ci sono porte e finestre», dice Silvana Ceruti, «che interrompono la comunicazione anziché aprirsi a nuove relazioni. Sono le porte e le finestre delle nostri carceri».

Silvana Ceruti (Ambrogino d’Oro) nel carcere di Opera ha fondato vent’anni fa il Laboratorio di lettura e scrittura creativa, che continua ad animare come volontaria insieme ad Alberto Figliola e Margherita Lazzati. «L’obiettivo fondamentale», continua Silvana Ceruti, «è quello di fare un pezzo di strada insieme a persone “dentro” e persone “fuori”, scoprire sentimenti propri e altrui, sperimentare linguaggi e, attraverso la poesia e la preghiera, dire “ci sono anch’io, posso produrre bellezza. Non dimenticarmi”».

Questo è lo spirito che ha spinto molte persone detenute nel carcere di Opera a riscoprire, nella frequenza al Laboratorio, la relazione mancata con se stessi e con la società. Sono già state pubblicate dall’editore Gerardo Mastrullo diverse antologie di poesie e una quindicina di calendari poetici (calendari con poesie e immagini, da tre anni le fotografie sono donate da Margherita Lazzati). Ora è uscito Preghiere dal carcere, a cura di Silvana Ceruti con prefazione di Vito Mancuso.

«È un piccolo libro di preghiere», scrive Mancuso, «nate una dopo l’altra, messe in comune all’interno del Laboratorio e ora offerte a un pubblico più vasto». Gli autori delle preghiere sono: Albert Borsalino, Domenico Branca, Giuseppe (Pino) Carnovale, Simone Casisa, Giuseppe Catalano, Pietro Citterio, Catalin Condorache, Calogero Consales, Gaetano Conte, Franco Cordisco, Vito D’Angelo, Carlo D’Elia, Giuseppe Di Matteo,Dino Duchini, Bruno Ferrari, Domenico Iamundo, Vittorio Mantovani, Erjugen Meta, Eugenio Morosin, Luigi Polizzi, Fabio Presicci, Luigi Siciliano, Alfredo Visconti, Rocco Zinghini, Boris Zubine.

La copertina del libro.
La copertina del libro.

"Non si tratta di dire le preghiere, si tratta di essere preghiera"

In queste pagine di poesia e di preghiere scritte tra le mura di un carcere ci sono “schegge di verità”. La prima verità è che anche i detenuti pregano, anche loro sentono la nostalgia, la sete di ricucire la relazione strappata con se stessi e con il prossimo al quale hanno causato un danno. La ricerca della relazione è presente anche nella stessa preghiera e nelle sue differenti modalità espressive possibili: come una richiesta di aiuto, perdono, ringraziamento e lode. «Nei testi delle preghiere che provengono dal carcere di Opera», dice Vito Mancuso, «è sorprendente ritrovare quasi tutte queste tipologie, sia a livello di forma, sia a livello di contenuto».

Nella "Preghiera del detenuto" Franco Cordisco si rivolge al Signore:
“Tu perdoni e dimentichi, noi però non vogliamo l’elemosina della pietà
Vogliamo che si creda in noi, nella nostra rigenerazione, Signore, io non voglio perdere la mia dignità
umana per il fatto che sono carcerato”.

Nel "Il verdetto" Calogero Consales esprime la consapevolezza che
“dal dolore si guarisce ma il peccato rimane,
e troppe volte il mio vivere è ingombrante,
ma forse sono stato baciato da Dio…”.

“Ti prego”, implora Boris Zubine, “Dio mio,
per fuggire lontano
dalle stagioni della morte
e scrivere di valli lontane”.

Giuseppe (Pino) Carnovale, tramite il Laboratorio ha scoperto un talento poetico a lui sconosciuto. Nella poesia "Il mio nulla" intesse una relazione, un faccia a faccia di speranza con il Signore:
“Tu non tradisci,
tu non deludi,
sotto il tuo sguardo
la mia vita buttata
ha ripreso colore”.

Comunemente si pensa che la preghiera sia legata al dire le preghiere. «Ma non è così», sottolinea Mancuso. «Il verbo fondamentale, per la preghiera come per ogni altra attività umana, è essere: essere preghiera. Non si tratta di dire le preghiere, si tratta di essere preghiera, di essere cioè con la vita concreta (anche quando essa per un periodo venga trascorsa dietro le sbarre di un carcere) una richiesta di aiuto e di perdono, e insieme una parola di ringraziamento e di lode».

S. Ceruti, Preghiere dal carcere. Poesie, Editore La Vita Felice, Milano, Euro 12.00.

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