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lunedì 23 giugno 2025
 
 

Dichiariamo illegale la povertà

01/10/2013  Al via la campagna internazionale tesa a evidenziare le cause strutturali di impoverimento sia locale sia globale suggerendo interventi efficaci e immediati

Ineluttabile. Questo sembra, oggi, la povertà. Una presenza così costante della nostra società al punto da essere diventata "normale". Questione di sfortuna... e invece no. Siamo diventati poveri per ragioni e interessi contro cui si sarebbe potuto e dovuto fare qualcosa. Contro cui, ancora oggi, dei rimedi esistono ma non riscuotono grandi consensi nelle stanze dei palazzi in cui si decidono le sorti del nostro mondo. Un'economia ingiusta e una società fondata sulle diseguaglianze non possono che portare alla formazione di quei fattori strutturali da cui traggono origine i processi di impoverimento.

In una pur lodevole corsa a ostacoli, sono tante le persone e le organizzazioni che si impegnano in questo senso: ma ogni intervento, per quanto necessario, ha la tendenza ad assumere il carattere del "tampone". In altre parole, si curano i sintomi quando sono ormai ingestibili e si fa poco o nulla per cambiare la rotta sostanziale dei processi sociali, culturali, economici e politici che hanno privato la nostra società, sperperandole, di risorse di cui oggi c'è un bisogno vitale.

È in questo solco che si inserisce il progetto "Dichiariamo illegale la povertà", frutto dell'iniziativa di una ventina di associazioni che, almeno in Italia, si sono poste l'obiettivo di dare battaglia su temi concreti fino al 2017. Come? Sostenendo tre campagne che verranno presentate nel corso della Conferenza Nazionale di questi giorni in Puglia. Tanti i temi e le proposte sul piatto, dal divieto agli operatori borsistici di accedere alle attività legate ai beni e ai servizi essenziali alla messa al bando delle cooperative di lavoro da caporalato, dalla chiusura dei Centri di identificazione ed espulsione a livello europeo all'istituzione del passaporto di cittadinanza universale.


Qui di seguito la sintesi del "manifesto" delle campagne.

METTERE FUORILEGGE LA FINANZA PREDATRICE
«Malgrado gli scandali e le prove evidenti che la finanza mondiale liberalizzata, privatizzata e speculativa è la causa principale degli sconvolgimenti e dei disastri economici attuali, nulla è cambiato fondamentalmente. A cinque anni dal fallimento della grande banca mondiale americana Lehman Brothers, a parte qualche misura volta ad aumentare i controlli sui capitali finanziari, tutto è rimasto come prima: fondi di investimento, prodotti derivati, paradisi fiscali... Non si può più ritardare la messa al bando della finanza attuale. A questo fine, si propongono tre azioni prioritarie: - via i rapinatori dal sistema della finanza; - chiusura delle fabbriche della rendita e della speculazione; - impegno per un sistema del credito al servizio dei cittadini e dell'economia».  

DARE FORZA AD UN'ECONOMIA DEI BENI COMUNI
«Non si è impoveriti solo quando non si hanno soldi, ma si è impoveriti soprattutto quando la collettività non garantisce a tutti i cittadini, come invece è sancito dalla Costituzione Italiana e dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, il diritto di accesso ai beni e ai servizi essenziali e insostituibili alla vita. L'impoverimento è strettamente legato alla privazione dell'accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari, all'alimentazione, alla salute, alla conoscenza, all'educazione, alla casa. E' inaccettabile che le classi dirigenti italiane possano decidere l’acquisto di 90 aerei da caccia F35 e contemporaneamente impongano, di fatto, la riduzione dei salari e delle pensioni, a causa di una pressione fiscale sempre più elevata. Per questo sono state messe in agenda quattro azioni prioritarie: - rifiuto all'appropriazione privata del vivente; - il lavoro non considerato merce, ma un diritto, al servizio della ricchezza comune; - dissociare il reddito dal lavoro; - impegno per un'Europa dei beni comuni».  

COSTRUIRE LE COMUNITÀ DEI CITTADINI
«Negli ultimi venti anni l'Italia è diventata un paese sempre meno giusto, solidale e rispettoso della diversità e dei diritti degli altri. Le indegne posizioni razziste del vicepresidente del senato Calderoli e, ancor più indegno, il fatto che egli sia rimasto membro del Senato della Repubblica Italiana, dimostrano che il nostro Paese ha superato i limiti della decenza civile collettiva. Avendo privatizzato tutti i beni comuni e mercificato tutti i servizi pubblici locali, le nostre città e i nostri comuni sono sempre meno proprietà dei cittadini e diventano sempre più aggregati di individui impegnati ad assicurare la propria sopravvivenza e i propri interessi. L'avvenire individuale e collettivo degli Italiani deve essere soprattutto comune, fondato sul principio della cittadinanza e della comunità di persone che condividono valori e progetti di un vivere insieme guardando all'interesse generale. Bisogna porre fine alle città che escludono, alle città come luoghi di recinti e di recinzioni. E' impensabile che gli Italiani, popolo di emigranti, possa continuare a chiudersi e a respingere gli immigrati. Per questo sono proposte tre azioni: - per una cittadinanza attiva; - per una cittadinanza inclusiva; - per una cittadinanza mondiale».

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