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martedì 17 giugno 2025
 
Roma & altrove
 

Diciamo no ai ghetti a luci rosse, bisogna liberare le strade

10/02/2015  La zona “a luci rosse” prevista all’Eur è ipocrita e umiliante. Il mondo cattolico unito: spezziamo il meccanismo infernale.

A Roma, a breve, su proposta di Andrea Santoro, presidente del IX Municipio, potrà nascere nel quartiere Eur, a sud della capitale, una zona a luci rosse dove la prostituzione sarà praticamente legale. Contrari all’iniziativa non solo gli esponenti dei partiti d’opposizione, ma anche parte della maggioranza. Nonostante questo il sindaco Marino, preoccupato per il decoro della sua città, assicura che vedremo la prima zona entro aprile e, per mostrare il “bene” che sta dietro a questo progetto, promette tutela e protezione per le donne che vendono il loro corpo per strada.

Il degrado delle vie dove le donne sono costrette a prostituirsi è qualcosa che dà fastidio. Ma l’idea che per porre fine a questo spettacolo sia auspicabile un “ghetto” è ipocrita. Troppa gente fa finta di non sapere che le ragazze, spesso giovanissime se non minorenni, costrette a lavorare sulla strada, sono schiave. Ipocrita è chi crede che per loro sia un beneficio continuare a esercitare un lavoro umiliante e contrario alla dignità della persona ma in un luogo “protetto”.
Queste donne vanno, invece, liberate dalla condizione in cui si trovano. E i loro aguzzini vanno perseguiti. Non aiutati a proseguire lo sfruttamento.

Chiara la posizione della Chiesa con le parole di monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma: «Se lo si vuole, la schiavitù della prostituzione può essere debellata». Legalizzarla significa «accettare l’idea che un minorenne venga sfruttato per i propri interessi. E questo è assurdo. Si permette che si utilizzino altre persone per i propri comodi senza che a nessuno importi di loro».

Grida il suo no anche l’Associazione Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, da sempre in prima fila per aiutare chi vuole uscire dal giro dello sfruttamento. Il responsabile Giovanni Ramonda condanna con fermezza la scelta dell’amministrazione romana. E rilancia, invitando ad affrontare il fenomeno come accade in altri Paesi europei: contrastando la domanda e istituendo un sistema di multe per i clienti per debellare il fenomeno: «I clienti sono di fatto i primi sfruttatori della donna, e in secondo luogo finanziatori del racket. Debellare la prostituzione è possibile, da mesi abbiamo presentato al Governo una proposta di legge per adottare in Italia il “modello nordico” che li sanziona».  Su questo il sindaco Marino, da “buon cattolico”, non ha nulla da dire?

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