Hanno le idee chiare i ragazzi di Fridays for Future, il movimento internazionale che si batte per la difesa del pianeta, per un’economia più equa, più rispettosa della terra e delle comunità che la abitano. Tra il 25 e il 29 luglio, migliaia di attivisti provenienti da tutta Euroa (con delegazioni anche da altri continenti) si sono dati appuntamento a Torino per il Climate Social Camp, un raduno dedicato proprio ai temi della sostenibilità ambientale, declinati in tantissimi ambiti e contesti. Sono stati cinque giorni intensi, segnati da incontri e dibattiti con scienziati, esponenti del mondo della cultura, ma soprattutto con testimoni diretti di ciò che il cambiamento climatico sta producendo nei vari Paesi del mondo. Venerdì 29 luglio il raduno – previsto nel 2020, poi più volte rinviato a causa della pandemia – si è concluso con un corteo che, partendo dal parco della Colletta, in periferia, dove era allestito il campeggio degli attivisti, ha raggiunto il centro di Torino per terminare in piazza Castello, cuore della città. Quello dei giovani di Fridays for Future (un migliaio i presenti alla manifestazione conclusiva) è stato un fiume pacifico, colorato, determinato e insieme festoso, allegramente disorganizzato, però anche capace di fare fronte comune. Contrassegnati dallo “sbuffo” verde dipinto sulle guance a mo’ di segno distintivo, i ragazzi hanno sfilato per la città scandendo slogan come “Another world is possibile” (Un altro mondo è possibile), ma anche rilanciando inni ereditati da altre generazioni. Uno su tutti, “Power to the people”, composto molti decenni prima che questi ragazzi (di età media tra i 20 e i 25 anni) nascessero. Al centro della manifestazione, la preoccupazione e la rabbia per gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici provocati dall’uomo, però anche la battaglia per una maggiore equità sociale, per un mondo più accogliente e aperto verso rifugiati e migranti. Nessun simbolo politico. Qua e là, qualche bandiera No Tav.
SGUARDI OLTRE GRETA
Molto si è parlato di Greta Thunberg, la giovane attivista svedese divenuta un’icona di portata mondiale. La sua presenza a Torino era stata annunciata fino a pochi giorni prima dell’inizio della manifestazione, poi, all’ultimo momento smentita “a causa di problemi logistici”. Una delusione per i partecipanti? Pare proprio di no. «Greta è un simbolo», ci hanno detto gli organizzatori del Social Camp, «però, nello stesso tempo, è anche un’attivista come tutti gli altri. E non è l’unica a non aver potuto prendere parte alla manifestazione. Pensiamo, ad esempio, ad alcuni delegati sudamericani che non hanno ricevuto il visto di uscita da parte dei propri Paesi». Più che a inseguire l’idea di un leader carismatico, il movimento sembra interessato a richiamare l’attenzione sui temi cruciali per il futuro del pianeta e dell’umanità.
IL GRIDO DEL SUD DEL MONDO
Patience è una giovane attivista ugandese, membro, dal 2018, del locale movimento Fridays for Future. «L’Africa» ha detto, «è responsabile di meno del 5% delle emissioni globali, eppure sta subendo in modo pesantissimo gli effetti del cambiamento climatico, causati, in gran parte, dal colonialismo e dall’avidità delle grandi compagnie petrolifere occidentali, che sfruttano le nostre terre e riducono allo stremo la nostra gente». «I cambiamenti climatici che voi iniziate a osservare qui in Europa» ha proseguito la giovane attivista, «noi, in Africa, li conosciamo bene. Ecco perché serve un fronte comune. Ecco perché la lotta deve avere una dimensione internazionale. Noi ci battiamo anche per voi e viceversa». Un’idea molto simile è stata espressa da Manuel, arrivato a Torino dal Guatemala. «In questi giorni ho potuto incontrare tanti coltivatori della Pianura Padana, messi in ginocchio da mesi di siccità. I loro problemi non sono diversi da quelli delle comunità indigene guatemalteche». Con una drammatica differenza, però. «Dalle mie parti, i cambiamenti climatici stanno costringendo centinaia di migliaia di persone a migrare. E chi protesta contro la corruzione dei governi e contro lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali rischia l’arresto, il carcere e talvolta la vita».
LOTTA COMUNE E SCELTE INDIVIDUALI
«Penso che l’aspetto più interessante di questi giorni sia stato lavorare sul concetto di intersezionalità» ci ha detto Lorenzo, 23 anni, studente di lettere, membro del gruppo che ha organizzato il Climate Social Camp. «La riflessione sul clima non può essere disgiunta da quella sulla giustizia sociale. Ecco perché parliamo di giustizia climatica», ci ha detto l’attivista, riprendendo, seppur con altre parole, un’idea espressa con forza da papa Francesco nell’enciclica “Laudato Si’”. «A Torino abbiamo dimostrato che anime diversissime possono unirsi e dar vita a un fronte comune, organizzato in modo orizzontale». Prossima tappa? «Un grande sciopero sul clima, in programma, in diverse città del mondo, il prossimo 23 settembre». Vittoria, 18 anni, appena diplomata (dopo l’estate si iscriverà alla facoltà di sociologia) è arrivata da Napoli. «Questi giorni mi hanno dato l’opportunità di conoscere tante realtà internazionali, dalle lotte del popolo Sharawi, nel Sahara occidentale, alle battaglie che si consumano in Kurdistan. Ma anche nella mia terra c’è molto da fare. Faccio parte di un gruppo che si batte, tra l’altro,0000 contro l’inquinamento nella terra dei fuochi». Ma, sul piano più strettamente individuale, che cosa contraddistingue i ragazzi dei Fridays for Future, rispetto agli altri? «Personalmente cerco di essere coerente con le idee in cui credo» afferma Chiara, 23 anni, torinese, studentessa di lettere. «Alla grande distribuzione preferisco i gruppi di acquisto solidale e il commercio di prossimità. Da qualche tempo sono diventata vegetariana. In città mi sposto quasi sempre in bicicletta. L’auto la uso proprio solo quando strettamente necessario, meno di una volta al mese».