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Non chiedete a Conte di essere quel che non è

02/05/2014  Da giocatore e ora da allenatore ha sempre incarnato l'animo guerriero della Juventus, lui è la striscia nera che attraversa la maglia, mentre Agnelli era quella bianca. E poi ha tante attenuanti...

Sì, sarebbe stato meglio sfoderare un po' d'umorismo. Ad esempio, ispirandosi alle vignette che pubblicarono i giornali spagnoli all'indomani di Atletico Madrid-Chelsea - nelle quali la squadra di Mourinho,  modulo "tutti dietro la palla", era stata raffigurata come un pullman piazzato a coprire interamente lo specchio della propria porta - presentarsi in conferenza stampa sulla barella che, negli ultimi 15 minuti di partita, entrava e usciva di continuo dal campo, salvo veder zampettere come un indemoniato di lì a qualche secondo il presunto moribondo... Oppure fare il verso ai giocatori del Benfica che, ogni qual volta erano chiamati a compiere quel gesto tecnico di altissima difficoltà che è la rimessa laterale, venivano colti da dubbi, dilemmi e pensieri che nemmeno il problematico Pessoa e il Nobel Saramago sarebbero mai riusciti a concepire... Oppure ancora, bruciare sul tempo i gionalisti, pronti ad accanirsi come avvoltoi sull'eliminazione, ponendo lui una domanda: "Come potrà giocare la finale il Benfica, visto che due giocatori sono stati espulsi e praticamente tutti gli altri ammoniti?"; alludendo così alla propensione al fallo degli avversari come arma di distruzione di gioco.

Il problema è che, fra le tantissime qualità di mister Conte, non compare l'arma affilata dell'ironia. Però, attitudini caratteriali a parte, il mister una bella serie di attenuanti ce l'ha, eccome. E il suo errore sta tutto nella forma della "lamentela", non certo nel merito. E sebbene il tecnico che si appresta a vincere il terzo titolo di fila (il 32°, vero?) non abbia bisogno di avvocati difensori, vale la pena riepilogare le motivazioni all'origine del suo sfogo.

1) Risponde al vero che, nel complesso delle due partite la Juve si è mostrata superiore e quindi avrebbe meritato la finale
2) Nella gara di Torino, il Benfica, tolti i primi dieci minuti, ha badato a distruggere il gioco altrui più che a
costruire, ricorrendo spesso e volentieri al fallo
3) All'andata, poi, i due gol sono stati generati da due errori dei giocatori della Juve che, per 60 minuti buoni, hanno comandato il gioco
4) La tensione era comunque altissima, per la posta in gioco, ma anche per il clima di sospetto che i lusitani avevano provveduto ad alimentare, denunciando una presunta pressione della Juve per la prova Tv contro un loro giocatore: ricorso che, parlano i fatti, mai è stato inoltrato
5) Il sorridente arbitro inglese ha tollerato troppo, danneggiando chi cercava il gioco: si è giocato per 48 minuti, contro una media di 60
6) La perdita di tempo nell'ultima parte di partita è stata imbarazzante
7) Il rigore per la Juve c'era: si leggano i commenti degli esperti a bocce ferme
8) Non va dimenticato che Juventus-Benfica arriva dopo la beffa del campo imbiancato di Istanbul...

Quindi, se il mister in conferenza stampa ha dato sfogo all'amaro che aveva dentro e non ha saputo mettere in campo l'ironia, va capito e perdonato. Certo, se avesse avuto più lucidità, si sarebbe mostrato superiore agli avversari anche fuori dal campo, ma così a caldo, a pochi minuti da una cocente e ingiusta delusione, non si può pretendere che un sanguigno come Conte diventi improvvisamente un intellettuale riflessivo.

Anche perché, se proprio vogliamo chiamare in causa l'antropologia, va detto che nell'animo juventino alberga sì lo spirito aristocratico e sottile, così ben incarnato da Gianni Agnelli, ma anche la grinta, l'impegno, la passione: la Juventus è bianca e nera. E non possiamo pretendere che Conte, il combattente che ha magnificamente incarnato the dark side della maglia e del cuore, prima come giocatore e ora come allenatore, si trasformi nel suo opposto dopo una sconfitta del genere. Lui è nero dentro, figuriamoci dopo questa sconfitta sotto la pioggia.

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