Sempre più demoralizzante e nero il panorama che esce dall’ultima fotografia dell’Istat sul nostro Paese. Che appare sempre più come una società di anziani (al 1 gennaio 2017 la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22%, collocandoci al livello più alto nell'Unione Europea), superando anche la Germania che per anni è stata ai vertici della classifica. Per spiegarlo in cifre, sono 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni; gli ultraottantenni sono 4,1 milioni. Continua, poi, inesorabile la diminuzione delle nascite: il saldo naturale (cioè la differenza tra nati e morti) segna nel 2016 il secondo maggior calo di sempre (-134mila), dopo quello del 2015. l'Italia, secondo gli esperti è quindi un paese con il più basso peso delle nuove generazioni. Nell'ultimo decennio, dal 2008 al 2017, la popolazione residente di età compresa tra i 18 e i 34 anni è diminuita di circa 1,1 milioni (passando da 12 a 10,9 milioni). Una tendenza attenuata solamente dal contributo positivo dei cittadini stranieri.
Questi giovani, non solo sono numericamente pochi, ma sono anche costantemente in lotta con la ricerca o la stabilizzazione del lavoro o con redditi talmente bassi da essere costretti a vivere in casa con i genitori. Quasi sette “under35” su dieci (68,1% dei coetanei), infatti, vivono con la famiglia di origine. Si tratta, riporta l’Istat, di 8,6 milioni di individui. E anche se calano i Neet, acronimo inglese che riguarda i giovani tra i 15 e i 29 anni che “non lavorano e non studiano” (not in education, employment or training), che risultano scesi a 2,2 milioni nel 2016 (scendendo a 24,3%, dal 25,7% dell'anno precedente), purtroppo rappresentano ancora la quota più elevata tra i paesi dell'Unione.
Per quanto riguarda, poi, il titolo d'istruzione come base per migliorare le proprie possibilità nella ricerca del lavoro e nel “balzo” in avanti della scala sociale, dai dati Istat sembra essere più che mai una questione d'eredità: il 40% dei figli in famiglie con un livello d'istruzione basso non va oltre la licenza media e poco più di uno su dieci riesce a ottenere un titolo universitario. Hanno, invece, solo la licenza media meno del 4% dei figli di laureati, i quali, d’altra parte, hanno un titolo di studio universitario in oltre il 60% dei casi. In pratica appare chiaro che la famiglia d'origine condiziona molto la professione dei giovani: l'incidenza degli italiani tra i 15 e i 34 anni che svolgono una professione qualificata varia da un minimo del 7,4% per chi proviene da una famiglia a basso reddito con stranieri fino ad arrivare al 42,1% nei gruppi delle pensioni d'argento e al 63,1% in quello della classe dirigente.