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giovedì 07 novembre 2024
 
 

Elisabetta II, professione regina

04/06/2012  E' fredda, molto formale e porta cappellini sbagliati. Ma se la monarchia inglese è ancora viva e popolare è tutto merito suo.

Non si può dire che Elisabetta II d’Inghilterra sia cresciuta ignorando il proprio futuro o sentendosi libera di sceglierlo. Quando aveva dieci anni, nel 1936, contro le previsioni alla nascita suo padre divenne re con il nome di Giorgio VI, perché il fratello maggiore Edoardo VIII aveva preferito l’amore per la pluridivorziata Wallis Simpson alla corona britannica, che aveva cinto per soli 325 giorni.

Così Elizabeth detta Lilibeth, ancora bambina seppe che un giorno sarebbe stata regina, e la sua educazione fu impostata in vista di quel giorno. Ora che è arrivata alla veneranda età di 86 anni, con immutato senso del dovere Elisabetta II si prepara insieme con i suoi sudditi alla non stop di festeggiamenti per i 60 anni di regno a partire dal 2 giugno, per quel Giubileo di Diamante che solo la regina Vittoria riuscì a celebrare prima di lei in tutta la storia dei sovrani inglesi. Non ha mai rilasciato un’intervista in vita sua, ma una delle poche frasi che le vengono attribuite con sicurezza è: «Io non faccio un mestiere da cui ci si può dimettere». Tenuto conto che la madre è morta a 101 anni, potremmo vedere ancora a lungo Elisabetta a capo della più importante e gloriosa monarchia d’Europa.

Gli inglesi non si sono stancati degli oltre sessant’anni sotto il regno di “Her Majesty”: la regina fu incoronata ufficialmente il 2 giugno 1953, ma era entrata nei suoi poteri il 6 febbraio 1952, subito dopo la morte del padre.
Aveva 25 anni, era già sposata e madre di due figli. Oggi i sondaggi dicono che l’80 per cento dei sudditi la approva: «Gode di grande affetto popolare», sottolinea Enrica Roddolo, giornalista e scrittrice che conosce profondamente le monarchie europee. A Elisabetta II e ai Windsor sono dedicati buona parte dei suoi libri più recenti: Dio salvi le regine (Tea) e il prossimo Invito a corte (Vallardi). Aggiunge: «Il merito è delle qualità di questa donna all’apparenza minuta e delicata, ma in realtà dotata di un carattere d’acciaio, probabilmente temprato negli anni della Londra post bellica. Elisabetta II è stata un esempio di dedizione al proprio lavoro di sovrana: un senso del dovere che ha conquistato nel tempo la fiducia degli inglesi. È stata anche una paladina della britannicità in un’epoca spesso dimentica dei grandi valori della tradizione e della storia».

Due sono stati i momenti più bassi nella popolarità della monarchia. Il 1992, che la stessa Elisabetta definì «annus horribilis» per la separazione tra l’erede al trono Carlo e la moglie Diana e per l’incendio all’amato castello di Windsor. E il 1997, dopo la terribile morte di Diana nell’incidente sotto il ponte dell’Alma a Parigi. L’iniziale freddezza della regina contrapposta al cordoglio di un popolo intero le stava costando moltissimo in termini di affetto popolare.

Entrambe le volte la sovrana ha saputo recuperare. Le polemiche per le ingenti spese necessarie al restauro del castello di Windsor, la spinsero l’anno successivo a un accordo fiscale in base al quale, da quel momento in poi, avrebbe pagato le tasse. E gli accorti consigli di Tony Blair nel ’97 fecero sì che esponesse a Buckingham Palace la bandiera a mezz’asta in segno di lutto per Diana e chinasse brevemente il capo al passaggio del suo feretro.
Insieme al discorso regale ma sufficientemente commosso che aveva dedicato alla ex nuora, così poco compatibile con lei da viva, furono gesti simbolici che la riavvicinarono alla gente. Se sono in buona parte simbolici i poteri di una sovrana che regna ma non governa, svolgerli con competenza e dignità è sempre stato per Elisabetta II un lavoro a tempo pieno. È regina non solo della Gran Bretagna ma dell’intero Commonwealth, che comprende anche Paesi importanti come Canada, Nuova Zelanda e Australia. È capo delle Forze armate e della Chiesa anglicana, e chi la conosce bene assicura che la sua fede è autentica e profonda. In sessant’anni di regno ha visto passare 12 Primi ministri, ha accompagnato il suo Paese nel declino post imperiale, ha retto le rotture familiari di tre figli su quattro e ha bilanciato con il suo aplomb le gaffe del marito Filippo di Edimburgo. Benché sempre i bene informati assicurino che Elisabetta possiede in proprio un grande senso dell’umorismo.

Che cosa le è stato rimproverato, soprattutto? I cappellini, e un’esteriore freddezza di sentimenti.
Precisa Enrica Roddolo: «Quando si pensa a questa apparente freddezza, non bisogna mai dimenticare che è cresciuta in tempo di guerra, abituata alle asprezze di quei frangenti. Ed è stata educata a un distacco oggi forse incomprensibile, ma allora ineludibile per una figlia di re. Non avrà fatto sognare le platee del mondo, ma Elisabetta è troppo intimamente e tradizionalmente inglese per aver mai pensato di conquistare la gente a colpi di copertine. Voleva meritarsi il titolo di regina, e il rispetto e la stima che la circondano dimostrano che ce l’ha fatta».

 
 
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