Stretti in un forte abbraccio, tra urla e pianti inconsolabili. Li hanno recuperati così i tre piccolissimi fratellini siriani scampati alla tragedia di Lampedusa dell’11 ottobre scorso. I loro genitori non ci sono più e alla società spetta il compito di occuparsene, garantendo i loro diritti di base: l’accoglienza in una comunità, la possibilità di essere adottati e di vivere all’interno di una famiglia con un padre e una madre, ricevere un’adeguata istruzione e un’attenta cura sanitaria, poter usufruire dei servizi di assistenza e di ricreazione per lo sviluppo sociale. Queste sono le garanzie fondamentali per cui oggi si celebra la Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e adolescenza. Uno sguardo sull’attualità ci aiuta a fare il punto sulla condizione infantile e adolescenziale e a sottolineare quanto spesso, ai nostri giorni, i diritti dei più piccoli vengano puntualmente disattesi.
MORTALITÀ INFANTILE. Accanto ai fratellini siriani, vi sono numerosi bambini ancora più sfortunati. A testimoniare questa triste realtà l’ultimo rapporto di Save the Children Italia, Mondi dispari. Ridurre le disuguaglianze per combattere la mortalità infantile, pubblicato lo scorso 21 settembre. I dati sono agghiaccianti: oltre 6 milioni di bambini muoiono ancora ogni anno nel mondo, 1 milione nel primo giorno di vita. 26 sono i Paesi in cui si concentra l’80% delle morti infantili: la maggior parte in Asia Meridionale e Africa Subsahariana. 15 volte più alta è la probabilità di non sopravvivere che minaccia i bambini sotto i 5 anni in Africa Subsahariana, rispetto a un bambino nato in un Paese ad alto reddito. Il 44% delle morti infantili avviene nel periodo neonatale, di cui il 40% in tre Paesi: India, Nigeria e Pakistan. Oltre 3 milioni di bambini muoiono oggi per malnutrizione, pari a oltre il 45% di tutte le morti infantili che si verificano ogni anno nel mondo. E 162 milioni di bambini in tutto il mondo soffrono di malnutrizione cronica. Ben il 97% vive in Paesi in via di sviluppo.
ABBANDONO SCOLASTICO. Decisamente scoraggianti anche i dati internazionali sulla frequenza scolastica. Nonostante l’obbligatorietà formale, sono ancora molti i bambini che non vanno a scuola. «Malgrado le tendenze globalmente positive nel corso dell’ultimo decennio», si legge nel Rapporto Unesco (Recueil de données mondiale sur l’éducation 2012. Opportunités perdues : Impact du redoublement et du départ prématuré de l’école), «la diminuzione del numero dei bambini non scolarizzato ha cominciato a rallentare a partire dal 2005 e questo numero stagna ora attorno ai 61 milioni. Questa stagnazione a livello mondiale si spiega in gran parte per le tendenze in atto nell’Africa sub sahariana, dove il numero di bambini non scolarizzati è passato dai 29 milioni ai 31 milioni nel 2010». Molti progressi invece sono stati fatti nelle zone del Sud e dell’Ovest dell’Asia dove la quota dei minori non scolarizzati è passata dai 40 milioni nel 1999 a 13 milioni nel 2010. Tuttavia, secondo le stime internazionali circa il 47% dei bambini non scolarizzati, cioè 28 milioni di persone, non entreranno mai a scuola; il 26% invece l’ha lasciata prematuramente. «Negli Stati arabi, nell’Asia centrale, meridionale e occidentale, così come nell’Africa sub shariana, quasi metà degli bambini non scolarizzati non entreranno, verosimilmente, a scuola. Nell’Europa centrale e orientale, in America latina e nei Caraibi, ma anche nell’America del Nord e nell’Europa occidentale, la maggior parte dei minori non scolarizzati entreranno a scuola tardivamente. Nell’Asia orientale e nel Pacifico, ma anche in parte dell’Asia meridionale e occidentale, una grande porzione di bambini lascia la scuola prematuramente».
MADRI BAMBINE. Un destino non meno crudele sembra incombere sulle bambine costrette a sposarsi e a diventare madri in tenera età. Secondo il recente Rapporto del Fondo delle Nazioni unite per la popolazione, Madri bambine: affrontare il dramma delle gravidanze tra le adolescenti, si stima che ogni giorno, nei Paesi in via di sviluppo, siano circa 20 mila le ragazze sotto i 18 anni che mettono al mondo un figlio, ovvero 7,3 milioni all’anno. Di queste, quasi 2 milioni hanno meno di 15 anni. Se poi dovessimo includere tutte le gravidanze, anche quelle che si interrompono, il numero è destinato a salire vertiginosamente. Questo perché il corpo di una bambina o di una preadolescente non è pronto ad affrontare uno sforzo simile. E così, ogni anno, a causa di complicazioni legate alla gravidanza, perdono la vita quasi 70 mila adolescenti. Senza contare che all’incirca 3,2 milioni sono gli aborti a rischio. Il 95% delle nascite da madri bambine si verifica nei Paesi in via di sviluppo, dove si concentra l’88% di tutta la popolazione giovanile. Ma anche alle ragazze occidentali può capitare di restare incinte: ce ne sono 680 mila ogni anno, metà delle quali vivono negli Stati uniti. Alla base di questo fenomeno possono rintracciarsi moltissime cause: la povertà, la mancanza di educazione e, soprattutto, un più profondo e generale problema culturale. Da una parte riguarda le comunità e l’incapacità di riconoscere alle ragazze pari dignità e diritti dei ragazzi, e dall’altra le giovane stesse, non formate a coltivare la stima di sé.
PROSTITUZIONE IN ADOLESCENZA. Al versante opposto, non possiamo ignorare il dramma sociale e culturale (non solo italiano) delle “baby prostitute” (o “ragazze-doccia”) consumatosi nelle scorse settimane tra il quartiere Parioli di Roma e alcuni istituti scolastici milanesi. Forse si tratta di bambine cresciute troppo in fretta, vittime dell’assenza di figure adulte di riferimento. Ma anche assoggettate ai dettami di una società (come quella attuale) che impone loro con forza di essere prima di tutto un “corpo”. Bello, attraente e sinuoso, esposto, al pari di una merce, nelle vetrine virtuali della Rete. Un corpo che permette di ottenere risultati di un certo tipo: dalle ricariche per il telefonino, agli i-pod fino a fiumi di denaro, abiti e accessori costosi, aperitivi di lusso e droghe. Un vortice di finta libertà dal quale le ragazze sono state travolte. E senza esserne consapevoli del tutto. La loro disinibizione sessuale, infatti, può accostarsi alla loro profonda immaturità. Solo apparentemente si dimostrano capaci di pensare e progettare: in realtà non sono in grado di riflettere e dare peso a quello che fanno. Sotto questo atteggiamento si cela una sorta di “anestesia emotiva”: le adolescenti mettono da parte i sentimenti, si comportano cinicamente e, in questo modo, fanno violenza a loro stesse esponendosi allo sfruttamento.
BAMBINI DI GENITORI SEPARATI E DIVORZIATI. Da ultimo (ma non per minore importanza), chiude questo scenario la difficile condizione nella quale vengono a trovarsi i bambini “figli” di genitori separati e divorziati. L’ultimo Report Istat (2013) sui matrimoni e divorzi in Italia, segnala che nel corso del 2011 le separazioni sono state 88.797 e i divorzi 53.806. A concludere drasticamente la loro relazione sono soprattutto coppie con figli. È il caso del 72% delle separazioni e del 62,7% dei divorzi. In particolare, il 90,3% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso, modalità ampiamente prevalente dopo l’introduzione della legge 54/2006. Tuttavia, non tutte le coppie trovano un accordo soddisfacente per la cura dei figli. Basta riportare alla memoria l’episodio del bambino di Cittadella (Padova), sottratto con forza alla madre per essere trasferito in una struttura di accoglienza. Un caso che ha fatto molto discutere, soprattutto a causa del violento duello accesosi tra la coppia genitoriale e delle amare conseguenze ricadute sul bambino. Che colpa hanno i più piccoli nelle lotte che riguardano gli adulti? Si considerano gli effetti sul loro sviluppo emotivo? Il dibattito è ancora aperto e non mancano gli interventi a favore dell’intero nucleo familiare.
Dati, rapporti e casi di cronaca “estremi”, come quelli appena citati, rimettono in gioco la delicata e dibattuta questione della protezione, della tutela e del rispetto dei bisogni dei bambini. Questione che trova nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia l’inquadramento giuridico più efficace ed esaustivo al momento disponibile. Tuttavia, l’importanza di questi diritti è tale da sollevare un interesse di approfondimento e, allo stesso tempo, una ricerca di soluzioni adeguate ai problemi che si affacciano quotidianamente nei contesti sociali e che vedono spesso i più piccoli quali vittime di incuria, abbandono, violenza, malattia, trascuratezza e oggetto di accese contese tra genitori in via di separazione. Questo il senso della giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che si celebra oggi, 20 novembre 2013.