Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 04 ottobre 2024
 
IL PUNTO
 

Dirottamento aereo in Bielorussia, le follie di "babbo" Lukashenko

26/05/2021  Un volo Ryanair da Atene diretto a Vilnius (quindi: europeo) viene dirottato sopra Minsk per arrestare un oppositore politico. Dietro al pasticcio che ha fatto arrabbiare l'Ue, la lunga storia di equilibrismi e azzardi geopolitici di un Paese a metà tra Nato e Russia. Che per metterci una pezza forse non ha fatto un affare (l'analisi di Fulvio Scaglione)

Roman Protasevich, il dissidente arrestato a Minsk che si trovava a bordo del volo Ryanair dirottato. In alto: il presidente Aleksandr Lukashenko (foto Reuters)
Roman Protasevich, il dissidente arrestato a Minsk che si trovava a bordo del volo Ryanair dirottato. In alto: il presidente Aleksandr Lukashenko (foto Reuters)

Può sembrare strano ma per arrischiare una lettura dell’incredibile dirottamento di Stato messo in atto dalla Bielorussia per catturare un giornalista dissidente (e di simpatie e frequentazioni neo-naziste), bisogna fare un salto indietro nei secoli. Perché capire che cosa sia, dentro, la Bielorussia è meno facile di quel che sembra. Terra di passaggio e di confine, fu abitata da tribù baltiche, poi da tribù slave. Poi vennero i principati di Polack e Turau, parte della Rus’ kieviana e cristiana, a loro volta insidiati dai tatari dell’Orda d’Oro, che finirono per insediarsi da queste parti. Ancora più tardi (tra il Quattordicesimo e il Sedicesimo secolo) questa parte di mondo entrò nel Granducato di Lituania, che a sua volta si fuse con la Polonia. Per finire inglobata a fine Settecento, con la spartizione della Polonia, nell’impero russo zarista.

Terra di confine e di passaggio, insomma, la Bielorussia. Tanto che per lunghissimo tempo i bielorussi, per autodefinirsi, hanno usato l’espressione tutejshy, ovvero “quelli del posto”, “quelli di qui”. Né questo né quello. Al punto che una vera definizione del territorio bielorusso in pratica arrivò solo nel 1922, quando la Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia partecipò, con le gemelle Ucraina, Transcaucasica e Russa, alla fondazione dell’Unione Sovietica.

Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo in carica, ha dichiarato al vertice UE: "Non tolleriamo che si giochi alla roulette russa con la vita dei civili". L' Ue ha adottato sanzioni contro la Bielorussia, tra cui il divieto per le compagnie aeree bielorusse di volare nello spazio europeo (foto Ansa)
Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo in carica, ha dichiarato al vertice UE: "Non tolleriamo che si giochi alla roulette russa con la vita dei civili". L' Ue ha adottato sanzioni contro la Bielorussia, tra cui il divieto per le compagnie aeree bielorusse di volare nello spazio europeo (foto Ansa)

RUSSIA POST-SOVIETICA E DINTORNI: COSA VUOL DIRE  L'"ESTERO VICINO" PER LA BIELORUSSIA

Quando l’Urss andò in malora, la Russia post-sovietica cercò di rimediare alla fine dell’impero dotandosi di una nuova concezione strategica, quella del cosiddetto “estero vicino”, che identificava una serie di Paesi (in sostanza, le ex Repubbliche sovietiche) per dire che su di essi Mosca pensava di avere un interesse particolare e specifico, una specie di diritto di prelazione. È in questo clima che nasce la stella di Aleksandr Lukashenko, da 27 anni padrone assoluto della Bielorussia. Economista e agronomo, diventa deputato nel 1990. Nel 1994 trionfa alle elezioni presidenziali con l’80% delle preferenze (senza brogli) offrendo agli elettori due parole d’ordine: lotta alla corruzione e no alle privatizzazioni e alle politiche shock di mercato che in quegli anni vengono applicate in molte parti dell’ex impero sovietico, a cominciare dalla Russia.

SCOMMESSE E SUCCESSI DEL BATKA LUKASHENKO

Bisogna dire che in quei due campi Lukashenko ha mantenuto le promesse. La Bielorussia non è il Paese corrotto che vediamo in altre parti (la vicina Ucraina, per fare solo un esempio) e un certo relativo benessere è diffuso in modo omogeneo. Controcorrente e a suo modo audace, bisogna dirlo: nel 1995 il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale sospendono i finanziamenti alla Bielorussia proprio perché Lukashenko rifiuta le riforme che loro chiedono. È solo il primo degli scontri che Batka (babbo, a lui piace farsi chiamare così) ingaggia con l’Occidente. Per dire: nel 1988 fece espellere dalle residenze di Minsk gli ambasciatori di Italia, Francia, Germania, Giappone, Usa, Regno Unito e Grecia che, a suo dire, complottavano contro di lui. Nel 1998 la Bielorussia fu espulsa dal Fondo Monetario Internazionale e nello stesso anno il Comitato olimpico decise di togliere agli atleti bielorussi tutte le medaglie ottenute alle Olimpiadi invernali di Nagano.

Lukashenko, però, si è sempre potuto permettere certi scontri, perché ha sempre avuto alle spalle la Russia che, in omaggio appunto alla teoria del suo “estero vicino”, ha sempre cercato di impedire che la Bielorussia prendesse la via dei Paesi baltici, scivolando sempre più verso Occidente e nell’orbita degli Usa e della Nato. Lukashenko lo sapeva e ha sempre gestito da gran furbone questo rapporto. In teoria, la piccola Bielorussia (9 milioni di abitanti), completamente dipendente da Mosca per i rifornimenti energetici, avrebbe dovuto essere grata e sottomessa alla grande Russia. In pratica, è successo quasi sempre il contrario. Di fatto, la Russia ha tenuto in piedi l’economia bielorussa, fornendo gas a prezzi di favore e petrolio a basso costo, che le raffinerie bielorusse lavorano in parte per il mercato interno e in parte ancora maggiore per il mercato mondiale, dove lo rivendevano a prezzo pieno. Per non parlare dello sfogo offerto all’export della buona industria manifatturiera del Paese.

Così Batka ha alternato sapientemente momenti di grande vicinanza a Mosca (come alle elezioni del 2001, sua prima riconferma), quando l’ipotesi di una federazione tra i due Paesi sembrava quasi cosa fatta, ad altri di brusco allontanamento. Come alle elezioni del 2015, quando ottenne il quinto mandato consecutivo proprio all’insegna dell’identità nazionale e del rifiuto della sudditanza al vicino russo.

Facile capire perché: l’anno prima c’era stata in Ucraina la cosiddetta “rivoluzione di Maidan”, Putin si era ripreso la Crimea e aveva puntato sul separatismo del Donbass. Lukashenko temeva sia un’insurrezione interna come quella che aveva cacciato il presidente Yanukovich da Kiev, sia un intervento esterno da parte di un Cremlino ormai stufo delle sue bizze. Era il periodo in cui in Bielorussia arrivavano politici americani (Mike Pompeo, segretario di Stato con Donald Trump) e petrolieri del Golfo Persico, come ad ammonire la Russia: che ti credi, abbiamo tanti altri amici.

LUKASHENKO AL SESTO MANDATO, SEMPRE PIÙ ISOLATO. L'ULTIMA GIRAVOLTA?

Quando parliamo di elezioni in Bielorussia, dobbiamo tenere presente una cosa: la prima fu pulita, la seconda con qualche dubbio. Poi, solo voti contestati dalle opposizioni che denunciavano brogli e disconosciuti dall’Osce, che giudicava non rispettati i basilari criteri di legalità e trasparenza. Con questo si arriva al 2020, sesto mandato per Lukashenko. Prima del voto, una serie di provvedimenti (primo fra tutti l’arresto del banchiere Babariko, alto dirigente di Gazprom e candidato favorito da Mosca) elimina tutti gli eventuali rivali di Batka. Che ovviamente vince, al prezzo però di mesi e mesi di manifestazioni popolari in tutto il Paese e della definitiva emarginazione rispetto all’Europa e al resto della comunità internazionale. A quel punto, Lukashenko fa una delle sue giravolte e torna a essere il miglior amico di Mosca. E il Cremlino, nel timore del solito scivolamento verso Ovest della Bielorussia, lo riaccoglie: promette aiuto anche militare in caso di bisogno, graziosamente fornisce 9 miliardi di nuovi prestiti, lo spalleggia in ogni modo. Anche quando il Presidente, ormai palesemente bollito e fuori controllo, compie la follia di dirottare un aereo Ryanair (compagnia irlandese, quindi Ue) che vola da Atene a Vilnius (cioè tra due capitali della Ue) per mettere le mani su Roman Protasevich, un giornalista che era stato tra i fondatori del canale di opposizione Nexta, che aveva combattuto in Ucraina nel famigerato Battaglione Azov (disconosciuto persino dal Congresso Usa) ma che era da tempo in esilio in Polonia e quindi non presentava una minaccia insostenibile per il regime di Kiev.

Resta da vedere quel che potrà ancora succedere. Le proteste interne in parte si sono spente e in parte sono state soffocate. Ma l’isolamento internazionale, politico ed economico, della Bielorussia è quasi totale. È ovvio che Lukashenko non ha futuro ma molto meno scontato è come potrà ancora influire sul corso degli eventi. La Bielorussia è matura per cadere nel cesto russo sotto forma di Paese confederato, di fatto assorbito? Lukashenko troverà la forza per un’ennesima piroetta? Resta il fatto che ora la Russia, coprendo anche il dirottamento aereo, si è resa di fatto responsabile anche per le azioni di Lukashenko. E non è detto che sia un affare.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo