I nostri figli adolescenti ci propongono spesso serie tv interessanti, che mio marito e io ci guardiamo molte volte con piacere. Mi ha molto colpito di recente la serie di Netflix intitolata Tutto chiede salvezza, che racconta la storia di un ventenne che viene ricoverato in ospedale psichiatrico con un trattamento obbligatorio a causa di un violento attacco di rabbia. Un ragazzo con una vita tutto sommato normale con i suoi coetanei, e due bravi genitori, che manifesta una profonda sensibilità e in fondo cerca un senso alla sua vita, così come gli altri ricoverati nel reparto con lui. Mi ha colpito soprattutto la descrizione del disagio profondo di un giovane che, senza motivi apparenti, sente piano piano il bisogno di guardare dentro di sé e capirsi più a fondo, aprendosi anche agli altri che come lui soffrono e sono ricoverati. Vorrei un suo parere. CAROLINA
— Cara Carolina, ho visto la serie e mi ha fatto riflettere. Tratta da un libro autobiografico di Daniele Mencarelli, che ha vinto pochi anni fa il Premio Strega Giovani, pone l’attenzione su quel malessere psichico dei giovani di cui si parla molto, specialmente dopo il Covid, ma che spesso si sottovaluta. Come dici nella tua lettera, è una profonda domanda di significato, che attraversa molte delle manifestazioni giovanili: dal rap all’uso massiccio di alcol e stupefacenti, dalla fuga nel mondo virtuale del Web al diffuso astensionismo elettorale. Una domanda a cui noi adulti non possiamo rispondere con le nostre certezze prefabbricate, ma dobbiamo ascoltare con sensibilità, magari per condividere con loro la ricerca.
Quando, poi, questa domanda si esprime nel disagio psichico, dobbiamo sempre riconoscere la necessità che i ragazzi si curino. Con i farmaci, quando occorre, sapendo che le medicine aiutano a non stare male, e in molti casi sono necessarie, ma anche che non possono da sole far stare bene. Per stare bene occorre che i ragazzi facciano un viaggio in sé stessi, per guardarsi dentro e poter incominciare a capire meglio come funziona la propria mente. Per ascoltare più in profondità la voce delle emozioni e dei sentimenti.
Per non restare prigionieri di certi pensieri che bloccano la loro capacità di entrare nella vita e affrontarne le sfide. Per connettere il loro mondo mentale con quanto la realtà propone loro, e poter così cogliere le opportunità che la vita offre. Per potersi fidare di nuovo di sé stessi e degli altri e creare legami veri con le persone. Il disagio psichico fa paura, perché esprime un dolore che molte volte ci fa sentire impotenti. Ma è una richiesta esigente che ci viene da ragazzi sensibili e profondi, perché abbandoniamo ogni giudizio e pregiudizio e con pazienza e attenzione camminiamo insieme. Fa bene a loro, ma lo fa anche a noi.