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giovedì 24 aprile 2025
 
 

Disarmo nucleare: “Italia, perché non firmi?”

01/11/2013  La Nuova Zelanda ha rilanciato alle Nazioni Unite la cosiddetta “Iniziativa Umanitaria” per chiederne la messa al bando. Vi hanno aderito 103 Stati. Un vero record. Il nostro Paese no.

Nel mondo, ci sono ancora 19.000 testate nucleari in possesso di nove Paesi (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, India, Pakistan, Israele, Corea de Nord), ma concentrate al 90% negli arsenali statunitensi e russi. «Ciò continua a rappresentare una minaccia per l’intera umanità, che non ha ancora trovato nei due grandi trattati TNP (Trattato di non proliferazione) e CTBT (Trattato sul Bando Totale degli Esperimenti Nucleari) una risposta risolutiva alla sfida atomica», spiega Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo e partner della “Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari” (ICAN). «Finché alcuni Paesi continueranno ad avere tali armi, anche altri potranno aspirare a possederle e la potenziale proliferazione nucleare perdurerà a rendere più insicuro il nostro mondo».

È di questi giorni la notizia che la Nuova Zelanda ha rilanciato alle Nazioni Unite la cosiddetta “Iniziativa Umanitaria” per chiedere la messa al bando delle armi nucleari. Di cosa si tratta? Della quarta di una serie di dichiarazioni congiunte sul disarmo nucleare che diversi Paesi hanno lanciato in sede internazionale dopo lo stimolo iniziale della Croce Rossa.

La prima è stata la Svizzera, che nel 2012 presentò la “Dichiarazione congiunta sulla dimensione umanitaria del disarmo nucleare”, durante la prima sessione del comitato preparatorio per il Riesame del Trattato di non proliferazione, che si terrà nel 2015. Raccolse l’adesione di 16 Stati, tra cui la Santa Sede, che diventarono 35 a ottobre dello stesso anno. Ad aprile 2013, è stato il Sud Africa a presentare la “Dichiarazione congiunta sull’impatto umanitario delle armi nucleari”: con 80 Stati firmatari, l’Iniziativa Umanitaria è diventata la dichiarazione monotematica con il maggior numero di adesioni nell’intera storia del TNP.

Hanno aderito sei Paesi dell'Unione Europea, ma non l'Italia

Dopo il Paese elvetico e quello africano, è ora il turno della Nuova Zelanda nel rilanciare l’iniziativa. Già 103 Stati hanno aderito, un vero record. Manca però la firma dell’Italia, come anche nei due anni passati.

È per questo che la Rete Italiana per il Disarmo (a cui aderiscono oltre 30 realtà della società civile) e Beati i costruttori di Pace hanno scritto al ministro Emma Bonino e al Vice Ministro Pistelli per chiedere che anche l’Italia sostenga questo percorso. Tra gli Stati che ad oggi hanno aderito alla “Iniziativa Umanitaria”, ci sono già sei membri dell’Unione Europea (Irlanda, Austria, Cipro, Danimarca, Lussemburgo, Malta).

Nella lettera, si sottolinea come «l’Italia ha una lunga tradizione di sostegno e promozione di iniziative multilaterali a favore del disarmo» e che quindi dovrebbe «affermare, in sintonia con le aspettative della stragrande maggioranza degli italiani, che si impegnerà per garantire che tali armi non vengano mai più usate». Inoltre, le associazioni chiedono al Governo di confermare la volontà di partecipare alla prossima Conferenza sull’Iniziativa Umanitaria in Messico (a Nayarit, febbraio 2014).

È un modo anche di rilanciare il ruolo delle Nazioni Unite, come sottolinea Lisa Clark di Beati i costruttori di Pace e dell’International Peace Bureau (Premio Nobel per la Pace 1910): «Impedire che potesse avvenire una nuova catastrofe umanitaria dopo Hiroshima e Nagasaki è stato fin dall’inizio un impegno della neonata Onu: la prima risoluzione del gennaio 1946 esprimeva già tutta la preoccupazione della Comunità internazionale sull’uso delle armi nucleari».

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