Cari amici lettori, ogni anno celebriamo la solennità di Tutti i santi, gli “amici di Dio” che sono arrivati a somigliare a Gesù, ad avere i suoi tratti (cfr. Romani 8,29). Ma nel nostro immaginario i santi sono sempre “altri”: san Francesco, sant’Antonio, santa Rita, magari i tanti santi nascosti “della porta accanto”… E se i santi fossimo noi? Non è una battuta a effetto, ma è invece proprio ciò che ci dice la Chiesa: tutti siamo chiamati alla santità, cioè «alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità» (Lumen gentium n. 40). La santità non è per alcuni “specialisti” o per qualche eroe solitario, isolato dal mondo e dedito solo alla preghiera. No, tutti noi battezzati siamo chiamati alla santità. Ma in che modo?
Le parole di papa Francesco in una udienza del 2014 ci aiutano a rileggere la santità, non come una condizione inaccessibile ai più o distante dalle occupazioni quotidiane, ma al contrario come una realtà che è possibile vivere in questo mondo: «È proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi».
Ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova: «Tu sei consacrato/a? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli». E così via.
Papa Francesco ha dedicato al tema della «santità nel mondo contemporaneo» una esortazione apostolica, Gaudete et exsultate, nel 2018. Vale la pena rileggerla. Indica le Beatitudini, come da tradizione della Chiesa, come via maestra. Assume oggi particolare rilevanza la riflessione sulla beatitudine riservata agli operatori di pace, che «ci fa pensare alle numerose situazioni di guerra che si ripetono» (n. 87). Come non pensare qui agli sforzi sotterranei della diplomazia vaticana per favorire la fine delle ostilità in Ucraina? Lo stesso papa Francesco di recente, come documenta Nello Scavo in un articolo su Avvenire del 21 ottobre, si è adoperato con l’ambasciatore russo per lo scambio di un cospicuo numero di prigionieri russi e ucraini: un tenue segnale di speranza per una prima ipotesi negoziato. In questa direzione va anche l’iniziativa della “marcia per la pace” che avrà luogo a Roma il 5 novembre, perché si arrivi a una pace “giusta” (che non sia il semplice avallo delle pretese degli aggressori).
Francesco indica anche altre caratteristiche della santità particolarmente rilevanti oggi in relazione al tempo in cui viviamo (nn. 112-157): sopportazione, pazienza e mitezza; gioia e senso dell’umorismo; audacia e fervore; “in comunità”; in preghiera costante. A proposito di quest’ultima scrive: «Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio. È uno che non sopporta di soffocare nell’immanenza chiusa di questo mondo, e in mezzo ai suoi sforzi e al suo donarsi sospira per Dio, esce da sé nella lode e allarga i propri confini nella contemplazione del Signore». È da qui che può sorgere la “differenza cristiana” che siamo chiamati a testimoniare in mezzo agli altri.