«Ho fatto un corso di
nouvelle cuisine in versione italiana, ma la passione per
questo lavoro è nata in famiglia: anche i miei genitori lavoravano
in un bar». Lara, 32 anni, è una degli otto giovani con sindrome di
down che da luglio lavorano alla “Locanda alla Mano”, un luogo di
ristoro nel Parco Sempione di Milano, accanto al Castello Sforzesco,
in pieno centro.
«È un progetto che
concilia buona cucina e solidarietà, sviluppato intorno a persone
speciali, per dare un lavoro che valorizzi le loro qualità, che li
renda parte attiva e non li isoli», spiega Fabio Bocchiola,
presidente della cooperativa Contè che gestisce la Locanda. Lo
ricorda anche la struttura architettonica, curata da Italo Rota,
caratterizzata da una grande mano in acciaio rosa: è l’idea di
offrire un’opportunità, “una mano”, a ragazzi spesso considerati svantaggiati,
ma, valorizzando semplicità e familiarità nelle relazioni, anche ai
clienti, che sono invitati a mettere da parte la fretta per
concedersi una pausa tranquilla e più “umana”.
«Sì, perché qui ti
devi fermare con calma per uno spuntino, fai quattro chiacchiere»,
ti spiega sorridendo Lara. E intanto, tra un aperitivo e un
tramezzino, ti racconta che ha fatto la scuola alberghiera, che è
specializzata nel condire la pasta fredda, che a lei piace cantare e
che durante l’estate, nella pedana attigua alla Locanda, il Comune
ha organizzato il ballo liscio per gli anziani rimasti in città. Poi
interviene Martina, la sua collega di turno, 24 anni, che, orgogliosa
del lavoro, racconta: «Prima abbiamo fatto un corso, poi il
tirocinio e ora lavoriamo. Io sto al bancone e qualche volta
sparecchio i tavoli. Tra un po’, ho il sogno di aprire una
pasticceria».
La Locanda alla Mano è
una “buona prassi” realizzata grazie all’incontro tra diverse
realtà e alla sinergia tra pubblico e privato: il Comune ha messo a
disposizione uno spazio centrale e significativo, la cooperativa
sociale Contè e l’Agpd (Associazione genitori e persone con
sindrome di Down) le proprie competenze, Tramezzino.it ha formato i
ragazzi e un’azienda (Repower) ha finanziato il progetto.
È un’esperienza che
ricorda la “Pizzeria dell’Impossibile” del progetto “Finché
c’è Pizza, c’è Speranza”. Nata dalla collaborazione tra
l’Associazione Scugnizzi e la catena di ristorazione Fratelli la
Bufala, si trova in un locale comunale adiacente al dormitorio di
Napoli, dove 15 ragazzi a rischio, provenienti dal carcere minorile
di Nisida o segnalati dai servizi sociali, impastano e sfornano pizze
per i cittadini più bisognosi della città.
Non una mensa triste,
ma una pizzeria gioiosa, con pareti colorate e camerieri simpatici.
In pratica, è una scuola di pizzaioli “in itinere” con una
doppia finalità sociale. Da un lato, insegnare a questi ragazzi un
mestiere che offra loro un futuro alternativo alla delinquenza,
dall’altro dare un pasto ai poveri: famiglie in difficoltà,
disoccupati, anziani, segnalati dal Comune, dalle parrocchie o dalle
associazioni della città.
Antonio Franco,
presidente dell’Associazione Scugnizzi, spiega: «Per questi
ragazzi, con storie difficili alle spalle, è formativo confrontarsi
da vicino con la realtà dei poveri e dei nuovi poveri della nostra
Napoli; per loro è una bella gratificazione vedere che le persone
che vengono a pranzo li ringraziano e si complimentano per la bontà
della pizza. Aiutare gli altri dà dignità,
crea un sentimento inclusivo di appartenenza».
La “Pizzeria
dell’Impossibile” è anche il trampolino di lancio per il mondo
del lavoro. Come per Antonio, 18 anni, “in prova” per un reato di
microcriminalità, che a giugno, quando si è conclusa la prima
edizione del corso, ha coronato un sogno: durante la consegna degli
attestati, ha ricevuto un biglietto del treno. Destinazione: Milano,
dove il giovane è stato assunto in prova presso uno dei ristoranti
dei Fratelli la Bufala. Altri suoi compagni hanno trovato un posto a
Napoli o in altre città, addirittura un ragazzo è in partenza per
Barcellona.
Nel frattempo, quindici
nuovi ragazzi hanno frequentato la seconda edizione del corso e dal 3
all’8 settembre hanno partecipato al Pizza Village, una
manifestazione culinaria che sul lungomare di via Caracciolo
coinvolge oltre quaranta pizzerie partenopee. Antonio Franco lancia
un appello: «Occorre sostenere quest’esperienza: se ci sono altre
pizzerie interessate ad assumere i nostri ragazzi, chiamateci».