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giovedì 19 settembre 2024
 
Divorzio e affido
 

Divorzio e affido dei figli. Una nuova legge perché la vecchia ha fallito

13/09/2018  E' in discussione un nuovo testo di legge che riguarda l'affido dei figli dopo separazione e divorzio. Bisognava intervenire poiché il recente testo del 2006 è stato un fallimento: troppi, da una parte, gli affidi concessi di fatto solo alle madri e dall'altra ancora troppi i padri che si sottraggono al mantenimento economico dei figli

Arriva alla discussione in Commissione Giustizia del Senato il disegno di Legge n. 735, “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, e il dibattito subito si infiamma. Il tema è scottante, interessa migliaia di famiglie, e intercetta una condizione familiare particolarmente complessa: la separazione di due coniugi, soprattutto quando in essa sono implicati anche i figli minori. Proprio per questo l’iniziativa del Senatore Pillon ha certamente almeno due meriti: in primo luogo ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema delle relazioni familiari e del sostegno alle famiglie che si separano, troppo spesso dimenticato o peggio banalizzato; in secondo luogo ipotizza un intervento organico di modifica di norme e meccanismi giuridici e amministrativi che oggettivamente stanno funzionando in modo altamente insoddisfacente.

Del resto, la legge istitutiva di separazione e divorzio è del 1970, e quindi non dovrebbe sorprendere l’esigenza di metterci mano. Ma i progressivi interventi apportati si sono concentrati fondamentalmente su una progressiva deregulation, accorciando tempi, semplificando procedure, con poca attenzione alle sofferenze relazionali e alle molte criticità. Anche un intervento importante, la legge 54 del 2006, che voleva introdurre un maggiore equilibrio tra i coniugi nelle esercizio della genitorialità, attraverso la priorità attribuita all’affidamento condiviso, dopo oltre dieci anni di applicazione mostra già moltissime crepe, mancando clamorosamente l’obiettivo: di fatto oggi la stragrande maggioranza degli affidamenti, anche di molti formalmente “condivisi”, riguarda le madri, mentre sono davvero troppi i padri separati tenuti distanti dai propri figli. Peraltro, sul versante opposto, rimangono frequenti le denunce di assegni non versati e di madri separate con i propri figli che “fanno fatica ad arrivare a fine mese”. Quindi restare fermi non si può: occorre intervenire.

L’agenda della Commissione giustizia del senato è già affollatissima, e solo in tema di separazione almeno otto progetti di legge sono già stati depositati. Tra questi però solo due intervengono in modo organico (il citato Ddl Pillon e quello di Gallone e altri, di Forza Italia), mentre gli altri sei propongono modifiche su punti specifici – importanti, ma molto circoscritti (pene maggiori per  chi non paga l’assegno, il diritto dei nonni alla relazione con i nipoti dopo la separazione, ecc.).

 

L’attenzione è però giustamente rimasta incentrata sul Ddl Pillon, essendo la proposta di un membro della Presidenza della commissione Giustizia, ed essendo promossa da una forza politica di maggioranza (Lega Nord), ma già con il consenso (la firma) anche di diversi senatori del Movimento 5 Stelle. È quindi una proposta che ha – ragionevolmente - una via privilegiata nell’agenda dei lavori della Commissione, e che ha già conquistato una fortissima attenzione, spesso anche molto pungente, su tutti i media e da parte dei vari soggetti coinvolti sul tema. Sappiamo che molto spesso i disegni di legge attraversando i lavori delle commissioni vengono modificati in modo anche molto significativo, e quindi la discussione oggi in corso non potrà che contribuire a migliorare il testo nella sua versione definitiva. Questo Ddl però, proprio perché organico, ha alcuni punti qualificanti, sui quali conviene esprimere una prima valutazione.

1. La ricerca e la promozione della “bigenitorialità”. È il punto critico della L. 54/2006, che pure lo aveva come obiettivo. Il Ddl Pillon tenta di offrire un accesso paritario ai figli per entrambi i genitori, con regole vincolanti – quasi matematiche - di parità. Tuttavia questo punto può facilmente diventare “tenta di garantire il diritto di ogni genitore al figlio”, spostando il fuoco dall’interesse del minore, che deve rimanere prevalente, a quello, pur legittimo e pertinente, del genitore non affidatario (in genere il padre) . Qui il crinale è sottile, e se è vero che tanti padri sono oggi privati del’accesso ai propri figli, il tema è conservare al centro il “superiore interesse del minore”. Forse l’ipotizzata uguaglianza obbligatoria, salomonica e numerica (due stanze, due case, almeno dodici giorni di qua e/o di là) non è la soluzione migliore.

2. La parità tra i coniugi non può determinare automaticamente una doppia residenza dei figli, una paritetica gestione dei tempi, i conteggi prefissati del numero di giorni. Il bambino vive anche di stabilità delle proprie relazioni sociali, di amicizie scolastiche, di vicinato, di un proprio “nido sicuro” (una cameretta, i propri oggetti…), e obbligare per legge i figli ad un pendolarismo periodico tra i due genitori non pare davvero prudente. Meglio restituire a valutazioni “caso per caso” da parte del giudice, se i genitori non trovano un accordo equilibrato, anziché affidarsi a regole rigide di una legge che diventa così “cieca”.

3. Mediazione familiare obbligatoria: aiutare una coppia a gestire le proprie relazioni durante la separazione prima che intervenga la “sciabola” del giudice è certamente fondamentale. Del resto la mediazione è strumento ormai consolidato, e troppe critiche apparse in questi giorni sembrano un po’ troppo interessate; una buona mediazione familiare è sicuramente utile, e altrettanto sicuramente potrebbe danneggiare qualche professionista che invece nell’alimentare i conflitti può trovare parcelle migliori e maggior protagonismo. Moltissimi avvocati sono preziosi nel gestire i conflitti tra coniugi in modo non distruttivo, ma siamo sicuri che tutti i matrimonialisti lo sono? Sul tema rimane il nodo, drammatico, di coppie già oggi definite “non mediabili”, dove cioè la conflittualità è ormai non più contenibile. E per loro non si può non ritornare alle sentenze e alle indicazioni obbligatorie (ma inevitabilmente caso per caso, ancora una volta) dei tribunali e dei giudici. Ma fare un tentativo di supporto fuori e prima del tribunale con la mediazione può valere la pena…

4. Innovazione importante: la formalizzazione scritta di un progetto educativo condiviso. In molti innovativi progetti sociali la firma di un impegno scritto e condiviso a seguito di un percorso di riflessione è decisiva nel rimettere in gioco la responsabilità e l’affidabilità delle persone. Quindi questo aspetto rimane prezioso.

5. La cancellazione dell’assegno di mantenimento per i figli e la sua sostituzione con i costi diretti, sostenuti da ciascun genitore. Tema molto controverso (come tutte le questioni di soldi): la proposta del Ddl Pillon tenta di restituire responsabilità diretta e trasparenza a ciascun genitore. Inoltre interrompe il dramma dei ritardi e dei mancati pagamenti. Rischia però di esporre il figlio a due stili di vita molto diversi, in caso di forti disparità tra i genitori. Del resto, l’impoverimento dei genitori separati riguarda sia i padri (quanti a dormire in macchina e alle mense Caritas..) e le madri (quante che non arrivano a fine mese perché “non è arrivato l’assegno”…). Qualcosa bisognerà pur fare, perché così come è il sistema non funziona (un altro dei Ddl in Commissione Giustizia del Senato prevede ad esempio un “anticipo dell’assegno”, in alcuni casi particolari, con un fondo dedicato presso l’INPS, a conferma dell’esistenza del problema).

6. Il Ddl Pillon è stato anche accusato di essere “maschilista”, o perlomeno di essere schierato a favore degli interessi dei soli padri. Del resto la legge sull’affidamento condiviso del 2006 proprio su questo ha fallito: doveva generare una stragrande maggioranza di affidamenti condivisi (simmetrici), ma tuttora la stragrande maggioranza delle sentenze dei tribunali affida alle madri una titolarità pressoché esclusiva. Che si debba mettere mano a questo è un dato oggettivo. Che questo debba essere fatto senza diventare uno svantaggio per le madri è una sfida non semplice.

Che dire, in sintesi? Qualche luce e molte ombre, in sintesi. Speriamo a questo punto che l’aspro dibattito già innescato non impedisca di completare un iter parlamentare. Serve sicuramente una nuova regolazione della gestione delle separazioni, capace di proteggere e custodire i diritti di madri, padri e figli. Probabilmente il Ddl Pillon, così com’è, ha ancora molte lacune per perseguire questo obiettivo, e forse i lavori parlamentari e il dibattito innescato nel paese potranno generare, per una volta, un disegno di legge non ideologico, ma capace di “difendere e promuovere la famiglia e le persone al suo interno”, anche quando le relazioni si rompono. Da questo punto di vista la Commissione può – anzi, DEVE – aprire un ampio spazio di dialogo, ascolto, audizioni e consultazioni con la società civile, con le associazioni delle persone separate, con i professionisti del settore. Come del resto anche il Forum delle associazioni familiari ha chiesto esplicitamente. Solo così un intervento di riforma su un tema così delicato riuscirà, armonizzando il più possibile i complessi interessi in gioco, a proteggere prima di tutto il benessere dei figli della coppia che si separa: i soggetti più fragili di questa scelta, quelli che hanno meno voce in capitolo, ma anche quelli che ne riportano le maggiori ferite.

 

* direttore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia)

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