Si aspettava una sentenza «interpretativa di rigetto» e invece la Corte Costituzionale ha deciso di sospendere il processo a carico di Marco Cappato per il suicidio assistito che lo ha visto protagonista nel caso di Fabiano Antoniani, dj Fabo, e di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale tra un anno. L’udienza è stata fissata al 24 settembre 2019. Di fatto, però, i giudici passano la palla al Parlamento al quale chiedono di intervenire per rivedere la disciplina in materia e approvare una nuova legge sul fine vita.
«Nella Camera di consiglio di oggi, la Corte costituzionale», si legge nel comunicato della Consulta, «ha rilevato che l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti. Per consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina, la Corte ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 codice penale all’udienza del 24 settembre 2019. La relativa ordinanza sarà depositata a breve. Resta ovviamente sospeso il processo a quo».
L’articolo 580 del codice penale punisce sempre e comunque l’istigazione ma anche il semplice aiuto nel suicidio come accaduto nel caso di Fabiano Antoniani, morto nel febbraio 2017 in una clinica svizzera che eroga il suicidio assistito con l’aiuto di Marco Cappato, il tesoriere dell’associazione radicale Luca Coscioni poi provocatoriamente autodenunciatosi ai Carabinieri di Milano.
Partendo da questo presupposto, la Corte ha invitato il Parlamento a legiferare entro un anno, evidentemente temperando il rigore della norma, e riaggiornando la trattazione sulla costituzionalità del “nuovo” articolo all’udienza pubblica del 24 settembre 2009.
Gambino (Scienza & Vita): Rischio di aprire una strada nuova e dirompente
«L’articolo 580», ha affermato ad Avvenire Alberto Gambino, prorettore dell’Università Europea di Roma, presidente di Scienza & Vita ed esperto di tematiche bioetiche, «era stato pensato per evitare che davanti a momenti di debolezza e fragilità umana autodistruttivi si trovassero complicità, rompendo appunto quel legame di solidarietà che dovrebbe spingerci a farci carico del problema e non a rimuoverlo, assecondando l’intento suicidiario». Diversamente da quanto affermato in aula dai legali di Cappato, Gambino resta fermamente convinto che «non è un articolo del codice penale a isolare i malati, ma piuttosto la riduzione di quest’ultimo a peso, a scarto». E, poi, non si può certo dimenticare che l’Italia, con la recente legge sul fine vita, «aveva già indicato il bilanciamento tra il rispetto della vita e quello per le scelte individuali». Una disciplina che la Corte, a pochi mesi dalla sua definizione legislativa, ha voluto stravolgere, e che per il docente «rischia di aprire una strada nuova e dirompente».