Se provi a contattarlo su Facebook non è possibile perché ha già raggiunto 5000 amici, Padre Bernardo Francesco Maria Gianni, il monaco benedettino olivetano classe 1968 che papa Francesco ha scelto per guidare gli esercizi spirituali di questa Quaresima ama il silenzio, ma, figlio del suo tempo, “abita” i social. Lo raggiungiamo così al telefono, abate di San Miniato al Monte di Firenze dove accoglie la nostra richiesta travolto dall’inevitabile notorietà.
Come ci si prepara a guidare gli esercizi spirituali del Papa?
«Pregando, cercando di fare il più possibile la vita che il Signore mi ha chiesto di fare, vivendo coi fratelli nella responsabilità della paternità e poi cercando di intuire le tracce, gli argomenti, l’asse portante per l’utilità spirituale di chi mi deve ascoltare. Non oso nemmeno pensare di poter essere utile al Papa per non peccare di presunzione»
Come ha scelto il tema degli esercizi?
«Partendo da un dato reale legato alla mia vita: il nesso tra città e monastero, realtà che sono in profonda connessione come a Firenze ha insegnato Giorgio La Pira. Esattamente quello che viviamo qui, uno sguardo dall’alto su Firenze. Ecco perché la poesia di Mario Luzi con le sue immagini evocative fa da cornice a queste giornate»
Come si rende universale un’esperienza particolare?
«Questo è un servizio che deve fare lo Spirito Santo» sorride. «Credo che il Papa ci insegni il primato di uno sguardo sulla realtà, concetto che ritorna insistente nell’Evangeli Gaudium. La città come luogo dove Dio abita e vive, un tema centrale per il Magistero e la sensibilità di Francesco e della Chiesa universale»
Dal particolare all’universale attraverso la sua vita
«Io l’ho detto al Papa che non avevo titoli accademici quando mi ha telefonato e lui mi ha subito risposto che andava bene così. Allora ho pensato che l’argomento doveva essere una realtà indagata fino in fondo ed ecco la comunità davanti alla città: portatrice di accoglienza, ascolto e condivisione caratteristiche del nostro quotidiano. Il tutto rielaborato a partire dalla mia esperienza: di uomo mediocre e semplice che ha vissuto il dramma dell’assenza di Dio e la gioia della riscoperta. Quindi al di là di una fede “impacchettata”. Infine, con un taglio tipico dell’esperienza monastica: Quaerere Deum, ovvero cercare Dio, un’espressione di San Benedetto antica e moderna insieme»
Perché proprio lei?
«Penso per la piccola paradossalità di un monastero sì, ma davanti alla città. In questo continuo sconfinare nella città che avvalora un tratto tipico del Papa che ci chiede di essere una Chiesa in uscita, nella fattispecie una chiesa che odora di città».