Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 08 febbraio 2025
 
dossier
 
MariaConTe

Don Alberione: «Tutta una vita con la Vergine nel cuore»

25/11/2021  «Alla nascita la madre lo consacrò a Lei e lui le dedicò il primo libro nel 1912. Grazie a un discorso sul nome della Madonna cominciò la sua missione: evangelizzare attraverso i nuovi mezzi di comunicazione», spiega don José Antonio Pérez già postulatore della causa di canonizzazione del fondatore della Famiglia Paolina. «Fu “ispirato” dalla Regina degli Apostoli, per la quale, dopo un voto esaudito, fece costruire un santuario enorme a Roma, un “miracolo di fede”»

«Maria dà sempre Gesù, come un ramo che sempre lo porta e lo offre agli uomini». Come ogni buon fondatore, anche il beato don Giacomo Alberione, “apostolo della buona stampa”, fondatore della Società San Paolo (i cui membri sono conosciuti come Paolini, editori di Famiglia Cristiana, Credere, Jesus e Maria con te) e della Famiglia Paolina, ha avuto una devozione tutta particolare per la Madonna, venerata sotto il titolo di “Regina degli Apostoli”. Il 26 novembre ricorre il 47° anniversario della sua morte, avvenuta a Roma nel 1971, quando aveva 87 anni. Per parlare del suo trasporto per Maria, abbiamo incontrato a Roma il postulatore generale uscente dei Paolini, don José Antonio Pérez, sacerdote paolino spagnolo, che da anni si occupa dei processi di canonizzazione della Famiglia Paolina.

Don José Antonio, che rapporto aveva don Alberione con la Madonna?

«La vita di don Alberione si è svolta tutta “sotto il manto della Madonna”, dall’inizio alla fine. Appena nato, venne consacrato a Maria da sua mamma nel santuario della Madonna dei Fiori di Bra, in provincia di Cuneo. Al momento della sua morte, secondo i testimoni presenti, le sue ultime parole, appena impercettibili, furono: “Muoio...Paradiso... Ave Maria, Ave Maria...”. E in tutti i momenti decisivi della sua vita, la presenza mariana è stata una costante, quasi sempre legata a un santuario mariano. La sua devozione alla Madonna è maturata in proporzione all’ètà, con una evoluzione favorita, a partire dagli anni di seminario ad Alba, anche dal suo direttore spirituale, il canonico Francesco Chiesa, altro grande devoto della Madonna. È senz’altro signicativo che il primo libro pubblicato da lui nel 1912 sia intitolato proprio La Beata Vergine delle Grazie, dedicato alla Madonna venerata a Cherasco, vicino a Cuneo. E fu in un altro luogo mariano, il santuario della Moretta di Alba, che ricevette dal vescovo l’incarico di occuparsi della stampa diocesana, dopo che questi lo aveva sentito parlare in toni accesi del “Nome di Maria”. Da quel momento inizia la missione dell’istituto da lui fondato, la Società San Paolo: evangelizzare con i mezzi della comunicazione sociale». 

Quando nasce la sua devozione a Maria come “Regina degli Apostoli”?

«Dal 1914, anno di fondazione della Società San Paolo, la devozione mariana di don Alberione e dei suoi primi discepoli continuò ad essere quella, appresa in seminario, per l’Immacolata Concezione. Fu solo attorno all’anno 1919 che l’orientamento spirituale del gruppo spostò piano piano l’accento sul titolo di “Regina degli Apostoli”, adottato dopo molta riflessione e preghiera. È interessante notare come nell’iconografia proposta da don Alberione l’immagine della Regina degli Apostoli non è più quella di Maria attorniata dagli apostoli nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo, ma di Maria rappresentata in piedi nel gesto di offrire al mondo Gesù, che tiene in mano il rotolo della Scrittura. Il significato è semplice: l’apostolato, cioè la missione che il Signore gli ha affdato, consiste nel comunicare Cristo al mondo attraverso le edizioni e, giocando con le parole latine della liturgia – “edidit Salvatorem”, cioè “diede il Salvatore” – afferma che Maria è “l’editrice” più perfetta e piena di Gesù. Quindi, ogni apostolo comunicatore non deve fare altro che riprodurre quello che ha fatto Maria in modo perfetto: incarnare e dare Gesù Cristo al mondo attraverso i mezzi più “celeri ed efcaci” che la tecnica mette via via in mano agli uomini».

 

Il beato Alberione partecipò anche al Concilio Vaticano II, proponendo la definizione dogmatica di Maria come “Mediatrice universale di grazie”. Cosa significa questo titolo?

«Anche se il Concilio non era il luogo più propizio per dare denizioni dogmatiche, possiamo dire che il contenuto di fondo di questa proposta è poi stato accolto dai Padri conciliari nella costituzione Lumen gentium, ai numeri 60 e 61, in cui si parla della mediazione non necessaria, ma facilitatrice per pura gratuità di Dio, nell’unica mediazione di Cristo. Maria, insomma, è la mamma che concepì, generò, nutrì, presentò il Figlio Gesù e, soffrendo con lui sulla croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore e ora, da buona mamma, ci apre la strada e avvicina tutti i credenti a Cristo Gesù, che è la fonte di ogni grazia».

Alla fine della Seconda guerra mondiale, don Alberione esaudisce un voto fatto a Maria costruendo il santuario Regina degli Apostoli a Roma. Come andò la vicenda?

«Sembra che, assistendo lui a un bombardamento nel luogo dove oggi si innalza il santuario, non lontano dalla basilica di San Paolo e sede romana fino ad oggi dei Paolini e delle Paoline, egli si rese conto del grave pericolo che correvano i suoi figli e figlie sparsi ormai in tanti Paesi del mondo. Fece così un voto a Maria: se nessuno di loro fosse morto in guerra, avrebbe fatto costruire una grande chiesa in onore della Madonna. Finita la guerra, e nonostante le difcoltà di ogni genere nell’intraprendere un’opera del genere nel difcile periodo post-bellico, egli volle adempiere il voto: “Se la Madonna ha fatto la sua parte, anche noi dobbiamo fare la nostra”, disse. E così sorse quel miracolo della fede che è oggi il santuario dedicato alla “Regina degli Apostoli e Madre dell’umanità”, una enorme costruzione che, nei suoi tre piani in cui si trovano altrettante chiese, offre una completa catechesi mariana inserita nella generale storia della salvezza. Man mano che il santuario cresceva, don Alberione lo riempiva di signicato teologico, carismatico e affettivo. Non solo era il frutto di un voto, ma doveva reiventare per tutta la Famiglia Paolina la casa della Mamma, il punto di riferimento di tutte le iniziative apostoliche, il centro per le vocazioni, per i cooperatori, per le famiglie... Nel discorso di inaugurazione del santuario, che oggi è basilica minore e parrocchia, egli, rivolgendosi a Maria, garantiva la continuità di preghiera in questa chiesa, e quindi la certezza della protezione della Madonna sul Papa, sulla Chiesa e sulla Famiglia Paolina sparsa in tutto il mondo».

Multimedia
«Don Alberione ha varcato un confine aperto alla verità di Dio»
Correlati
Il Paolino don Guido Colombo: «Ringrazio Alberione per avermi messo nel cuore l'inquietudine dell'Annuncio»
Correlati
«Don Alberione ha varcato un confine aperto alla verità di Dio»
Correlati
Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo