“Quando mi hanno telefonato per raccontarmi cosa era successo non riuscivo a capire, Luca Attanasio era morto?”. È commosso don Antonio Toriello, il sacerdote di Camerota, nel Cilento (un'area montuosa della Campania situata in provincia di Salerno), che aveva conosciuto l’ambasciatore italiano al premio Nassyria, il riconoscimento che da otto anni testimonia l’impegno degli italiani in favore della pace. Nel Cilento, sulla costa, dove il mare placido culla le barche dei pescatori, come un dipinto, rimane identico lo scenario che aveva visto Luca Attanasio lo scorso ottobre. “Questo mare può riservare sorprese, così è il Congo, improvvisamente diventa pericoloso”, aveva commentato a cerimonia finita l’ambasciatore. “All’inizio non avevo capito chi fosse a essere stato ucciso, stavo facendo lezione. - spiega il sacerdote - Poi un amico mi ha chiamato e raccontato tutto. Avevo incontrato anche la moglie, due persone di famiglia, sembrava ci conoscessimo da tanto. Dopo il premio mi avevano invitato a cena, non potevo andare, e lui ha voluto salutarmi il giorno dopo, una persona non comune, come un vecchio amico”.
Don Antonio, 58 anni, è una vocazione adulta. Si divide tra il conservatorio di Salerno dove insegna musica, e la comunità di Licusati, 2mila anime sulla collina non lontana dal mare. “Vincenzo Rubano, presidente dell’associazione Elaia che organizza il premio, mi aveva chiamato per suonare durante la cerimonia di ottobre – racconta-. Avevo eseguito un pezzo di Morricone, il tema di Mission con l’oboe. A fine serata, l’ambasciatore si è avvicinato per salutarmi. Era una persona umile, alla mano, e allo stesso tempo concreto. Ha spiegato con passione i progetti che aveva con la moglie Zakia Seddiki dell’associazione umanitaria «Mama Sofia» per aiutare i ragazzini in difficoltà, bambini che già da piccoli hanno a che fare con le armi e potrebbero diventare piccoli soldati, gli ultimi del Congo, arruolati da uomini senza scrupoli”.
Poi ritorna a quella serata di ottobre. “Entusiasmante, mi hai fatto sognare!”, ha detto alla fine della mia esibizione. Ha chiesto la mia storia: essere diventato prete a 50 anni, la vocazione maturata nella Caritas, di ministro straordinario dell’Eucaristia. Poi il conservatorio a Salerno e il diploma nel 1984, a suonare musica da Camera”. Nel 2008 don Antonio entra in seminario per essere ordinato nel 2012.
A Licusati (Salerno), nella piccola chiesa di San Marco Evangelista, ha celebrato una messa per Luca Attanasio, per il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista Mustafa Milambo, ammazzati in Congo il 22 febbraio. “Era la chiesa dove lo avevamo premiato, una situazione che ci ha riunito, stavolta per un evento drammatico”. Don Antonio organizza l’accoglienza per il premio con la comunità parrocchiale, la stessa che ha conosciuto Attanasio. “A novembre, ricordiamo i caduti di Nassyria celebrando la messa. L’anno scorso abbiamo inaugurato anche un monumento. A ottobre consegniamo un riconoscimento a chi si è distinto impegnandosi per la pace – spiega-. Abbiamo pregato per loro, anche i fedeli ricordavano una persona bella, conosciuta in una serata speciale. Ci rimane la testimonianza di un cristiano vero”.