Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
giovedì 17 aprile 2025
 
Il prete con gli scarponi
 
Credere

Don Battista Dassa: «Dio cammina a piedi ed io con lui»

28/07/2022  «Gesù si è spostato tanto per incontrare le persone», dice il sacerdote che coinvolge i parrocchiani in cammini e pellegrinaggi. «Un passo dopo l’altro, si prega e si riflette»

Al di là della cornetta si riconosce il passo di chi sta camminando e, d’altronde, una chiacchierata con don Battista Dassa poteva cominciare soltanto così. Perché “Domba”, come si fa chiamare da amici e parrocchiani, è un prete di 63 anni, attualmente parroco di Collio e San Colombano in Val Trompia, che in tutte le valli bresciane si è fatto conoscere come «il prete camminatore». «Non riesco a stare fermo», ammette l’interessato, che in vent’anni ha macinato letteralmente migliaia di chilometri percorsi a piedi su sentieri, cammini e pellegrinaggi. Una passione personale che il sacerdote ha trasformato in un’occasione di approfondimento spirituale per tanti, fondando il gruppo Dio cammina a piedi. Una vera e propria «pastorale del cammino», intuita ben prima che i pellegrinaggi zaino-in-spalla tornassero di moda in parrocchie e comunità.

Don Battista, quando ha iniziato a camminare?

«Da piccolo vivevo in campagna e per andare a scuola dovevo percorrere alcuni chilometri a piedi. Non ho mai abbandonato l’abitudine di camminare, nemmeno quando sono diventato prete. Da sacerdote ho passato 36 anni in Val Camonica e da un anno e mezzo mi trovo in alta Val Trompia in paesi di montagna che mi hanno dato un bell’incentivo a muovermi a piedi».

Si, ma lei ha percorso anche cammini di centinaia di chilometri, in ogni parte d'Italia...

  

«Il primo cammino del genere è stato nel 2000. Per il Giubileo sono andato a Roma a piedi, partendo dalla Val Camonica: 700 chilometri in tutto. Sono partito da solo perché all’epoca non c’era nessun altro che condividesse la mia sensibilità. E ho fatto fatica».

E poi?

«Nei miei percorsi incontravo sempre tante persone e così ho capito che il cammino poteva essere un modo per proporre un’esperienza spirituale. Così mi sono inventato l’iniziativa Dio cammina a piedi: ogni anno propongo una serie di uscite in giornata, a cui partecipano anche un centinaio di persone per volta, e almeno un cammino lungo, a tappe e di più giorni, con un gruppo ristretto di una decina di persone. Tutti i cammini cominciano con una preghiera iniziale, durante il percorso ci si ferma per un momento di riflessione e, arrivati a destinazione, celebriamo la Messa».

In questo modo, in 20 anni, quanti cammini ha percorso?

  

«Ho perso il conto! Siamo andati a Santiago di Compostela, abbiamo percorso il Cammino di san Francesco, quello di san Benedetto e il Cammino Celeste, in Friuli. Partendo dalla Val Camonica abbiamo raggiunto il Sacro Monte di Varallo. Abbiamo inventato pellegrinaggi per celebrare eventi storici, per esempio per ricordare le vittime della Resistenza, quelle dei campi di concentramento o la tragedia della diga del Gleno e del Vajont. Sono cammini che servono per ricordare il passato ma anche per impostare in un certo modo il presente e il futuro».

E poi ci sono i pellegrinaggi che ricordano i santi contemporanei.

«In effetti ho organizzato molti cammini sulle orme dei testimoni della fede del nostro tempo. Abbiamo camminato da Concesio a Sotto il Monte per ricordare Paolo VI e Giovanni XXIII; da Verolanuova a Bozzolo per incontrare don Primo Mazzolari e da Bellagio a Vigevano per scoprire il beato Teresio Olivelli. Abbiamo marciato da Molfetta ad Alessano sui passi di don Tonino Bello e da Palermo ad Agrigento in memoria di Pino Puglisi e delle vittime della mafia».

L'ultimo percorso?

  

«A giugno abbiamo percorso un tratto del Cammino di san Francesco, da Rimini a La Verna. Siamo passati dalla Fraternità di accoglienza di Romena e abbiamo raggiunto Barbiana per ricordare il 55° anniversario della morte di don Lorenzo Milani».

E il prossimo?

«A ottobre seguiremo le orme di don Pierino Ferrari, un prete bresciano dal grande carisma scomparso dieci anni fa».

Qual è il senso di tutte queste iniziative?

  

«Il cammino è metafora della vita. Camminando si incontrano la fatica, gli imprevisti, la salita, la discesa e persone con cui condividere il percorso. La spiritualità del cammino è un fatto antico: tutte le religioni la usavano. Nella Bibbia una delle parole più usate è “strada” e lo stesso Gesù ha camminato tanto per incontrare le persone. Io pure credo che il cammino sia un metodo per riflettere, ragionare, dare valore alla vita, incontrare persone e pregare. Inoltre uso ogni pellegrinaggio per sostenere un progetto di solidarietà. Chi cammina si passa una borsa a tracolla in cui vengono raccolte offerte con l’idea di aiutare a camminare fisicamente o spiritualmente chi non può farlo perché affetto da una malattia, un disagio o perché vive nelle periferie del mondo».

Chi partecipa ai cammini?

«Sono per lo più miei parrocchiani ma c’è anche gente che parte solo con il desiderio di muoversi e poi si accorge che dietro ai nostri cammini c’è un’altra motivazione. Moltissimi non praticanti mi hanno ringraziato perché un pellegrinaggio li ha aiutati a riflettere o a superare un momento difficile. Molti hanno ammesso di avere scoperto la bellezza del messaggio cristiano proprio attraverso i cammini».

Come inserire il camminare nella pastorale ordinaria?

  

«Be’, io naturalmente svolgo tutto il mio ministero spostandomi a piedi. È un modo per dire alla gente che magari è ferma sulle sue posizioni: spostate lo sguardo da voi stessi e guardate quello che vi circonda. Da un anno e mezzo sono prete in due parrocchie, a 800 metri l’una dall’altra: spero che attraverso il cammino si possa sperimentare qualcosa di nuovo anche qui dove la mentalità è molto legata alle tradizioni».

È per questo che nella nuova parrocchia di Collio è arrivato letteralmente su due piedi?

«Il mio motto da sacerdote è il Salmo 16: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”. Quindi sì, ho fatto il mio ingresso a Collio attraversando la montagna a piedi, partendo dalla mia vecchia parrocchia di Ponte di Legno e arrivando qui, percorrendo 100 chilometri in quattro giorni. Camminare da solo funziona come una specie di ritiro spirituale: come sacerdote è un’esperienza preziosa. Inoltre vedere dall’alto la parrocchia cui sei stato destinato e incontrare prima le periferie e poi il centro ti permette di avvicinarti a una nuova realtà lentamente e senza arroganza».

Camminatore da Record

  

Innanzitutto, occorre dire che don Dassa cammina tutti i giorni, usando le gambe per qualsiasi spostamento. Negli anni ha poi portato a termine una serie di cammini fra cui Santiago di Compostela, il Cammino di san Francesco (con arrivo ad Assisi), quello di san Benedetto (fra l’Umbria e la Toscana) e quello di Celeste (in Friuli Venezia Giulia). Ha percorso anche diversi itinerari sulle orme di testimoni del nostro tempo come don Tonino Bello (Puglia), padre Pino Puglisi (Sicilia), Paolo VI e Giovanni XXIII (Lombardia), don Primo Mazzolari (Emilia) e il beato Teresio Olivelli (Lombardia).


chi è

Età 63 anni

Incarico Parroco di Collio e San Colombano in Val Trompia (BS)

Passione Avanzare un passo dopo l’altro

Moto Salmo 16

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo