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domenica 23 marzo 2025
 
G7 Inclusione e disabilità
 

Don Colmegna: «Serve un cambio culturale, l’assistenzialismo indebolisce la società»

10/10/2024  I cittadini italiani con disabilità sono 5 milioni. In vista del G7 Inclusione e disabilità parliamo delle loro esigenze umane, sociali e relazionali con il sacerdote ambrosiano, presidente della Fondazione Son

Prima ancora che inizi, al G7 Inclusione e disabilità – in Umbria dal 14 al 16 ottobre – bisogna riconoscere il merito di accendere i riflettori su un tema, quello della disabilità appunto, di cui si parla troppo poco. Come se le persone con disabilità fossero cittadini di “serie B”. Famiglia Cristiana in edicola dedica un ampio servizio al tema, facendo il punto sulla condizione sociale e sui diritti delle persone con disabilità.  Con don Virginio Colmegna, una vita dedicata agli altri e attualmente presidente della Fondazione Son (che in inglese significa figlio, ma è anche l’acronimo di “Speranza oltre noi”), cerchiamo ora di capire qual è lo stato di benessere di 5 milioni di italiani con disabilità.
Colmegna, come valuta la condizione di vita delle persone con disabilità?
«Carico di preoccupazioni. La cultura contemporanea tende a promuovere un processo di inclusione che presuppone una “società dei normali” nella quale integrare le persone con disabilità, invece di adottare una rottura culturale che riconosca nell’universalità un principio fondamentale».
Fra le persone con disabilità spiccano esigenze specifiche rispetto alle persone senza?
«Le persone con disabilità pongono sicuramente delle esigenze specifiche, ma non vanno considerate una categoria separata. La loro condizione porta una ricchezza all'interno della complessità dei diritti e delle relazioni e per questo è fondamentale superare l'idea che debbano essere isolati in una logica istituzionale basata sulle loro caratteristiche. Al contrario, rappresentano una risorsa preziosa. Tutti gli interventi di inclusione nel mondo del lavoro, nella prevenzione, nella cura, nella scuola e nel riconoscimento dei diritti non devono essere visti come semplici atti assistenziali, ma come momenti in cui emergono valori di uguaglianza che arricchiscono l'intera società».
Riguardo alla vita spirituale, c’è ancora qualche pregiudizio o fraintendimento da superare?
«Sì. Il pietismo e l’assistenzialismo, spesso considerati segni di bontà, devono essere trasformati in interventi culturali concreti, orientati alla consapevolezza e alla convinzione che escludere le persone con disabilità, o progettare forme di separazione o istituzionalizzazione, indebolisce le comunità territoriali. La presenza delle persone con disabilità deve essere allora considerata una ricchezza capace di alimentare le relazioni e il senso di appartenenza. Questo non è un pensiero ideologico, ma è proprio un punto di vista spirituale: la disabilità è una grande risorsa, specialmente in relazione al messaggio evangelico che, attraverso numerosi episodi di guarigione, ci ricorda l'importanza di reintegrare le persone nella comunità. La comunità cristiana deve aprire le porte non con un approccio puramente caritatevole, ma con una logica di pari dignità e di valorizzazione della disabilità come risorsa per la comunità stessa».
Quali i “doni nascosti” di cui le persone con disabilità possono essere portatrici?
«Il vero dono nascosto, come quello descritto nella Bibbia e nel Vangelo, è il "portare alla luce" queste persone, altrimenti si rischia di cadere, appunto, nella logica della separazione e dell'esclusione. E proprio il “portare alla luce” ci dona la possibilità di riscoprire quella cultura della convivialità e delle relazioni affettive di cui le comunità, a partire da quelle cristiane, hanno un gran bisogno. Ld famiglie che accolgono persone con disabilità sono l’antidoto a quella che papa Francesco chiama una "pseudocultura di morte", che si diffonde attraverso l'indifferenza verso la vita, in ogni sua fase».
Lei ha creato la Fondazione Son, una possibilità di vita autonoma ispirata alla legge del “Dopo di noi” del 2016. Cosa significa, nella sua esperienza, il “Dopo di noi”?
«Nella mia esperienza, un processo continuo che mira alla costruzione di una società più giusta. Il "Dopo di noi" significa ricostruire costantemente, attraverso una prassi di accoglienza che non respinge né isola le persone, ma che promuove solidarietà. Questa tematica porta con sé un grande bisogno di fratellanza e unità, soprattutto all'interno delle famiglie. Tuttavia, c'è il rischio che il "Dopo di noi" diventi un aspetto burocratico, accessibile solo a chi ha già risorse da destinare al futuro. Bisogna invece pensare anche a coloro che non dispongono di grandi risorse e che hanno speso una vita nella relazione col figlio con disabilità. Le esperienze del "Dopo di noi" chiedono di mettere al centro questioni fondamentali come l’abitare, in una logica diversa da quella dei "casermoni" istituzionalizzati. Purtroppo, c'è ancora un grande ritardo in questo ambito, e si tratta principalmente di un ritardo culturale che dobbiamo recuperare».
Qual è il suo appello in vista del G7?
«Riportare al centro della riflessione il tema dei diritti, della dignità e dell'inserimento delle persone con disabilità. Questo deve essere visto come un’opera di ampliamento della solidarietà, per promuovere l’uguaglianza e la dignità delle persone con disabilità come una ricchezza straordinaria, particolarmente rilevante in un contesto di crescente flusso migratorio. La categoria dell'ospitalità è cruciale, poiché le guerre lasceranno dietro di sé un numero drammaticamente elevato di persone con disabilità. Inoltre, l’intelligenza artificiale, utilizzata anche nel contesto bellico e degli armamenti, rischia di contribuire a una cultura che crea menomazioni, indebolendo ulteriormente la vita comunitaria. Al contrario, investire nelle persone con disabilità e combattere l'assistenzialismo significa riaffermare la dignità culturale e sociale di tutti. Deve esserci una volontà condivisa di promuovere fratellanza e unità, dove la società tecnologica deve confrontarsi con un nuovo umanesimo, che metta al centro l’essere umano e le sue diversità».

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