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Don Colmegna:"Lasciamoci inquietare dalla carità"

23/06/2013 

Il nostro è un Paese in cui l'impegno in favore dell'altro è forte e radicato. Al tempo stesso, però, nonostante siano ormai chiare la condivisione e la trasversalità di questo valore, la crisi sta facendo emergere anche alcuni primi segni di disaffezione. Cosa fare allora, dai piccoli gesti alle grandi scelte, per far sì che questa pericolosa tendenza non cresca ulteriormente? Se penso a dei semplici consigli da dare a chi vuole iniziare o continuare a impegnarsi “in nome della carità” non posso che far riferimento al posto in cui vivo. Alla Casa della carità e alla sua vivacità.

 

Il primo insegnamento che traggo da quest'esperienza voluta dal Cardinal Martini è quello della condivisione. Per essere vicini ai “dolenti” serve questa logica, non solamente quella dell'aiuto. Condividere significa rispettare il protagonismo delle persone e non “occuparle” con la nostra bontà. Per farlo – e questo è il secondo atteggiamento che penso sia importante tenere – bisogna mettersi in una condizione rispettosa, in cui ascoltare, osservare, scavare in profondità e capire quali sono i bisogni delle persone cui stiamo vicini. E poi, da lì, cominciare insieme a dar loro delle risposte.

 

Se si decide di mettersi in gioco e di entrare in una relazione di questo tipo, emerge una terza questione con un orizzonte ben più ampio: è la domanda di giustizia che è indissolubilmente legata al concetto di carità. Infine, c'è una dimensione interiore connessa all'impegno: quando si condividono sofferenza e riscatto è inevitabile che si apra in ognuno di noi anche una dimensione interiore profonda. Bisogna lasciarsi inquietare dalla carità: apre in noi domande e interrogativi di spiritualità fondamentali per la nostra esistenza.

 
 
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