don Antonio Coluccia
Una svastica di nastro adesivo nero su una tavola di legno posta davanti alla serranda di un locale del Comune che don Antonio Coluccia sta ristrutturando a palestra, con l’aiuto della Municipalità, per strappare i giovani dalla criminalità e dalla droga.
E’ l’ultima minaccia, firmata stavolta da estremisti di destra, nei confronti del sacerdote antimafia che vive e opera a San Basilio, periferia Est della Capitale, crocevia dello spaccio, gestito da tre clan, uno romano, uno albanese e uno calabrese. “Se n’è accorta la polizia ieri sera. Forse gli autori non hanno portato a termine il lavoro, perché disturbati. Il segno politico è relativo: qui i giovani spacciatori strumentalizzano gli estremismi politici per farsi rappresentare. La nostra presenza e l’opera di riqualificazione sociale del quartiere li sta infastidendo non poco, perché stiamo creando a questa Gomorra romana un danno economico. Ma non ci facciamo certo intimidire e andiamo avanti. I cittadini hanno iniziato a parlare e a farsi sentire. La legalità sta riprendendo voce. Ma la gente ha bisogno di una presenza fisica e le cose cambiano se le persone vedono che c’è qualcuno che si interessa di loro. Devi stare “al chiodo”, cioè devi stare sulla strada a tutte le ore”. E cita poi il motto “I care” (“mi sta a cuore”), di don Milani.
Mentre ci risponde al telefono, c’è qualcuno che inveisce nei suoi confronti: “In questo quartiere ancora molte famiglie vivono con gli introiti dello spaccio e appoggiano i figli che fanno i corrieri della droga. Stiamo cercando di scardinare la cultura dello spaccio che è alla base di questa economia di illegalità. Le consorterie criminali controllano in San Basilio pure l’occupazione abusiva: qui la povera gente per entrare in questi abitazioni paga alla malavita migliaia di euro. Si lucra sulle disgrazie e la povertà delle persone”, spiega il sacerdote.
L’assenza dello Stato in questo come in tanti altri quartieri di periferia ha favorito la crescita della criminalità che s’è conquistata pure “un certo consenso sociale”, osserva don Coluccia. E la presenza di un sacerdote col Vangelo in mano che sta tra la gente può far cambiare le cose, come sta accadendo a San Basilio. “Do fastidio perché la gente comincia a confidarsi con me, a chiedere un aiuto, che magari fino a ieri aveva chiesto per disperazione ai malavitosi. Ecco perché lo Stato deve intervenire velocemente con opere concrete, com’è stata l’illuminazione che la sindaca Raggi ha portato finalmente in queste vie. E per chi lavora col favore del buio anche questo disturba”.
Con un post su Facebook la sindaca di Roma Virginia Raggi ha espresso solidarietà al sacerdote di Specchia: “Non ci sto. Voglio esprimere la mia solidarieta’ a don Antonio Coluccia che ieri ha subito una vergognosa e inquietante minaccia e dirgli che non e’ solo: con lui c’e’ tutta la citta’ di Roma e i cittadini che vogliono il cambiamento. Don Antonio e’ un prete di strada con il quale, grazie all’impegno di tutte le Istituzioni e dei cittadini del posto, abbiamo deciso di riconquistare parti di territorio a San Basilio sottraendoli alla criminalita’”.
Non è la prima volta che don Antonio subisce minacce. Anni fa esplosero contro la sua automobile alcuni colpi di pistola. Dal 2016 è sotto scorta e vive in un’auto blindata. Non è parroco a San Basilio ma lavora a fianco della parrocchia sostenendo i progetti dell’Opera Don Giustino. La palestra che sarà aperta tra un mese e gestita assieme alle Fiamme Oro della Polizia di Stato, è uno di questi progetti di legalità per i giovani sui territori emarginati attraverso lo sport.