“E’ dovere di ogni uomo, che sia un uomo, aiutare ogni persona che si trovi in difficoltà.”
Regge il film questa dichiarazione del dottor Pietro Bartolo, medico dell’ASL di Lampedusa, che rigorosamente interpreta se stesso (come ogni membro del cast) in Fuocoammare di Gianfranco Rosi, vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino.
Una frase detta con naturalezza, senza alcuna retorica, con l’autorevolezza e la credibilità di chi di quell’espressione ci vive quotidianamente, di chi ogni giorno a Lampedusa assiste con la stessa cura, premura e passione sia le ansie del piccolo isolano dodicenne Samuele che la migrante la cui gravidanza è a rischio per le sofferenze del viaggio.
Perché pur usando le tecniche del documentario (un anno e mezzo di permanenza, studio, ascolto e riprese di Rosi e la troupe sull’isola; la camera che segue la vita delle persone lampedusani e migranti; una sceneggiatura che solo “impagina” la vita reale e non la crea..) questo è un film, perché Rosi si prende la responsabilità di scegliere le storie e i punti di vista, dimostrando – quasi a spegnere gli stucchevoli contrappunti dei puristi (“è un documentario, non è un film”) che – se servisse - sa emozionare lo spettatore, facendolo sorridere o piangere.
Rosi dopo El Sicario – Room 164, Boatman, Below Sea Level e Sacro Gra (vincitore del Leone d’Oro a Venezia 2013) realizza un film ricco di metafore colte da quel che capita sull’isola: Samuele ha (sullo schermo e nella vita) “l’occhio pigro”, un problema che si cura forzando l’occhio a vedere, così come molti occhi oggi sono pigri nel comprendere il fatto epocale, planetario della migrazione e delle emergenze che le motivano.
Con il suo compagno di giochi spara mimando le armi e usando i suoni della bocca: quanti politici “sparano in aria” parole e posizioni sull’immigrazione solo per fare ringalluzzire i propri sostenitori, creare rumore e polemica, con la stessa concretezza balistica del mitra di Samuele?
E che dire di chi a Lampedusa, con lo stesso ritmo e gesti di sempre, continua imperterrito le solite azioni quotidiane, incurante dell’immane tragedia che si consuma ogni giorno sull’isola?
Metafore non concettuali, ma scoperte guardando alla vita dell’isola e dei suoi abitanti, con l’occhio del regista che entra dentro le storie di chi è costretto ad arrivare sull’isola e di chi vi è costretto da sempre a starci.
Curioso che il coro di dichiarazioni e complimenti successivo sia alla prima proiezione in sala a Berlino del 13 febbraio che e soprattutto dopo l’Orso d’oro, sia più ricco di voci di quante sono le persone che lo hanno visto in Sala: il giorno dopo il trionfo alla Berlinale, domenica 21 febbraio, Fuocoammare ha incassato in Italia (è uscito il 18 febbraio) 82 mila euro contro i 1,2 milioni di euro di Zootropolis, il film più visto del giorno. Il film di qualità, oltre che reclamato, occorre sceglierlo in sala.
Accolto alla proiezione ufficiale in concorso con 10 minuti di applausi, lascia ben sperare che questa bottiglia incendiaria (di senso) scagliata dalla porta (abusiva) Sud d’ingresso in Europa sia esplosa a Berlino, nel cuore dell’Europa economica, laddove alcune scelte politiche coraggiose di Angela Merkel sull’immigrazione sono state offuscate da contestazioni, contromosse e da confini circonvicini chiusi e protetti da nuovi muri.
Un film civico, un testo obbligatorio per ogni studente, politico, elettore.
Rosi non fa prediche e morali, come traspare dalla compostezza con cui il regista ha commentato il film durante la prima proiezione al Festival, il giorno della premiazione e nelle interviste che ne sono seguite: ha lo stile di chi mette l’arte a servizio di una causa più grande, responsabilità e compito che si assume solo chi - riflettendo sulla propria condizione - scopre le conseguenze dell’appartenere alla stessa e unica famiglia umana.
Davide Milani
Direttore Il Cinematografo
Presidente Fondazione Ente dello Spettacolo