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mercoledì 13 novembre 2024
 
Don Ciotti
 

Don Luigi Ciotti: «L'eroina è tornata, non l'abbiamo mai sconfitta»

17/07/2016  Quel genere di fenomeno, almeno per numeri e dimensioni, sembrava appartenere al passato, soppiantata dagli stimolanti. Ma poco a poco l’eroina è tornata, più pericolosa che mai

Don Luigi Ciotti, nel 1965 il Gruppo Abele nacque sulla strada per combattere (anche) l'eroina, una sostanza che sembrava archiviata: uno sgradito ritorno.....

Quel genere di fenomeno, almeno per numeri e dimensioni, sembrava appartenere al passato. Parliamo di un periodo – dall’inizio degli 70 alla metà dei 90 – in cui tra overdose di eroina, Aids, epatiti, la droga causò la morte di circa 50mila persone. Una strage. Con la seconda metà degli anni 90 le nuove generazioni sembravano aver capito la pericolosità dell’eroina ed erano passate dalle cosiddette droghe di “estraneazione” a quelle di “prestazione”: ecstasy, anfetamine, cocaina, il cui uso era in qualche modo legato alla dimensione del divertimento, in particolare notturno. Poco a poco l’eroina ha fatto di nuovo capolino, sniffata o fumata, allo scopo di compensare gli stati di angoscia, agitazione e persino paranoia che emergono quando scema l’effetto degli stimolanti. Tuttavia successivamente il ricorso all’eroina è diventato per molti non più solo un rimedio ma un consumo a se stante, il che ha reintrodotto le vecchie e più pericolose modalità di assunzione come quella endovena.

Il Cnr sostiene che procurarsela sia facilissimo e soprattutto a buon mercato: 20 euro la dose, molto meno della cocaina, poco più della cannabis e degli psicofarmaci, sostanze molto diffuse soprattutto tra gli studenti. Le risulta?

La sovrapproduzione di oppio in tutti questi anni è nota, non solo in Afghanistan e nei Paesi tradizionalmente dediti alla sua coltivazione. I narcotrafficanti non hanno mai abbandonato il mercato delle droghe di estraneazione, che ora rilanciano in diverse “confezioni”: dall’oppio, all’eroina, all’eroina mischiata alla cocaina. Sovrapproduzione e volontà di appropriarsi di quote di mercato tengono i prezzi bassi, alla portata di quasi tutte le tasche.  

Nei decenni passati il diffondersi dell'eroina iniettata in vena tramite siringhe infette causò il diffondersi di molte malattie, a partire dall’Adis e dall’epatite C. Teme un ritorno di questi contagi?

Sull’Aids, colpevolmente, si sono da tempo spenti i riflettori e, con essi, anche ridotta l’attenzione educativa e preventiva. Molti contagi per via sessuale – che oggi sono di gran lunga prevalenti – avvengono anche a causa di comportamenti irresponsabili o imprudenti dovuti all’uso di droghe o di sostanze psicoattive. Detto questo, il ritorno, sia pur contenuto, dell’eroina per via endovena, impone di non indebolire i servizi di riduzione dei rischi e del danno che tanto hanno contribuito ad arginare l’epidemia di HIV, presidi di sanità a protezione non solo delle persone che assumono droghe, ma di tutta la popolazione in generale.

Motivazioni: chi e perché assume oggi questa sostanza?

La dipendenza è il risultato di un incrocio di fattori: fragilità della persona, effetti della sostanza, contesto che ne facilita l’uso. Oggi il consumo si concentra soprattutto su tre sostanze: alcool, tabacco e cannabis. Solo una minoranza ne sperimenta delle altre, e di questa solo alcuni diventano dipendenti e poli-dipendenti. È improprio insomma leggere il fenomeno del consumo attraverso le categorie del disagio sociale e della vulnerabilità individuale. Non lo è nel caso delle dipendenze da eroina, che quasi sempre hanno alle spalle storie personali difficili, biografie dissestate, episodi di sofferenza, di violenza, di abbandono, povertà materiali e culturali.

Lotta/contrasto: che fare? Secondo Lei le autorità sono avvertite e consapevoli del pericolo che sta mutando aspetto?

Bisogna ridare forza alla prevenzione che è stata, soprattutto in questi anni di crisi economica, la vittima privilegiata dei tagli della spesa sanitaria e sociale. C’è stata una riduzione media del 50%! Alcuni servizi sono stati chiusi ed altri ridimensionati nelle loro attività. È una ferita per tutti, perché la prevenzione non serve solo alle persone fragili e ai loro familiari ma a tutta la comunità: prevenzione significa corresponsabilità, sapere che il problema tuo è anche mio. Significa accoglienza, riconoscimento, impegno per il bene comune. In tutto questo la politica gioca, va da sé, un ruolo importante, ma deve tornare a essere una politica “alta”, capace d’incontrare le persone non solo attraverso il filtro delle statistiche e delle logiche economiche. “Persone, non problemi” era una delle frasi che ispirava l’impegno del Gruppo Abele negli anni 70 e 80. Oggi, se non c’è un netto cambio di tendenza, rischia di dover essere riformulato in un più allarmante “persone, non bilanci”.

 
 
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