«Io sono il parroco di entrambe le famiglie, di Ciro e di Maria Paola. Molti vogliono cavalcare la situazione e infuocare ancora di più gli animi. Ma cosa vogliamo? Altro dolore, altri lutti, altra violenza?». È addolorato don Maurizio Patriciello, il parroco del Parco Verde di Caivano, Napoli, che a pomeriggio, nella chiesa di San Paolo, celebrerà i funerali di Maria Paola Gaglione, la ragazza diciottenne morta domenica scorsa dopo essere stata speronata dal fratello Michele, trentenne, che non accettava la relazione della giovane col suo compagno trans Ciro, rimasto ferito. Il gip ha convalidato l'arresto in carcere dell’uomo, accusato di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi. Don Patriciello è appena uscito dalla casa della famiglia Gaglione dove ha confessato i genitori e i fratelli di Maria Paola e la moglie di Michele. «Una situazione straziante», dice.
Come stanno vivendo questi momenti?
«Sono distrutti dal dolore, assediati dai giornalisti fuori da casa che non riescono a ricevere. La madre di Maria Paola, Pina, pesa trenta chili, è un fuscello. Deve assistere la madre che sta morendo di tumore. Oggi è l’Addolorata e sono distrutto dal dolore di questa donna che ha perso una figlia mentre l’altro è in carcere accusato di omicidio. Cosa devo fare io, da parroco, se non consolare questa gente che sta soffrendo?».
L’Arcigay di Napoli in un comunicato ha bollato come «esecrabili» le sue parole sul fatto che Michele non volesse davvero uccidere la sorella.
«Resto amareggiato tutte le volte che si dicono menzogne. Perché queste persone hanno bisogno di farlo? La presidente di Arcigay domenica è venuta vicino alla parrocchia e non mi ha cercato, poteva parlarmi, ero lì, pensi che ho fatto celebrare la Messa delle 12 da un mio confratello per parlare con i giornalisti e soprattutto proteggere la famiglia di Maria Paola che non ce la fa a parlare con i cronisti».
Conosceva Michele?
«Sì, ho celebrato il suo matrimonio. Non credo che sia andato a inseguire la sorella per ucciderla. In ogni caso, io non c’ero. Non c’era nessuno. Aspettiamo le indagini della magistratura. Siamo ancora garantisti o no? Lo siamo sempre o solo quando fa comodo a noi? Le due famiglie abitano a cento metri di distanza, dobbiamo infuocare gli animi più di quanto non lo siano già? Ma queste persone conoscono la situazione difficile di questo quartiere martoriato?».
Cosa dirà oggi al funerale di Maria Paola?
«È la prima volta in vita mia che ho scritto l’omelia, di solito parlo a braccio». Che messaggio vuole lanciare? «Dobbiamo pretendere la giustizia ma stare molti attenti affinché i nostri sentimenti non finiscano nella vendetta e nell’odio brutale. So bene che peseranno le parole che dirò e anche quelle che non dirò. Davanti, avrò una famiglia distrutta dal dolore».
Ha incontrato Ciro?
«Ancora no perché non posso andare in ospedale, lo farò nei prossimi giorni».
Che lezione trarre da questo delitto in un quartiere flagellato da ogni sorta di violenza?
«Mancano i modelli, questa è l’atroce realtà che riguarda non solo il Parco Verde di Caivano ma anche Colleferro dove hanno ammazzato un ragazzino inerme di 21 anni. I ragazzi non vanno formati con le chiacchiere ma con gli esempi, non quelli eroici ma quotidiani. Perché i ragazzi del Parco Verde devono vivere nell’immondizia e nessuno gliela toglie? Perché devono vivere imprigionati dagli spacciatori? Ho detto al questore di Napoli, Alessandro Giuliano (figlio di Boris, il capo della squadra mobile di Palermo assassinato dalla Mafia nel 1979, ndr) e al Prefetto di liberare i prigionieri del Parco Verde, di questo non parla nessuno. Le famiglie che collaboravano con me in parrocchia se ne stanno andando tutte. Il Parco Verde non può essere il ghetto dove la camorra spadroneggia, dove si viene solo per rifornirsi di droga. Ma questo lo ha voluto anche uno Stato pigro e negligente».