Non è facile vivere e operare nei territori a nord di Napoli. Ogni giorno bisogna confrontarsi con uno stato di cose che esce fuori dal normale. Tutto diventa un’impresa, dall’andare a scuola al rimanere onesto. A Taranto, nei giorni scorsi, la Chiesa italiana ha vissuto un momento importante. “ Il pianeta che speriamo” è la traccia sulla quale si sono confrontati studiosi, vescovi, giornalisti, imprenditori. Non è difficile capire qual è il pianeta che ognuno vorrebbe abitare. Nessuno aspira a cose straordinarie, la maggior parte delle persone chiede solo di poter vivere onestamente, mangiare sano, avere facile accesso ai propri diritti, programmare serenamente il futuro dei figli senza dover ricorrere a disonesti sotterfugi.
Don Maurizio Patriciello, testimone alla Settimana Sociale di Taranto del "Pianeta che speriamo"
“Il pianeta che speriamo”, dove tutto è connesso, non è un’utopia. Al contrario, potrebbe essere realizzato nel giro di pochi anni se solo gli uomini – quelli che contano e i semplici cittadini – accettassero di essere “promossi a uomini”. Le leggi servono, eccome; non tante, però, da rimanerne aggrovigliati. Al di sopra di ogni legge, però, ci sono gli uomini che quelle leggi hanno pensato e voluto. E gli uomini possono essere guidati dal desiderio di servire gli altri o farsi servire dagli altri.
A Taranto, ho avuto modo di partecipare anch’io, in qualità di testimone. Testimoni ed esperti devono darsi la mano, guardarsi negli occhi, camminare insieme. I primi vivono sulla propria pelle le conseguenze delle ingiustizie fatte pagare a caro prezzo alla povera gente; i secondi sono coloro che, con mente fredda e razionale, studiano i problemi e le soluzioni da prendere. I primi senza i secondi rimarrebbero impigliati nelle situazioni locali, incapaci di avere uno sguardo largo e universale; i secondi senza i primi rischierebbero di parlare a vuoto, seguendo chimere che non sempre avrebbero impatti positivi sui territori.
Le mani della Camorra sugli ospedali
L’Italia che vogliamo veramente unita è ancora divisa in due. Agli storici la fatica di leggere onestamente il perché di questa divisione antica. Se camorra, mafia, ndrangheta sono fenomeni nati e sviluppatosi nel nostro meridione, un motivo c’è. E anche se oggi hanno messo radici pure altrove è al Sud che ancora incidono pesantemente sulla vita delle persone e lo sviluppo dell’economia. Determinando, tra l’altro, un fenomeno che non sempre viene preso in seria considerazione: l’emigrazione della nostra migliore gioventù.
Se “tutto è connesso”, malavita, lavoro in nero, smaltimento illegale dei rifiuti tossici industriali, malattie e morte in giovane età di tante persone, omicidi, sanità pubblica, s’ intrecciano. Prendiamo, a riguardo – e solo come esempio - una orribile notizia di questi giorni. L’ospedale Cardarelli e il Nuovo Policlinico a Napoli, sono meta di centinaia di “pellegrinaggi della speranza”. L’ospedale deve essere paragonato a una chiesa, il personale medico e paramedico ai sacerdoti, il letto del paziente all’ altare. In ospedale l’uomo ha paura, sperimenta i propri limiti, sovente cade in uno stato di angoscia e depressione. In ospedale egli depone la corazza che si porta addosso e si consegna nudo – sovente anche fisicamente – al personale medico e paramedico. Un loro sguardo rassicurante lo conforta, una loro parola sgradevole lo scoraggia.
Gli ospedali, come le chiese, dovrebbero essere gli avamposti dove gli uomini si sentono veramente fratelli. Ebbene, anche in questi santuari, purtroppo, si è intrufolata l’onnipresente e asfissiante mano della camorra. Naturalmente con la complicità di alcuni funzionari e sindacalisti disonesti. Gare da appalti truccate, mazzette prese sottomano e altro. Le solite, noiosissime e dolorosissime cose. Non è certo la prima volta, ed è triste ammetterlo. Ancora una volta gli affari sporchi, la bramosia di denaro da parte di professionisti senza scrupolo saranno pagati a caro prezzo dalla povera gente, destinata a essere curata male, trattata peggio e morire prima. Fuori la camorra dagli ospedali. Almeno nel mondo della Sanità a questa sanguisuga e ai suoi scagnozzi, anche e soprattutto in camice bianco, deve essere, a tutti i costi, vietato l’accesso con estrema severità.