Faccio sempre più fatica a commentare i drammi che, quotidianamente, accadono nel mondo dei giovani. Dobbiamo essere onesti nel dire che i giovani ci sono sfuggiti e non li capiamo più.
Credevamo di sapere tutto. Soprattutto noi che viviamo queste tragedie ventiquattro ore su ventiquattro, ogni volta balbettiamo e rimaniamo tristemente travolti. Il fatto poi dei due che si sono buttati nel vuoto è ancora più “spaventoso”. Molti hanno commentato la lettera impazzita di Pietro Maxymilian.
Cosa nascondesse il cuore e la testa del ventenne, Dio lo sa. Io non riesco a trovare lì dentro qualcosa che si avvicini al dolore, all’amore. L’anima era veramente scappata da Max.
Però, se leggo la sua storia, la fragilità, l’adozione, i tentati suicidi, la frantumazione della seconda famiglia, mi fermo e nella testa mi compaiono domande, dubbi, coincidenze, fatalità, stranezze.
Ad esempio mi pare impossibile che nessuno abbia capito cosa voleva significare quel maledetto colloquio della mezzanotte? La ricerca, poi, del distributore di sigarette, la frase “prendetevela con calma”, l’ingenuità della ragazza che si lascia abbandonare da chi poteva proteggerla, senza prevedere il pericolo, rimangono per me un mistero.
L’unica che poteva intuire il rischio era lei. Ma, come accade sempre, le donne, soprattutto giovani, sull’amore, cantano spesso una strofa in più. E, difatti, dobbiamo, ancora una volta, avere il coraggio di dire che c’è una vittima, ed è una donna. È duro accettare un carnefice e una vittima, quando tutti due li abbiamo trovati morti sull’asfalto.
Penso alle due famiglie. Non voglio essere capito male ma il fenomeno delle adozioni, va ripensato. Troppi adolescenti adottati arrivano ai nostri centri d’ascolto con problemi nuovi, intricati, faticosamente interpretabili.
L’adozione, esplosa in Italia anni fa, arriva ai periodi difficili dei figli, mentre è già enormemente complicato educare i nostri. Vediamo di non confondere il cuore con il cervello, con la prudenza, la lungimiranza. Non usiamo l’adozione per riempire i vuoti delle nostre famiglie.
Alla famiglia di Alessandra vorrei dire che l’amore, la femminilità portatrice di ottimismo, la convinzione che ogni giovane ha nell’essere capace di superare da solo le sue difficoltà, ce l’hanno portata via. Sono sicuro, però, che per Alessandra il volo sia stato in alto, verso il cielo. La sua foto, da sola, parla, testimonia, racconta tutto quello che nessuno di noi potrà mai dire.